I like social network

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Faccio parte della categoria di persone con una spiccata predilezione per i social network. Ho account molteplici su Facebook, Anobii, Zazie e via bellamente ticchettando. Chiaramente, ‘ci sono’ anche su Twitter; purtroppo, temo di non capire bene lo scopo e/o il senso del suo uso: mi annoia, non mi piace, mi sembra nevroticamente rapido e abbastanza dispersivo, mi basta distrarmi per pochi minuti, il tempo di una pipì, due coccole al semi-labrador, una sgranocchiata alla barretta risoecacaosenzagrassiaggiunti e sono già indietro di settanta post. Ci sono poche foto, non c’è grosso appiglio per pettegolezzi e malignità, le affermazioni, per la loro necessaria brevità, assumono la sgradevole forma di assiomi e di verità enunciate da un pulpito. Le persone che seguo/che mi seguono sembrano un gruppo di liceali che parlano in codice per non farsi capire dai non eletti, e si rimpallano complimenti e sghignazzate e #FF. Non mi piace, uff. Mi esalta ancor meno la presenza delle tendenze, quasi un promemoria per persone a corto di argomenti: guarda, oggi è l’anniversario della nascita di Marie Curie, potresti parlare di lei; anzi, a che ci sei clicca qui e ti do anche un po’ di informazioni su di lei, così non fai brutta figura. No, non ci siamo: se non so cosa comunicare al mondo preferisco stare zitta, non ho bisogno di suggerimenti per rompere il silenzio, eccheccavolo. 

Comunque, tra gli argomenti proditoriamente segnalati come cool, ho trovato un paio di giorni fa #puntoevirgola: un gruppo di intellettuali molto soddisfatti del proprio lavoro, taglio di capelli e punto di vista sul mondo che si comunicavano ovvietà come fossero arcani svelati. Bah. Ad ogni modo, visto che anche io sono abbastanza contenta del mio non-taglio di capelli, mi unisco alla conversazione aggiungendo solo un dettaglio: che la punteggiatura, quando chi scrive non è un nobel, dovrebbe essere almeno corretta. Se poi sei Saramago, beh, allora possiamo divertirci. Personalmente mi piacciono molto gli scrittori che usano la punteggiatura in maniera forzata, espressiva, piena di significato; il primo esempio che mi viene in mente, è ovvio, è proprio Saramago, che riesce a condurre dialoghi lunghi e complessi senza sfruttare le virgolette, perché, come ha dichiarato in un’intervista, se sai usare bene le virgole non c’è bisogno di altro. Come dargli torto?
Una cultrice dei punto e virgola, invece, è stata Natalia Ginzburg, che non ha esitato ad allinearli in serie: con effetti piacevolissimi, devo dire. Ha anche avuto l’abitudine di nascondere i nomi dietro le virgole, di inserirne a spezzare il ritmo delle frasi, come piccoli sospiri o prese di fiato tra una parola e l’altra. Mi dà una stretta al cuore, leggera e quasi impercettibile, ogni sua virgola: è uno dei motivi per cui rileggo periodicamente i suoi libri.

Trovare ricette che parlino di punteggiatura non è semplice. Ne aggiungo, quindi, una, ma solo perché mi piace e mi va di condividerla: era una minestra che mi faceva mia nonna, e anche se ancora adesso, a volte, la mangio, non è la stessa cosa. Fate friggere – sì, friggere! – una patata tagliata a cubetti di un centimetro di lato; lavate tagliate fate cuocere con poca acqua degli spinaci freschi, aggiungete le patate, del buon brodo vegetale e buttate lì la pasta: gli gnocchetti sardi sono l’ideale. È una squisitezza.

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2 Responses to I like social network

  1. lamate says:

    a proposito di punteggiatura, ti consiglio il treno per helsinky, di dacia maraini, poi mi saprai dire. anche se la storia è un po’ distante dalla tua, più vicino alla mia.
    e poi, i tuoi molteplici account su fb… ne conosco uno solo, ma mi piacerebbe scuriosare anche tra gli altri. non puoi tenermi nascosto il resto… magari ne hai uno con il tuo nome vero?

    • maria says:

      oh, mate, te li indicherò in privato. comunque no, nessuno ha il mio nome! sai che non ho mai letto un libro della maraini? grazie del consiglio, mi hai incuriosita, lo cercherò di sicuro :)

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