Sulla copertina del libro Candidato al Consiglio d’istituto spicca un bel bimbo in passeggino con un fare tra lo scettico e l’accigliato; ha un giornale sulle ginocchia e sembra aver appena finito di leggere le notizie. Quel bambino è l’autore, Massimo Cortese, che nel tempo ha mantenuto lo stesso atteggiamento critico e indagatore verso la realtà che lo circonda: fanno parte della Trilogia della Speranza, oltre al già citato Candidato al Consiglio d’istituto, anche Non dobbiamo perderci d’animo e Un’opera dalle molte pretese.
Ma vediamo meglio i singoli libri. Come avrete sicuramente capito dal titolo, Candidato al Consiglio d’istituto racconta essenzialmente l’avventura di un padre alle prese con le elezioni scolastiche della figlia. L’autore alterna anche interessanti opinioni sull’educazione in generale e sul ruolo degli educatori e dei genitori e un capitolo finale sul bullismo, visto per una volta dal lato della vittima: questo in particolare va dritto al cuore per la semplicità e soprattutto per la sincerità con cui viene espresso.
Non dobbiamo perderci d’animo è invece una raccolta di racconti che spazia dalla Seconda Guerra Mondiale, vista con gli occhi della madre dell’autore, al primo Dopoguerra, fino ad arrivare ai nostri tempi: può essere per chi legge quasi un percorso di crescita personale e sottolinea, passo dopo passo, la trasformazione dello scrittore da bambino pieno di paure ad adulto con autostima e soprattutto tanta speranza.
L’ultimo libro, Un’opera dalle molte pretese, rappresenta la chiusura naturale della trilogia e si sviluppa intorno a tre nuovi temi: la pubblicazione e la promozione di Candidato al Consiglio d’istituto, il processo che vede l’autore come imputato e il rapporto con lo stato, visto in modo molto scherzoso. La storia del processo, insieme all’avventura scolastica è di tutta la trilogia forse la parte scritta in modo più immediato, ironico e grottesco, registro che a Massimo Cortese è molto caro.
Stralcio tratto da Non dobbiamo perderci d’animo: “Il maggiorente è la persona influente presente all’interno di un determinato gruppo sociale, la cui autorevolezza non viene messa in discussione da nessuno. Questo termine deriva da maggiorenne, che è appunto l’individuo che ha compiuto la maggiore età. Allora io, che vengo sempre demolito dai maggiorenti, visto e considerato che non sono mai riuscito ad avere voce in capitolo nell’ambito della società, per una questione di dignità personale vorrei essere chiamato per quello che sono: un minorente”.
Ringrazio l’autore per avermi fornito i libri. Potete acquistarli direttamente sul sito della casa editrice qui
Gentile Michela, la ringrazio davvero tanto. Mi piace l’attenzione data alla copertina del primo libro con il bambino accigliato: pensi che è una delle due fotografie che ho sul passeggino. La mia famiglia non possedeva una macchina fotografica, non conosco l’autore della fotografia e neppure l’occasione: doveva comunque trattarsi di una giornata importante, perché una bambina veste l’abito della Prima Comunione, che all’epoca veniva indossato anche per altre feste religiose. Il bullismo visto per la prima volta con l’occhio della vittima: questa è un’osservazione importante. I giudizi dati ai tre libri sono sintetici ma al tempo stesso esaurienti: quanto all’estratto de Il Minorente, è uno dei pezzi da me scritti che amo di più.