SEI DONNE PER L’ASSASSINO

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Una volta lo chiamavano  “maniaco sessuale” anche se la violenza carnale veniva raramente consumata.  Forse la penetrazione con il coltello era una metafora più che sufficiente… Di serial killer ancora non si parlava, un po’ perché la denominazione è stata coniata negli USA tempo dopo, un po’ perché, almeno qui da noi, il termine maniaco evocava figure note al popolino. Mostri, pervertiti, depravati presenti nelle città quanto nelle campagne. Aggressori di fanciulle timorate di Dio sulla via di casa dopo la messa, ma anche di mondane, ballerine, modelle sorprese al calar del buio. Insomma l’Orco delle  fiabe che le mamme usavano come spauracchio per tenere a casa le figlie. Il folle omicida, che sembra essere dappertutto, inarrestabile, capace di sevizie descritte con dovizia di particolari e sadismo, finalmente acquista una sua fisionomia uscendo dall’incubo in Sei donne per l’assassino(1964). Ha il viso coperto da una maschera bianca che ne annulla i lineamenti e il sesso, indossa un impermeabile scuro, guanti e capellaccio. L’Uomo Nero. Sessualmente ambiguo perché, come vedremo, spesso queste figure maniacali (al contrario di quanto avviene nella realtà) sono donne. Nel film di Bava manca ancora un’ambientazione dichiaratamente italiana, ci si sente in un universo meta-europeo che ricorda un po’ gli scenari di  Diabolik congelati per l’eternità negli anni ‘60 in un luogo che ne riecheggia molti tra Italia, Francia e Germania. Ma, al di  fuori di questo particolare, sarebbe impossibile attribuire il film a un cineasta o a una produzione anglosassone. I caratteri italico-mediterranei sono troppo spiccati. E già sono presenti tutti gli elementi che verranno ripresi dai film più famosi del filone. L’ambientazione in un atelier di moda è un palcoscenico di belle fanciulle che svolgono una professione, per l’epoca, “disinibita”, che le coinvolge in amori illeciti, non di rado velati di lesbismo, droghe, ricatti. Oltre a ciò l’ambiente della moda circonda le ragazze di  uno stuolo di personaggi ambigui, deboli, corrotti. Insomma tra manichini illuminati in pose ieratiche e inquietanti, assassini mascherati che colpiscono dovunque, diari, estorsioni, rivelazioni e un crescente senso di  isolamento che avvinghia la vittima di turno ogni volta che viene la sua ora. Non manca proprio nulla. Neanche la follia che sposa la vena gotica al giallo. Il movente sembra materiale,  ma prendono il sopravvento le passioni, la ferocia omicida, la gelosia così rovente da stravolgere anche il piano più machiavellico. La Polizia, parafrasando un famoso poliziottesco… sta a guardare. Gli omicidi si interrompono solo perché gli assassini (sì, sono due e per buona parte della storia si proteggono a vicenda, altro elemento che ritroveremo spesso nel filone!) si eliminano travolti dal loro delirio. La follia omicida, una volta scatenata, perde ogni ragionevolezza, diventa un tornado che nessuno è in grado di fermare.

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2 Responses to SEI DONNE PER L’ASSASSINO

  1. Barbara says:

    Uno dei miei preferiti di Bava, evoluzione a colori di “La ragazza che sapeva troppo”, un film che ha segnato un’epoca e la cui estetica è stata saccheggiata da un’infinità di registi successivi (Argento in primis)

    • ilprofessionista says:

      Sì Argento ha preso parecchio almeno dall’estetica di questo film anche se ha sempre negato. Come mi faceva notare Corrato anche in Kriminal negli episodi del riformatorio e del oclelgio femminile c’è molto di questo piccolo capolavoro del cinema italiano.

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