Ci sono cose che richiedono cura, attenzione, tempo e impegno: preparare un buon piatto, scrivere due righe, coltivare una pianta o un’idea o un’amicizia. Non si può improvvisare, e cercare scorciatoie spesso è deleterio: usare il frullatore ad immersione anziché il setaccio per preparare una purea di carote può essere più sbrigativo, ma il risultato, inutile illudersi, non sarà lo stesso; la consistenza, la palatabilità, la texture delle due creme raggiungeranno livelli completamente diversi.
Non credo nelle amicizie che scoppiano come il morbillo o come la primavera a Palermo, che un giorno è inverno, indossi le manopole e abbracci il termosifone e il semi-labrador ha le orecchie gelate e il giorno dopo il cielo è terso e l’aria è tiepida e le persone girano già con le polo a maniche corte. Non mi fido delle persone che giurano affetto e fedeltà amicale dopo pochi giorni di reciproca conoscenza, che pronunciano lodi sperticate a scatola chiusa, che minacciano gesti inconsulti quando comunichi loro che preferiresti uscire con qualcun altro, almeno per una volta. Le amicizie hanno bisogno di maturare, di crescere, di mettersi alla prova: bisogna parlare, chiarirsi, sfidarsi a venir fuori dal guscio; soprattutto, hanno bisogno di impegno, di attenzione, di riguardo, di reciprocità, di non dare nulla per scontato. Una frase scortese, un commento sferzante, una battuta infelice non bastano a smantellare un’amicizia: la mancanza di una parola di scusa, o almeno di spiegazione, sì.
Per preparare un buon piatto servono ottimi ingredienti, e poi attenzione e affetto e voglia di far bene; una ricetta che mi piace molto è quella degli spaghetti ai tre pomodori. La prima volta che l’ho cucinata, qualche anno fa, ne ho parlato con quello che pensavo fosse un amico: ero soddisfatta e contenta, con poca spesa e nessuna fatica avevo preparato un piatto sorprendentemente buono; il suo commento era stato mi sembra fatica sprecata: avrei dovuto intuire da quelle parole che presto non avremmo avuto niente da dirci. Per questo piatto – che, lo giuro, vale davvero la pena di un salto dal fruttivendolo – servono tre qualità di pomodori: datterini, ciliegini e San Marzano. Devono essere maturi e saporiti, sodi e poco acquosi, ottimi; i datterini vanno infornati a bassa temperatura, tagliati a metà e irrorati con pochissimo olio, fino a farli asciugare. I ciliegini, invece, vanno messi interi in forno ben caldo per una ventina di minuti, e poi passati al passaverdura. Infine i San Marzano vanno pelati, cubettati e conditi con olio sale pepe e basilico, e messi da parte. Gli spaghetti, portati a mezza cottura, vanno ripassati in padella col sugo di ciliegini (opzionale un soffritto di cipollotto, che a me sembra addolcisca troppo il tutto); vanno poi aggiunti i datterini e, per ultimi, i San Marzano. Grattata leggera di ricotta salata e, wow, sono pronti.
Ogni buon libro ha richiesto cura, tempo e devozione maniacale al suo scrittore; pochi, però, sono costati tanta fatica quanto I promessi sposi, romanzo che ho amato grazie a una nonna che mi ha spinto a leggerlo trasmettendomi il suo entusiasmo: gliene sarò sempre grata, come di tante altre cose, racconti e giochi e ricordi e parole. Il libro di oggi, però, non è questo: è La famiglia Manzoni di Natalia Ginzburg, un saggio dolce e interessante sulla vita privata di Alessandro Manzoni e dei suoi figli. Imperdibile.
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Sono molto d’accordo. Il problema nasce quando magari non ci si rende conto che una battuta è stata troppo acida o un commento troppo sferzante e/o aggressivo. Se dovessi avere fatto qualcosa di questo genere, sappi che non me ne sono resa conto e me ne scuso.
di solito si capisce, se una battuta è stata pesante (o è stata interpretata male). basta vedere le reazioni che ha suscitato, no? comunque, figurati, non era un riferimento mirato ma solo una riflessione generale
te lo assicuro, ci sono state sia le scuse che le spiegazioni. ma non sono bastate, si vede. ed è ancora una cosa che mi fa soffrire. atrocemente. venticinque anni di amicizia finiti nel nulla. ti assicuro, è peggio di un amore che termina.
ma finalmente stavolta una ricetta. mai sentiti gli spaghetti ai tre pomodori, da noi, anche d’ estate, i pomodori tendono ad avere lo stesso sapore, di qualunque qualità tu li prenda. e da brava cuoca che sono, molto spesso uso il sugo già pronto.
grazie anche per questo sabato, maria. se pensi che alternavo un’ occhiata al video e un capitolo di SK, beh, adesso posso tornare a leggere tranquilla.
lo so, non è facile quando un’amicizia finisce. vorrei che lo potessi superare, un giorno. o almeno non starci così male. quanto al finire nel nulla, no, non è così: tutto quello che avete fatto insieme non si cancella, lo sai.
qua i pomodori buoni si trovano, e ti assicuro che hanno sapori mooolto diversi; anche io uso spesso il sugo pronto, si trovano bottiglie di sugo di pomodori ciliegini davvero gustose. ma questa pasta è una piccola chicca, e ogni tanto si può anche fare.
infine, quanto a dividere il tuo tempo col re, be’, troppo onore. anche se ho molta paura di lui…
baci (molti, e grandi)