Cosa è stato, per voi, il 2011? È stato un anno sereno o frenetico, rilassante o mesto, cupo o radioso? Da ricordare, da dimenticare, da confondere con altri? È stato l’anno della morte di Liz Taylor e Peter Falk o della falsa partenza di Bolt ai mondiali? Quello di ‘se non ora, quando?’ o dei quattro sì ai referendum? L’anno della caduta di B. o dell’ascesa conclamata di Djokovic? L’anno della crisi economica o quello dell’arresti di Mladic? Dei 150 anni dell’unità d’Italia o della squalifica di Dayron Robles a Daegu?
A me è piaciuto, il 2011. È stato un anno complesso e stancante e faticoso e frizzante, iniziato con una notizia bella e inaspettata, una di quelle che ti fanno pensare che forse qualcuno dei tuoi progetti un giorno si realizzerà, e che chi dice che in Italia si fa tutto solo grazie a raccomandazioni e favori, be’, rosica. È stato l’anno che mi ha permesso di mettermi alla prova, di imparare che, se ho uno scopo, alzarmi presto può anche non pesarmi; quello che mi ha fatto scoprire che cambiare ritmi e abitudini è un’impresa alla mia portata, e anche a quella del semi-labrador. È stato l’anno del mal di schiena che toglie il fiato, della paura e della stanchezza, ma anche delle soddisfazioni, dei riconoscimenti piccoli ma insperati e gustosi, l’anno di Praga e di Magda Szabò, di Saramago e Odifreddi, di Masterchef e di un portachiavi a forma di gufo che sta saldamente fissato alla mia borsa, per evitare che scappi via. L’anno degli incendi di spazzatura e della mia prima estate senza neanche un bagno a mare, dei 90 anni del simpatico ottuagenario e dei regali che, silenziosi e assordanti, hanno attraversato l’Italia per raggiungermi, carichi di sorrisi che non ho mai visto e abbracci che non ho mai toccato, o forse sì. L’anno del mio ultimo libro di De Carlo e anche di Safran Foer, uff. L’anno in cui ho scoperto con triste meraviglia che di Natalia Ginzburg ho già letto tutto, e che quel sentimento cinquanta per cento stupore cinquanta per cento ammirazione che i suoi libri mi regalavano a poco a poco finirà con lo scemare. È stato l’anno in cui ho deciso di fare a meno di tutte le persone che mi appesantivano le scarpe, e di tenere solo pochi amiciamoci (adesso ne conto tre, ecco) e tanti amici virtuali, che forse un giorno incontrerò, o forse no. L’anno in cui mi sono scocciata di parlare e spiegare e capire e accettare, di far finta di non comprendere, di avere pazienza, e ho deciso che non ho più tempo da perdere per chi usa parole forbite per celare pensieri violenti: basta, fanculo. È stato anche l’anno del concerto di Max Gazzè, della volta in cui sono scappata dal cinema perché avevo paura, del mio primo matrimonio di famiglia. È stato l’anno in cui ho temuto di non riuscire a cambiare, e mentre lo pensavo stavo già, lentamente, cambiando.
La ricetta di oggi è quella di un piatto a base di prosciutto che ho mangiato il giorno di Natale: coscia di maiale disossata e precotta (la vendono in macelleria) fatta bollire due ore, cosparsa di spezie e fatta arrostire in forno. A tre quarti di cottura, cospargetela di marmellata di lamponi. Va scaloppata e servita, calda e fragrante, con patate al forno e un sorriso speranzoso e titubante: o almeno, così me l’ha proposta mio cugino, e sono stata felice di mangiarla, perché era buona e perché lui lo meritava.
Un anno fa, annunciavo che il primo della lista dei miei buoni propositi sarebbe stato coltivare il dubbio: in fede, non l’ho dimenticato.
Con questo post, rivolgo a tutti i migliori auguri per un ottimo 2012: che realizzi i vostri desideri, tutti meno uno, che vi faccia continuare a sognare e sperare nel meglio.
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Il 2011 è stato per me l’anno dei grandi “alti e bassi”, spesso contemporanei. Tanto da procurarmi un senso di disorientamento raramente provato prima. Tutto sommato, posso dire che è stato un buon anno – poteva andare meglio, certo, ma mi ha portato una spinta a staccarmi dal mio guscio caldo e vuoto per avventurarmi in giro per la Sicilia e parte dell’Italia, per assecondare la mia prima passione (coltivata già dalla preadolescenza e poi lasciata in un cantuccio) che mi ha aiutato ad aprirmi e a farmi crescere, a conoscere nuove persone e nuove sfide. I miei propositi? Già scritti su quella lavagna virtuale che è Facebook. I miei desideri? Tanti, troppi e alcuni troppo ambiziosi. Spero di realizzarne qualcuno entro il 2012 e gli altri… i prossimi anni. Altrimenti, che gusto ci sarebbe a cominciare un nuovo anno senza nemmeno un desiderio da realizzare? Immagino fosse questo lo spirito dell’augurio di realizzare i nostri desideri, meno uno.
Tanti auguri anche a te, che il nuovo anno ti porti un po’ di serenità e felicità in più! P.S.: sì, sono parole biecamente retoriche ma talvolta anche la retorica può celare sincerità!
serenità e felicità sono sempre gradite. thanx, ricambio
è stato l’ anno dei buoni propositi, ma nessuno mantenuto. è stato un anno così così. non ho partecipato a nessun funerale, la nipotina chiacchiera come una persona semi-adulta, il grande puffo si è deciso, o meglio l’ hanno costretto a decidere. è stato faticoso, ma non troppo, vacanze al mare, il ritorno parziale del nipotino preferito, auto nuova, coccole vecchie. pochi amici, come quello prima, ma quelli rimasti valgono di più, prove tecniche di avvicinamento, forse. una cosa, ho deciso per quest’ anno. guardare poca e selezionata tv e ascoltare la radio, adesso che ho scoperto come si fa accendendo il televisore.
il mio proposito, che non so se riuscirò a mettere in pratica è: tenere in ordine la mia sala giochi. e fare liste. di tutto quello che ho bisogno e di tutto quello che dimentico. non posso più permettermi di non trovare quello di cui ho bisogno anche se nel mio totale casino, di solito trovavo tutto. tranne gli uncinetti, ma che erano da un’ altra parte. chissà che non riesca a mettere ordine anche dentro me stessa.
ritrovare gli uncinetti è stata una di quelle cose che ti rendono contenta per qualche giorno di seguito. una di quelle che ti fanno svegliare pensando ‘evviva’. ci voleva. un bacio laMate