Il 3 febbraio del 1959, in un incidente aereo nel piccolo stato dello Iowa, perdeva la vita uno dei primi cantautori della storia del rock: Buddy Holly. Vero e proprio pioniere della registrazione moderna, ci ha lasciato così tanto materiale da continuare a pubblicare e vendere per anni come un artista attivo. Insieme a lui su quel volo, oltre al pilota, morivano anche le altre due stelle del Winter Dance Party Tour di quell’anno: il californiano di origine messicana Ritchie Valens e il dj texano “The Big Bopper” Richardson. Da allora su questa tragedia sono state scritte molte cose e il volo del piccolo Beechcraft Bonanza è diventato leggenda. Ma fu davvero un semplice incidente?
Il caso fu archiviato quasi subito. Secondo la polizia locale l’aereo era precipitato per le pessime condizioni meteo e l’inesperienza del pilota, solo 21enne. E in effetti quella sera nevicava e il vento soffiava come non mai.
Il proprietario del servizio noleggio Dwyer Flying Service, però, non la pensava così: “E’ successo sicuramente qualcosa durante il volo. Il mio pilota conosceva bene quel tragitto e sarebbe stato in grado di atterrare ovunque”, dichiarò più avanti al figlio di The Big Bopper.
E qui entra in gioco una biografia a tratti scioccante, scritta da un certo Ellis Amburn, giornalista ed editore, che si era già occupato della vita di Roy Orbison. Secondo Amburn, Buddy Holly e il pilota avevano litigato e in qualche modo era partito un colpo dalla pistola che Buddy portava sempre con sé. “La polizia locale aveva riscontrato segni di colluttazione a bordo dell’aereo”, racconta Amburn nella biografia. Tutto questo però non venne mai menzionato nel report ufficiale delle indagini, così come non venne nemmeno nominata la pistola, dalla quale mancava appunto un colpo. Come mai?
La spiegazione è molto più semplice del previsto: la pistola fu trovata solo due mesi dopo in un campo e probabilmente fu sparato un colpo per capire se ancora funzionava.
Ma tornando alla colluttazione a bordo, che fine aveva fatto il proiettile? Secondo alcuni aveva colpito l’intelaiatura dell’aereo e aveva in qualche modo modificato l’assetto del velivolo, secondo altri è ancora conficcato nel sedile del pilota. In realtà nulla è mai stato effettivamente provato.
Recentemente un nuovo tassello si è aggiunto al mosaico di teorie e leggende, a tratti anche fantascientifiche, che ruotano intorno al giorno in cui è morta la musica.
Perché i corpi di Buddy e Ritchie sono stati trovati nei pressi dell’aereo, mentre quello del dj texano più distante nei campi?
Secondo il figlio di The Big Bopper, Jay Richardson, le indagini all’epoca furono troppo veloci: “Erano solamente dei rocker. Non c’era alcun motivo di scoprire cosa fosse successo realmente. L’importante era mettere tutto a tacere”.
Jay, che ripercorre le orme del padre in un tribute show con il nome di The Big Bopper Jr., ancora oggi ha dei dubbi su come siano andate effettivamente le cose quel 3 febbraio. Così, per smentire tutte le voci e saperne finalmente di più sulla morte del padre, Richardson decide di far riesumare il corpo e sottoporre i resti alle analisi del famoso antropologo forense William Bass, in pieno stile CSI.
Il referto chiude finalmente una delle leggende metropolitane nate in seguito all’incidente. The Big Bopper è infatti morto sul colpo per le pesanti fratture subite nell’impatto e non mentre cercava aiuto o colpito da un misterioso proiettile vagante.
Illuminante è una delle dichiarazioni del figlio: “Mio padre ha fatto molte cose in pochissimo tempo ma spesso sembra essere ricordato solo per l’incidente aereo”. L’immortalità sta infatti in quello che ci hanno lasciato questi grandi personaggi, non nel modo in cui sono morti.
In particolare Buddy Holly ha rappresentato e ancora rappresenta l’America bianca degli anni ‘50 e la speranza dei giovani americani che già si ribellavano: non sapevano ancora perché, ma avevano capito che c’era qualcosa che non andava.
La morte di un personaggio famoso lascia spesso un vuoto difficile da colmare. La gente, dal canto suo, ha ancora bisogno di credere ai propri eroi e per questo ci saranno sempre mille teorie di complotti e città dove vivono star non-morte, come nel racconto di Stephen King E hanno una band dell’altro mondo: tra i personaggi non mancano infatti Janis Joplin, Jimi Hendrix, Buddy Holly e il mitico sindaco Elvis Presley.
L’eredità musicale di Buddy è vastissima, nonostante i soli tre anni di carriera: dal pop dei Beatles ai cori dei Beach Boys fino ad arrivare ad Elvis Costello. Quella spirituale, invece, vive in una canzone, che solo alcuni hanno avuto la fortuna di ascoltare nelle sere fresche e chiare dello Iowa. Secondo una leggenda, infatti, quando il vento soffia e tutto tace, si sente l’ultima hit di Buddy Holly, scritta a bordo dell’aereo. Non è una ballata romantica ma una canzone in stile Rave On, aggressiva e veloce, che contiene in sé lo spirito della ribellione di tutta una generazione. E chi non l’ha mai provata mente.