La lettura del romanzo “La lavagna di Amerigo” di Francesco Pomponio (Diamond editrice) è una piacevolissima parentesi.
Non è un romanzo lunghissimo, e neppure abbondante di particolari messaggi o significati filosofici. In realtà, oltre alla piacevole e scorrevole lettura, che dà una sensazione di leggerezza, lasciando decantare la storia dei personaggi qualcosa dentro di noi si muove.
Pur navigando in superficie, l’autore sonda gli strati melmosi dell’animo umano. Sia nelle normali attività del quotidiano: famiglia, lavoro, passioni come la lettura o il computer, la poesia. Sia nelle difficoltà che possono affliggere ciascuno di noi: incomprensioni, malattie o avvenimenti imprevisti e inaccettabili.
I luoghi descritti sono, pirandellianamente, uno, nessuno e centomila.
I protagonisti della storia, alla fine possiamo dirlo, siamo noi. Noi con le nostre fragilità, la nostra forza, i nostri sorrisi e le nostre lacrime. Perchè le storie raccontate sono, nel loro piccolo, perfettamente concluse, relative e quindi assolute.
Per un romanzo, direi che ce n’è abbastanza per dire: Missione compiuta. Ha assolto il suo compito di raccontare una storia, divertire, commuovere e far riflettere. Non gli si può davvero chiedere di più.