“Marked”, P.C. & Kristin Cast

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Se un libro riporta in piena copertina una recensione del The New York Times che lo esalta come “un romanzo che conquista subito e si divora in un attimo”, si prova ad andare oltre al naturale storcersi del naso davanti all’ennesima storia di vampiri ed a  verificarne la validità.
Grave errore.

Zoey a sedici anni riceve il Marchio che la rende apprendista vampiro. Recatasi nella Casa della Notte, scuola il cui scopo è preparare gli apprendisti al delicato passaggio della Trasformazione, può solo sperare di essere forte abbastanza da sopravvivere al rito che miete frequentemente moltissime vittime. Ma Zoey non sembra destinata ad essere una semplice alunna: il suo Marchio infatti è sinonimo di incredibili poteri e potrebbe essere l’unica a fermare gli inquietanti avvenimenti che accadono nella scuola.

Nel caso la trama non avesse già qualificato la tipologia di libro, posso aggiungere che è stato scritto da madre e figlia con pochi precedenti degni di nota.
In linea generale Marked – che purtroppo vanta anche una serie di ben quattordici seguiti – è uno dei libri peggiori che abbia mai avuto la sfortuna di leggere. Le poche idee interessanti che potevano esser presenti nella storia sono state banalizzate al punto da rendere non solo scontata e prevedibile l’intera trama, ma difficile e penoso il tentativo di arrivare fino alla fine del volume.
La metodica di scrittura in prima persona, piena di mezze frasi, affermazioni ed esclamazioni tipiche del linguaggio adolescenziale, potrebbe essere simpatica ma perfino questo tratto diventa noioso prima della metà del volume.
A voler essere davvero onesti, si ha l’impressione di leggere il diario di una ragazzina dai poteri speciali con le prime turbe sentimentali, con tutti i singoli avvenimenti scontati che possano venirvi in mente, dal più bello della scuola che si innamora di lei al capo delle reginette di turno gelosissima, alla sua nomina ad erede dell’insegnante più in gamba e potente dell’intera scuola.

Vien da chiedersi cosa ci sia da scrivere per altri quattordici libri.
Ed anche che genere di appetito possano avere al The New York Times per “divorare in un attimo” un simile abominio che mi sorprendo sia diventato pagina scritta.

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