Del mio difficile rapporto con Stephen King ho già parlato in occasione della recensione di “Insomnia”. Tuttavia non potevo in alcun modo esimermi dal leggere quella che viene considerata – a torto o a ragione – una delle sue opere più belle.
La serie si ispira ai poemi Childe Roland alla Torre Nera giunse di Robert Browning, The Waste Land di Thomas Stearns Eliot e, su indicazione dello stesso King , Il Signore degli Anelli e Il buono, il brutto, il cattivo (dichiara, Stephen King, che il personaggio del protagonista è stato ispirato dal Cavaliere Senza Nome interpretato da Clint Eastwood).
La peculiarità principale de “La Torre Nera” consiste nella possibilità, per i lettori appassionati dei suoi libri , di trovare l’origine di alcuni collegamenti, espressioni, personaggi che hanno fatto capolino anche negli altri volumi scritti dall’autore. Stephen King, infatti, fa partire quasi ogni sua idea dalla Torre Nera: iniziata nel 1982, la saga è stata portata avanti con lentezza spesso esasperante per i fans, che ne hanno visto il completamento solo nel 2004. Di fatto, lo scrittore ha fatto passare anni tra l’uscita di un volume e l’altro, intermezzi riempiti con tutti gli altri volumi che compongono la sua fortunata carriera e che traggono quindi a volte spunto da avvenimenti e spezzoni della saga del pistolero.
Spesso si è detto che Stephen King avesse annunciato che con la chiusura della Torre Nera non avrebbe più scritto; non si conosce esattamente la fonte di questa diceria, ma la presenza di nuovi libri scritti dopo il 2004 ha decisamente smentito l’ipotesi.
Roland Deschain è l’ultimo pistolero.
Si muove in un mondo che assomiglia spesso al vecchio West, con organizzazioni cittadine feudali e tracce di magia lasciate da un popolo ormai scomparso da tempo. Lui stesso è l’unico sopravvissuto della ormai scomparsa città di Gilead. L’unico scopo di Roland è trovare la Torre Nera, leggendaria costruzione dall’ubicazione ignota in grado di fornire le risposte che un uomo può cercare.
Il suo viaggio lo porta a contatto con personaggi di diversa origine e spessore, a volte visitatori da un’altra dimensione, a volte autoctoni del mondo in cui si trova.
Davanti al pistolero, a segnargli il cammino, a fornirgli un ulteriore scopo, c’è il misterioso uomo in nero.
Il mondo che Stephen King ha partorito dalla sua mente e scelto come ambientazione per questa storia è duro, privo di pietà, come le persone che lo abitano, come Roland stesso. Le tracce di vita, gli incontri con altri esseri viventi, le visite a città cadute, a ruderi di civiltà rase al suolo sono solo un contorno, un qualcosa che sfiora il viaggio del pistolero verso l’unico scopo: impedire la distruzione del mondo, invertirla se possibile, tramite le risposte che troverà alla Torre Nera.
Roland è un personaggio introverso, la sua storia viene raccontata senza fretta nell’arco dei sette volumi che compongono la trama: il quadro che ne esce è quello di un uomo ferito nello spirito e nell’anima, con un’incrollabile convinzione che rappresenta tutto ciò che lo tiene in vita.
Uno dei personaggi più belli di cui abbia mai letto.
“L’uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.”