Mentre rimane inedito in Italia “Blood of Redemption”, la Minerva Pictures ha portato in DVD il 19 giugno scorso “Hard Rush. Ambushed”, film dallo stesso identico cast tecnico-artistico sempre del 2013.
Il regista belga (di origini italiane) Giorgio Serafini continua a creare prodotti orripilanti a bassissimo costo con grandi attori del passato in ruoli minori: mentre però l’altro titolo viene impreziosito da Dolph Lundgren protagonista assoluto, qui a comandare sulla scena sono degli inetti mentre i grandi restano sullo sfondo. Davvero una gran brutta scelta.
Eddie (Gianni Capaldi) e Frank (Daniel Bonjour) sono due amici che vogliono fare tanti soldi e subito, diventando signori della droga. Questo li porta da una parte a pestare i piedi di un pericoloso boss come Vincent Camastra (Vinnie Jones) dall’altra a finire nel mirino di poliziotti tosti come il corrotto Jack Reiley (Randy Couture) e l’irreprensibile Maxwell (Dolph Lundgren).
La trama è fastidiosa e i due protagonisti sono pessimi fino al disgusto: la scelta di lasciare i grossi nomi – non certo grandi attori ma di sicuro molto più interessanti per il loro passato action – è molto discutibile e rende il film noioso e nauseante.
Da Randy Couture, celebre ex wrestler, ci si aspettava qualcosa di più al cinema, invece il suo “passo obbligatorio” – tutte le star del wrestling prima o poi finiscono sullo schermo – si è limitato a piccole particine sporadiche e a fare da carta da parati nella saga dei Mercenari.
Diverso discorso per Vinnie Jones, granitico duro che ha sulle spalle ottimi film (insuperabile il suo Mean Machine) che però ha conosciuto il fallimento troppo presto, ed è finito a fare capolino da queste pessime produzioni molto prima di diventare un mito al tramonto.
Dolph è Dolph, sempre e comunque: l’unico a risplendere in questi piccoli filmetti, l’unico a mostrarsi vivo in un mondo di morti viventi dello schermo, l’unico a sorridere e l’unico in forma smagliante, semplicemente perché non finge di essere ancora giovane: mostra con orgoglio la sua maturità e dimostra che lo stile e la “cazzutaggine” non dipendono dai dati anagrafici.
Quelle poche scene dove appare Dolph sono le uniche che meritano di essere viste, di questo ridicolo filmaccio.
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