Il jazz è una musica che da sempre riunisce, accomuna e riscalda gli animi. Se poi l’atmosfera del locale è al contempo sofisticata e amichevole il gradimento del pubblico può essere ancora maggiore: la settima edizione del Bià Jazz si è svolta proprio all’insegna di questo spirito, tra ricercatezza di suoni e partecipazione attiva dei presenti. Quest’anno il Festival di Abbiategrasso è andato in scena in tre serate, il 2, il 9 e il 15 marzo, e ha visto la presenza di importanti stelle del jazz europeo contemporaneo affiancati da interessanti artisti emergenti. Il Bià Festival è una rassegna organizzata ogni anno dal circolo Arcipelago e dalla Cooperativa Rinascita, con la supervisione del direttore artistico Massimo Colombo, compositore e pianista milanese che ha lavorato con i più grandi musicisti jazz italiani e anche internazionali. Tra i nomi importanti che hanno preso parte alla manifestazione abbiamo il trio capitanato dal sassofonista Emanuele Cisi, accompagnato dal contrabbassista Massimiliano Rolff e dal batterista statunitense Eliot Zigmund, il duo composto dal sassofonista Pietro Tonolo e dal chitarrista Giancarlo Bianchetti, e il quartetto del batterista Maxx Furian, che si è presentato insieme a Marco Micheli al contrabbasso, Gianluca Esposito al sax e Andrea Dulbecco al vibrafono.
Ma veniamo al racconto della splendida serata del 9 marzo che si è aperta alle 21.30 tra una pioggerellina leggera e una nebbia da tagliare col coltello in quel di Abbiategrasso, a pochi chilometri da Milano. Il concerto ha una location molto particolare: si svolge infatti in una casa del popolo e il palcoscenico è allestito in una vecchia discoteca anni ’70 che è stata riadattata per l’occasione. Dietro al palco, che è a livello del pubblico, sono appesi alcuni manifesti in tessuto che rappresentano un gatto con fattezze umane in completo elegante e tromba e il cagnolino protagonista della locandina della manifestazione; completano il look della sala poltrone di velluto blu, pareti a specchio e travi di metallo sul soffitto, a ricordare le strobosfere e i classici effetti da discoteca un tempo così in voga.
Per primi ascoltiamo i ragazzi del Giovanni Agosti Quartet (Giovanni Agosti al pianoforte, Nicolò Ricci al sax, Riccardo Chiaberta alla batteria e Marco Rottoli al contrabbasso), allievi del corso di arrangiamento tenuto da Massimo Colombo al Conservatorio di Milano nella sezione jazz, che presentano quattro brani originali. Ci troviamo di fronte a pezzi affascinanti, melodici ed orecchiabili, a tratti elaborati ma sempre godibili e soprattutto vari, arricchiti sempre da lunghe improvvisazioni mai noiose che a volte fanno quasi perdere la linea di demarcazione tra un brano e l’altro e fanno respirare dentro la composizione. In particolare il pezzo scritto dal batterista, The Falling Snow, riesce ad essere anche molto realistico e ricorda, nelle sue note, proprio la neve che cade, quasi fosse una White Christmas reinterpretata.
Segue poi il duo composto dal sassofonista Pietro Tonolo, professionista di fama mondiale, e da Giancarlo Bianchetti, chitarrista tra gli altri di Vinicio Capossela, che presentano alcuni brani originali. I due dialogano costantemente tra loro, le melodie si intrecciano e si rincorrono, le luci si fanno soffuse e il pubblico rischia di perdere lo spazio e il tempo della serata: il chitarrista, capace di suonare in molti stili diversi e usare sia dita che plettro, crea un tappeto per lo strumento a fiato che a sua volta risponde e prosegue nel fraseggio. Durante il concerto Bianchetti ci stupisce suonando anche la batteria e mostrando la stessa maestria appena esibita alla chitarra: seduto dietro le percussioni continua comunque a colorare splendidamente il sassofono di Tonolo, che esplode in parti davvero d’effetto.
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