D’accordo, da sempre mi professo un narratore ‘popolare’ votato alla narrativa d’intrattenimento. I miei racconti sono avvincenti? Non chiedo altro. Il lettore non chiede altro? Tutti contenti. E allora? Lo spionaggio raccontato è anche questo. Ma non ‘ solo’ questo. La spy-story è sempre stato un mezzo per raccontare l’epoca in cui viene scritta e se la Guerra fredda ci è stata proposta sotto varie sfaccettature da autori che prediligevano il ritratto del loro tempo in chiave ‘pop’ o da altri che si avventuravano in amare considerazioni, i migliori romanzi del filone hanno sempre offerto, quantomeno, una visione della loro epoca. E perché non dovrebbe essere così anche per noi, autori della Italian Foreing Legion? Già ce lo insegnarono autori come Andrea Santini che proprio su Segretissimo propose un protagonista che per ritmo e piglio rimandava un po’ a SAS, ma era profondamente legato a una nostra realtà, non certo reazionaria. Il Professionista spesso è stato tacciato di essere troppo duro, maschilista, un personaggio scomodo. Non certo un agente dal ‘ volto umano’, rassicurante. C’è una ragione. Perché in quel mondo, nel mondo della spy story che è sempre più vicina alla realtà, quelli con il ‘ volto umano’ sono quelli che, alla fine, ordinano le stragi. Ho sempre pensato che nei miei racconti ci dovesse essere una forte componente ludica, avventurosa. Ma, senza voler lanciare un ‘messaggio’, certe considerazioni emergono per forza. Da anni ho iniziato a veicolare le mie osservazioni. Ammettiamo che esista una lobby sovra nazionale, composta da ricchi e potenti, invisibili che, di tanto in tanto si servono dell’Uomo Nero del momento, che sia un terrorista oppure un politico in vista, per manovrare nell’ombra. Ammettiamo che queste persone cerchino occultamente di orientare i mercati, di creare il caos, il disordine, la sensazione di insicurezza nel cittadino per indurlo a richiedere un potere autoritario. Certo, in un romanzo è più facile drammatizzare una situazione del genere con una minaccia nucleare, un attentato, sicuro: siamo nella fiction. Tutto deve essere drammatizzato, un po’ esagerato, reso più coinvolgente. È.. la regola del gioco… e io la conosco molto bene. Nella realtà può bastare una serie di agitazioni concordate per far crescere la tensione. Ricordate il Cile? Come cominciò la crisi che portò al colpo di stato? E poi un altro pensiero, insistente. Che questa lobby possa avere legami occulti con altri poteri. La malavita, ma sì, quella che ci piace immaginare con la coppola e la lupara ma che, in realtà ha altri mille modi di nascondersi dietro facciate rispettabili. La malavita che compie le stragi, che uccide un imprenditore qui, fa sparire il figlio di un altro là, provoca un disastro in quell’altro luogo mentre i coletti bianchi portano al collasso il sistema economico. Vi ricorda niente? Provate a rileggere ‘Ora Zero, ‘Sole di Fuoco’,’Montecristo’ e persino ‘Gangland Blues’ in questa ottica. Forse, per una volta, insieme al godibilissimo brivido dell’azione ne proverete un altro. Quello che gli autori della Scuola Italiana della narrativa di spionaggio stanno facendo da anni. Anche se magari qualcuno lo nega,definendoli autori di serie B. Magari per paura che dietro la facciata del pulp emerga qualcosa di più serio. E allora ho la speranza che individui spavaldi, feroci, indomabili come il Professionista, Dario Massi o Bruno Genovese siano immagine ideale non solo del loro autore ma anche dei loro lettori. Gente che lavora, che protesta solo quando è il momento di farlo, che sa stringere i denti e fare il proprio lavoro sino alla fine e magari anche sorridere con un sigaraccio in bocca. Perché, signori,se ce la facciamo un poco sarà anche grazie a loro. E non è poco.
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Raramente ho trovato scenari così ben delineati con anni di anticipo,come in questi romanzi.
e continueremo a raccontare il nostro tempo. Sempre con quella grinta e con quella voglia di ivere che da sempre caratterizzano questi romanzi e i loro protagonisti. Vai Erni
La gente non vede tutto, per fortuna che ci sono gli scrittori come te che fanno un po’ di luce.
Nei tuoi personaggi, anche se duri cinici e disillusi, c’è sempre una scintilla di speranza che qualcosa possa cambiare e forse è per questo che sono così umani; caratteristica che manca forse agli eroi di Sergio che rappresentano la disperazione più assoluta.
ognuno ha la sua visione della vita. io sono per la reazione e per la speranza che qualcosa, magari con le maniere forti, possa cambiare.il pessimismo a oltranza non fa parte del mio DNA.
Per parafrasare Danilo Arona : i buoni scrittori sanno sempre “drizzare le antenne” ! Ed il prof. non fa eccezione !
grazie Roberto.in effetti sono un po’ di anni che sto lavorando a una formula che mi consenta di mantenere il ritmo coinvolgente delle avventure e, al tempo stesso,gettare uno sguardo alla cronaca.Non è che una spy story per essere ‘intelligente’ debba essere per forza noiosa…