Sulla Strada della tormentata frenesia

SULLA STRADA di Jack Kerouac  interpretato da Lucia Cucciolotti

Un viaggio intenso ed affascinante nella povertà di una vita di istinti primari ma ricca di ideali da conquistare: un lungo viaggio di sola andata, quello della Vita, descritto da Kerouac attraverso le parole di Sal Paradiso, giovane scrittore che sceglie di viaggiare e vivere al fianco del mitico Dean Moriarty.
Con il romanzo Sulla Strada edito per la prima volta nel 1957 Kerouac incide il suo testamento e benedice un cult, un modo di essere beat che alimenterà l’essenza di numerosi giovani americani: Dean, “un figlio occidentale del sole” incarnazione vivente del beat, si mette sulla strada, spinto dalla irrequieta e triste frenesia di andare alla ricerca del senso delle cose, alla conquista della Cosa che raggiungerà ascoltando il Jazz di Charlie Parker fin dentro il buco del mondo e il be-bop nella sfrenata notte di Chicago. E tale musica si ode perfino tra le righe quando Kerouac magistralmente va da un “ta-tap-tadir-rara… ta-tap-tadir-rara” fino a “ta-tap-ii-da-di-dira-rap!” nell’ultima notte di baldoria a Frisco di Sal e Dean.
Fra le scorribande, le notti di sesso rubato e di droghe fumate, le lunghe chiacchierate di inebriati e filosofici discorsi la tristezza emerge sempre quale fedele compagna di viaggio. Malgrado l’ansia di vivere di Dean e dei suoi compagni, di viaggiare, di andare oltre e cadere in eccessi con la droga, il sesso, le follie adrenaliniche alla guida delle formidabili auto americane ( la Plymouth, ad esempio, o la Cadillac), la musica alla radio, le notti imbevute di jazz e di chiacchiere, la malinconica tristezza risuona tra le pieghe dell’anima e come un sottile velo avvolge le cose, gli eventi, le persone, perfino il Lettore e la Vita stessa.
Il conforto all’ansia e alla triste noia viene dal paesaggio, pennellato meravigliosamente dalle libere descrizioni dell’Autore: e come Esploratori nel viaggio della Vita lungo la strada come Lettori assorbiamo e sentiamo sulla pelle il caldo o l’umido, le punture delle zanzare di Città del Messico, o i tramonti mozzafiato, i cieli stellati con stelle grandi come torce o macchiati di fitto inchiostro. La luna del Texas e altre meraviglie ancora …
La vita sulla strada come un continuo viaggio per tagliare con le certezze di un lavoro fisso, di una casa e di una famiglia; ma anche il viaggio alla ricerca della verità dentro se stessi e della propria identità: è la grande corsa di Dean che parte e ritorna da una ex moglie all’altra, con il divorzio in mano, capace di abbandonare i figli seminati altrove per seguire l’energia di questa inesorabile irrequietezza. Una frenesia che si consuma nell’atto stesso di vivere senza regole, con la speranza di potercela fare tra lavori di un giorno e digiuni forzati. Solo la benzina è la materia prima che permette di andare, senza fermarsi mai: “ «Sal dobbiamo andare – afferma Dean – e non fermarci mai finchè non arriviamo» «Per andare dove, amico?» «Non lo so, ma dobbiamo andare» (…) «Perché c’è sempre qualcosa di più, un po’ più in là … non finisce mai» ”.
Il viaggio sulla Strada è la storia di una Amicizia, quella fra Sal e Dean, che non morirà mai e di un ideale di vita: “Oh, amico! Amico! Amico! – si lamentava Dean – E questo non è nemmeno il principio … e adesso eccoci qua finalmente che stiamo andando verso l’Est, non siamo mai andati all’Est insieme, Sal, pensaci … e vedremo quel che fanno tutti quantunque non ce ne importi gran che, poiché la questione è che noi sappiamo cos’è quella COSA e abbiamo la nozione del TEMPO e sappiamo che tutto procede veramente BENE”.
Sta qui veramente l’essenza della felicità di cui Dean diventa l’incarnazione vivente, di una vita priva di preoccupazioni inutili, protesa solo in avanti, nell’andare sempre oltre. Ma a volte il viaggio termina e si deve tornare, dalla zia – come fa Sal, o da una ex moglie, come Dean.
Anche se il viaggio era finito, Sal Paradiso e Dean Moriarty una volta arrivati a New York, si strinsero le mani decidendo di rimanere amici per sempre. Era giunto il momento di andare ognuno per la propria strada e Dean a quell’epoca aveva quattro piccoli suoi e non un centesimo, e come sempre era pieno di guai e di estasi e di “verve”; mentre Sal, malgrado la sua “pellaccia da fannullone”era riuscito ad avere dei soldi con la pubblicazione del suo libro. Ognuno lungo il proprio “orribile percorso da compiere”.
Ma si sarebbero presto ritrovati insieme con il muso sferragliante della macchina puntato verso Sud per raggiungere finalmente quella Cosa. E ancora una volta raggiunta la mèta, a Città del Messico, Dean come un cadavere ambulante è pronto per tornare a New York e ricominciare tutto daccapo con le sue mogli e i suoi guai, abbandonando l’amico malato. Leggiamo ad alta voce e godiamoci questa bellissima e parimenti dolorosa conclusione del Viaggio: “«Povero Sal – afferma Dean -povero Sal, s’è ammalato. Stan si occuperà di te. Adesso sta a sentire se ce la fai, malato come sei: ho ottenuto quaggiù il divorzio da Camille e stanotte torno a New York da Inez se la macchina ce la fa» «Tutto daccapo?» gridai. «Tutto daccapo, vecchio amico. Devo tornare alla mia vita…» “Dodici ora dopo nella sofferenza febbrile riuscii finalmente a capire che se n’era andato. A quell’ora stava tornando indietro da solo guidando in mezzo a quelle montagne piene di banane, questa volta di notte. Quando migliorai mi resi conto che mascalzone fosse, ma poi dovetti immedesimarmi nelle impossibili complicazioni della sua vita, come fosse stato costretto ad abbandonarmi laggiù, ammalato … «Okay, vecchio Dean, non dirò nulla»”. Eccola qui la grande forza della loro Amicizia: non dire nulla né giudicare ma semplicemente perdonare nella piena accettazione dell’Altro.
In fondo a questa triste storia di vite intrecciate e abbandoni Dean ritornerà a New York dall’Amico Sal con 5000 km di viaggio in treno sulle spalle, solo per vederlo, nella triste accettazione della vita con la più amareggiata e la più filosofa delle mogli: in quella fredda sera d’inverno senza più nemmeno la forza di parlare, i due protagonisti si incontrano e più nessun discorso irrefrenabile riesce ad attaccare tra loro; nella mancata volontà di scombinare i piani di una serata per ricominciare tutto daccapo Sal dirà addio al vecchio Dean, con la certezza nel cuore che gli andrà tutto bene.
L’amicizia tra i due protagonisti descritta da Kerouac si rafforza tragicamente, benché fatta di assenze, abbandoni e di promesse non sempre mantenute e si risolverà idealmente nei loro cuori e tristi pensieri di commiato. Così pure l’Amore e la figura della Donna che ne emerge lascia l’amarezza di quale Vita si è vissuta: un Amore vissuto non nella piena e totale condivisione. Mentre Dean sogna l’Amore Assoluto e tenta e ritenta ancora di tenerlo vivo mettendo al mondo dei figli, nella superficialità di un sentimento creduto eterno quanto nell’essenza effimero. Il divorzio è il salvavita, è la meta da raggiungere per poter ritornare e ricominciare tutto daccapo, come via d’uscita da una ex moglie e porta d’ingresso alla nuova moglie da sposare, perché già di nuovo incinta. Sempre la stessa strada da seguire, andare e ritornare per abbandonare e ripartire e pur sempre ricominciare. Senza tregua.
Sal invece sceglie di provare con la nuova ennesima ragazza, compagna di una notte o di un pezzo di vita sulla strada, non solo la sottomissione al sesso sfrenato ma la via del dialogo e della comunicazione circa la vita, i sogni e le illusioni: “non discorsi di corteggiamento, ma una buona chiacchierata come si deve a proposito dell’anima, poiché la vita è sacra e ogni momento è prezioso”. Come quando Sal tenta di spiegare a Rita Bettencourt, a Denver, quanto era ansioso di vivere e le cose che avrebbero potuto fare insieme mentre la risposta annoiata che giunge da parte di lei alla solita domanda di Sal “Che cosa pretendi dalla vita?” è “Non so – servo ai tavoli e cerco di tirare avanti”. Ogni discorso si sgretola nel vuoto di ideali e mancati desideri delle donne che non sanno nemmeno se sono felici oppure no.
Un continuo viaggiare, partire, andare e pur sempre ritornare: dalla zia che rappresenta la certezza dei soldi e di un posto stabile; da una ex moglie o dall’altra, che per quanto abbandonata e delusa è sempre propensa ad accettare il rientro a casa. Fuggire, consumati dalla frenesia della ribellione e della libertà dai vincoli imposti dalla società e pur sempre tornare alle sicurezze e certezze di continuità sotto le stelle. Quanta felicità porta l’individualismo solipsistico di una “continua vita sulla strada”, tagliando i contatti con le basi della comunità e della società alla quale, per forza o per inerzia, sconfitti o vittoriosi pur sempre si ritorna.
Un continuo muoversi e andare, per eludere il peso della Morte come ultima destinazione del viaggio; e per ricercare soprattutto se stessi, la propria essenza nella vastità delle terre attraversate e fra la moltitudine delle persone viste e incontrate.
E alla fine di ogni viaggio, interiore, d’avventura o biologico che sia una sola unica certezza resta chiara nella mente: di tutta quella massa di gente che sogna nell’immensità della strada che va, con le stelle al tramonto, “nessuno sa quel che succederà di nessun altro se non il desolato stillicidio del diventar vecchi”.  Allora anche io, come Sal Paradiso, penso a Dean Moriarty.

Interpretato da Lucia Cucciolotti   www.luciacucciolotti.it

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