MOMENTI BELLI CON PRANDELLI

Bravi ragazzi azzurri che dopo aver vinto per la prima volta nella storia della nazionale di calcio in Slovenia, concedono il bis nell’amichevole di Kiev al cospetto dell’Ucraina. Notimo con piacere come sia diversa questa squadra da quel gruppo abulico che prese parte all’infausta ultima spedizione mondiale lo scorso giugno. Diversa negli elementi: Astori, Gastaldello, Cassano,Giovinco, Thiago Motta, per citare alcune energie nuove volute da mister Prandelli che ama stupire e ci riesce molto bene. Diversa nell’anima: l’Italia che sta nascendo gioca a viso aperto e crea, non aspetta passiva come andranno le cose e diversa nei risultati: non è per niente semplice riuscire a vincere oggi contro due nazionali toste come Slovenia ed Ucraina. Al mondiale sudafricano in tre partite contro Paraguay, Nuova Zelanda e Slovbacchia, avevamo raccimolato la pochezza di due brutti punticini, ora in due partite abbiamo fatto bottino pieno, più di qualcosa sta cambiando e torniamo felici a tifare Italia. Abbiamo aprezzato entrambe le coppie d’attacco mostrate in questi due impegni: sia la Cassano – Pazzini, tandem più mobile e fantasioso che quel GI-RO, Gilardino- Rossi, duo cinico e potente. Il mago di Orzinuovi, Cesrae Prandelli, sta provando vari intrurgli per la nuova pozione azzurra. Una cosa è certa: sono tutte belle trovate.

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IL PARTITO DEI PIAGNISTEI E I VALORI DEL CAMPO

Nel calcio stressato e velocissimo di oggi, le lamentele e le accuse abbondano a getto continuo. Non c’è giorno in cui non si consuma una polemica, un diverbio, un sospetto. Se questo aumenta l’attenzione e fa scrivere migliaia di pagine ai giornali e spendere fiumi di parole al vetriolo, nei programmi televisivi appositamente confezionati, fa anche scaturire tensione e musi lunghissimi. Sembra, ultimamente, che più si alza la voce e più si è ascoltati. Non ti è stato concesso un rigore grosso come una casa? Urla a più non posso nei mass media, ammiccanti alle urlate da cortile, e, di sicuro, sarai presto ascoltato. Si ha come l’impressione che se non entri in questo ring, non puoi sopravvivere e finisci per non avere voce in capitolo. Piccolo problema: questa situazione assomiglia solo ad un grandissimo gioco al massacro, ad un circolo vizioso quasi irrefrenabile. Se la mia squadra ha subito un errore arbitrale, io presidente denuncio a più non posso, quasi fosse una situazione di vita o di morte, mi scaglio contro tutto e tutti. Poi la partita dopo capita che l’arbitro fa un errore che depotenzia i miei avversari e mi favorisce, e allora mi pavoneggio e mi dico “Va come sono stato ascoltato, alzare la voce è servito!” Niente di più lontano dal gioco del calcio che prevede, dalle sue lontane origini britanniche, che una partita vada piuttosto bene ed un’altra piuttosto male e che si abbia la semplicità per festeggiare e la dignità per accogliere un risultato storto. Assecondando ed alimentando la catapulta infinita degli strali da lanciare, si finisce per non gustarsi più la bellezza che arriva, fresca, dal campo, dove ci sono ancora dei valori, immensamente più grandi di mille polemiche, luminosamente più liberi di lunghi piagnistei. Il Bologna ruspante di Malesani che si disinteressa dei punti di penalizzazione e inizia a credere in se stesso e a provare a diventare squadra e si ritrova improvvisamente squadrone, il Cagliari che sembrava spacciato e che con Donadoni ha ritrovato l’anima, l’Udinese stellare di Guidolin, sono li a mostrarci che, nel calcio iperpolemico c’è ancora spazio per la bellezza. Non diamola per scontata continuandoci a lamentare.

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Leonardo e la sua filosofia del presente

Vola Inter sul prato perfetto dell’Allianz Arena ai quarti di finale di Champions, al termine di una partita perfetta, nella quale c’è stato di tutto: sensazioni troppo positive all’inizio, paura, desiderio di farcela e cuore a mille. Goran Pandev porta la truppa avanti quando in pochi alla vigilia ci avrebbero creduto. Smentire, rovesciare,ricredersi,riconvincersi, sono verbi che dicono ma non tutto su quello che la squadra milanese ha saputo fare nella notte teutonica. Leonardo che al gol di Pandev si getta sul prato come fosse una piscina, ci ricorda il suo incipit sulla panca dell’Inter. Gara contro il Napoli, 6 gennaio 2011, la prima di Leo che recupera la malata Inter di Benitez ed in una notte, inizia a curarla, la fa uscire a riveder le stelle della vittoria e della fiducia. Questa vittoria epica sul Bayern, è figlia di quella prima vittoria leonardiana. Abbracci ai ragazzi quella prima sera, tuffo in campo questa notte, segni di riconoscimento di un uomo che ha come prima tattica il suo calore umano. Ai critici iperseri di Sky che, a Bayern battuto, gli hanno chiesto quali fossero ora i problemi, Leo ha risposto: “Non mi interessano i problemi ora voglio godere” . Dopo la prima sua gara contro il Napoli, disse che non voleva capire ma vivere quel momento. Leo, l’allenatore del carpe diem, dell’attimo presente, più importante e più gravido di tutto. Nelle prime otto d’Europa c’è anche questa Inter, orfana di Morinho ma sempre più a immagine e somiglianza di Leonardo, l’uomo dell’attimo presente. Dopo l’acume tattico orgogliosissimo di Mourinho e dopo l’apatia comunicativa di Benitez, ecco l’umanità entusiasta di Leo, che anche nel cuore delle vicende strettamente strategiche, sa il fatto suo, perchè ha confezionato la partita perfetta. Inter tienitelo stretto.

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UDINESE SETTE BELLEZZE

Il calcio italiano è stupito di fronte a questa ruspante Udinese capace, con la vittoria di ieri sul Bari, di portarsi a cinquanta punti,al quarto posto, per ora solo rimandato dopo la vittoria serale della Lazio sul Palermo, in piena zona Champions. Com’era partita male però la stagione dei friulani che, nelle prime quattro partite, rimediarono altrettante sconfitte. Complimenti al patron Pozzo che non ha tolto Guidolin dalla panchina della squadra, che non ha rescisso il disegno di uno squadrone anche quando le tele erano vuote ed i pennelli non davano un solo abbozzo. La pazienza silenziosa, nel calcio, come nella vita, della quale il gioco del pallone è metafora, come amava pensare il grande Gianni Brera, paga e porta i suoi bei frutti. Gudolin e Di Natale, mente e braccio della squadra, sono ripartiti da quello che più di tutto sanno fare: guidare una squadra con personalità e giocare a calcio con rara maestria. E’ arrivato un gioco arioso e spumeggiante, fonte delle prestigiose vittorie contro Inter ( in Friuli ) e Juventus ( a Torino ). Oggi i bianconeri di Udine giocano un calcio godibilissimo, leggero e ricco di corsa. Una parte importante l’ha recitata la permanenza in squadra del cileno Alexis Sanchez, il quale, nel mercato di gennaio non è stato immolato alle richieste di Inter e Chelsea ed ha potuto così continuare a donare il suo meraviglioso apporto tecnico all’Udinese. Una lezione anche questa di pazienza, di tenersi stretto ciò che si ha perchè è bello, buono e vero più di qualsiasi erba del vicino. La Sampdoria ha venduto Cassano e Pazzini ed ora naviga nei bassifondi della classifica, il Genoa ha ceduto Ranocchia all’Inter e continua a prendere valanghe di gol, l’Udinese con Sanchez sogna un possibilissimo quarto posto. Udinese la tua lezione non è solo tecnica ma anche morale.

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Inter e Juve: basta con i soliti sospetti

Moratti e Marotta si scambiano accuse e iniziano, sul terreno della dialettica e in una intensa tenzone verbale la partitissima in programma nel prossimo Sunday night, quel Juventus – Inter che è già rovente ancor prima di bollire. E gli scudetti rubati e gli scudetti concessi e” Ma noi” e “Ma voi”, sembra che quando l’Inter gioca contro la juve,da quattro anni a questa parte, ci sia sempre un lungo rotolone di arringhe da sciropparsi: tribunali, giustizia sportiva,sentenze, dietrologie, sembra quasi che, se non si rispetti questo rito, il derby d’Italia, non può andare in onda, non può partire. Così facendo però viene meno la serenità di una delle partite storicamente più affascinanti del nostro campionato, non a caso definito il derby d’Italia. Moratti e Marotta basta con i soliti mugugni; quelli lasciamoli nei bar lombardi e piemontesi ma voi, che siete nelle alte sfere della beneamata e della signora, no, non cadete così in basso. Calciopoli ora è decisamente passato ed ha portato, dopo la tempesta, purificazioni e novità, si sono accese delle luci, non rimanente al buio, perché poi fate rimanere al buio anche i tifosi che, spesso, nel buio, rischiano di perdere la testa. Del neri e Leonardo vorrebbero vivere il presente che dice che tutto può ancora succedere, che il Milan non è lontano anni luce, che le carte si possono ancora rimescolare ed i giochi possono ancora ricominciare. I giochi, non le accuse, quelle ci hanno un po’ stufato

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ROMA DI NUOVO..CAPOCCIA

Zitta zitta si fa sotto la Roma. Dopo aver vinto il derby di coppa Italia contro la Lazio, la squadra giallorossa sembra aver ripreso vigore: ha eliminato poi anche la Juventus, sempre nella coppa nostrana ed in campionato si è portata sotto Milan e Napoli ed è pronta a prenderle. Complimenti a Claudio Ranieri che ha saputo ben gestire i vari momenti “no”, quello più spinoso tra tutti, il mugugno di capitan Totti, dimenticato in panchina e utilizzato a Genova, nella gara di campionato persa contro la samp, solo quattro,miseri minuti. Decisamente troppo poco per un capitano di lungo corso. Ranieri ha rimesso insieme le idee, non si è concesso scenate da primadonna e la Roma ha iniziato a girare, a macinare gioco e, soprattutto, a far punti. La qualità, non le è mai mancata: Menez, Boriello, Taddei, spadaccini di alto rango e in più dietro, Mexes, sembra ringiovanito di anni : ora fa gola a parecchi club. Bravo Ranieri dunque, da Testaccio ma mai testardo ed incaponito sulle proprie posizioni ma attento e disponibile al valore del dialogo, elastico al punto di rimettersi in discussione, fiducioso nel rimettere in carreggiata la squadra, in un momento reso ancor più delicato dalle vicende societarie, perché ad oggi non si sa quale società si farà carico della A.S. Roma. Liedhom diceva che in dieci si gioca meglio, Ranieri, tra mille possibili acquirenti, sta giocando benissimo.

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E’ FINITO IL MERCATO DI RIPARAZIONE

L’era del “tutto e subito” paralizza le emozioni

I tifosi nerazzurri e rossoneri probabilmente dovrebbero ringraziare Rosenberg, l’attaccante svedese che nel preliminare di Champions eliminò la Samp e sorrise al Werder, quando ormai sembrava un gioco da ragazzi, per la squadra genovese, entrare tra le trentadue d’Europa. Da quella partita nefasta si è di fatto disfatta la Samp e con lei le sue motivazioni, il suo carattere. Cassano ha fatto le valigie a Natale, ora le ha fatte Pazzini. Sono andati tutti e due a Milano: uno al Milan, l’altro all’Inter. E poi lo chiamano il mercato di riparazione; non si ripara nulla ma si compra tutto nuovo di zecca! Com’ è frenetico il calcio di oggi: oggi sei qui, domani sei di là. Cassano & Pazzini hanno scritto le ultime belle pagine della recente storia doriana, ed ora non ci sono più, in un batter d’occhio via dalla lanterna ed approdati ai piedi della Madonnina. I tifosi blucerchiati piangono e ne hanno tutto il diritto: hanno investito tutto su questi due campioni e a metà campionato se ne ritrovano senza, magari per abbonarsi all’eurodoria hanno stretto i denti ed adesso vorrebbero rompere i denti agli agenti del mercato, ai procuratori, ai presidenti, ai padroni, a chi permette di far entrare il calcio in un asettico ufficio di borsa dove le quotazioni e a quanto pare anche le maglie dei giocatori, cambiano in continuazione. Ci dicono gli esperti del calcio moderno che è giusto così, che lo spettacolo deve continuare e che in fondo chi ha più soldi non può stare a guardare. Sarà, però fuori dalla faciloneria di una spicciola retorica, questi scambi volanti che arricchiscono le grandi squadre e fanno piangere le formazioni medio-piccole, adesso, nel cuore e nel vivo di un campionato, stonano parecchio. Probabilmente qualche tifoso doriano avrà stracciato la tessera, qui la retorica non centra ma a parlare è la concretezza della vita. Come se alla samp di Boskov avessero tolto improvvisamente Vialli e Mancini. Cose inconcepibili. Quando Beppe Signori stava per essere ceduto al Parma, il popolo laziale organizzò una vera e propria insurrezione e il campione bergamasco rimase a Roma. Oggi forse i presidenti non lasciano più neppure insorgere ma, i tifosi, si sfogano lo stesso e magari non seguono più e ci si allontana dal calcio e si disertano gli stadi e il giocattolo diventa così sempre più televisivo, artefatto,confezionato ad hoc. Restano fuori i sentimenti, l’affetto di chi spera che un giocatore non tradisca in quattro e quattro otto la sua squadra. Ma, a quanto pare, questo particolare, al folle calcio del terzo millennio, non sembra minimamente interessare. Cercasi novelli Totti, Del Piero e Zanetti, gente che passa Natale e Pasqua con la stessa maglia.

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Milan e Inter e la domenica della “C”

Il fattore “c” ha salvato la Milano calcistica nell’ultima giornata di andata. Cambiasso e Cassano hanno permesso ai nerazzurri ed ai rossoneri di non uscire con le ossa rotte da Catania e davanti all’Udinese. La Milano delle fratellanze e dei facili cambiamenti di maglia, chiedere a Ibra ed a Leonardo per credere, non cade ma rimane appesa al filo tesole dal centrocampista argentino nerazzurro ( per ora ) e dal fantasista italiano rossonero ( sempre per ora). Cambiasso è autore di una doppietta che si aggiunge al gol contro il Napoli di pochi giorni fa, per un totale di tre gol in altrettanti incontri ( ma a segnare non doveva essere un altro argentino davanti?.. ). Cassano giunge invece a tre assist decisivi in due partite; dopo il tocco per Strasser che ha originato il tripudio di Cagliari ecco le gemme veloci per Pato ed ibra che non fanno perdere il Milan e gli permettono di agguantare un punto vitale come il respiro contro un’arrembante Udinese. Rossoneri che chiudono il girone d’andata a quota 40,mentre i cugini arrivano a 29 ma con due sfide ancora da recuperare. Percorsi di Milano sul grande percorso del campionato. Leonardo, dopo la sua epifania nerazzurra contro il Napoli, concede subito il bis a Catania, andando a vincere dove lo scorso anno, il triplice vincitor Mourinho, non riuscì e parlando con il cuore e dritto al cuore. Dopo il suo esordio nerazzurro disse: “Ora non voglio capire quello che sta succedendo ma solo provare a vivere” .Dichiarazione bella e pulita, di chi cerca di sorprendersi piuttosto che mettere tutto in grossi contenitori logici. Ieri, dopo il rimontone di Catania, a chi gli chiedeva qualcuno in più per questa sua nuova inter, ha risposto: “Io gioco con quello che ho, e quello che ho e’ buonissimo”. Bravo Leo, sei arrivato in medias res ma dimostri di essere un fine bricoleur ,uno che incolla e crea, aggiusta e rinnova: un pezzo di qua ed una riverniciata di là e le cose iniziano a sistemarsi, i sentimenti a scaldarsi e la stima si accomoda, dolce, tra le sedie dello spogliatoio interista, per troppi mesi rimaste anonime.

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QUEL SACRO FUOCO CHIAMATO INZAGHI

San Nicolò, nel piacentino, nebbia e freddo giorni lunghi e amari, trentasette anni fa nasceva, in piena estate, un bimbo, di nome Filippo, dal cognome fragrante e pungente Inzaghi. Subito s’intuì che la sua vera culla sarebbe stata un pallone e piccolino faceva diventar matti mamma e papà perché si metteva a calciare tutto. Il calcio di vertice lo notò in un batter d’occhio e le reti di attapirati cortei di difese furono immediatamente riempite di gol: Piacenza,Leffe,Verona,ancora Piacenza e poi Parma, Atalanta, Juve e Milan, la sua seconda vita, la sua grande dimora: due coppe dei campioni, mica noccioline, Manchester ed Atene come notti della vita per innalzare su terrazze europee il suo incandescente numero nove. Quando c’è lui, in campo succede sempre qualcosa: “Super Pippo”,” Inzaghissimo”,” Oi Oi Oi Pippo Inzaghi segna per noi”, i suoi tifosi, numerosissimi, non sanno più cosa coniare con la voce per sostenere il loro bomber rapace, lui sa ancora cosa inventare. Quarta giornata di Champions League, a San Siro arriva il Real Madrid di Josè Mourinho, uno che nella vigilia della gara d’andata disse di temere un certo Pippo Inzaghi ( ma guarda un po’..). Tra i madrileni spiccano Higuain, Di Maria, Cristiano Ronaldo, gente che al pallone da del tu e Pippo? Inizia in panchina ma con il fuoco sacro dentro come fosse in campo. Mister Allegri lo mette quando il Milan è sotto, quasi a voler dire “ Pippo se vuoi puoi aiutarci” e lui ci sta di buon grado, in fondo non è ancora vecchio per dare al pallone del lei ed ecco allora che cerca confidenza tra la palla, i suoi piedi e la porta di Casillas ( il portiere campione del mondo, mica un portierello preso a caso..) e poi si, prova ancora a dare del tu a quella sfera che corre ingovernabile. Sesantottesimo e Settanttotesimo le mattonelle temporali di una leggenda col corpicino esile di un calciatore: Inzaghi ribalta il risultato, poi pareggerà in extremis il Real, si il calcio a volte è insensibile,non ti lascia nemmeno festeggiare in pace ma, Pippo ha fatto due gol più pesanti di tutto il cemento che regge le gradinate di San Siro: settanta gol in Europa, come lui nessuno mai e poi supera nel conteggio di gol con la maglia rossonera, un certo Marco Van Basten e non ha nessuna intenzione di fermarsi. Quando servono i gol lui è lì, con il fuoco sacro dentro, a trentasette anni, come un bambino.

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Gareth Bale,giocatore gallese del Tottenham , il 20 ottobre 2010, se lo ricorderà per molti anni, forse per sempre. Non capita tutti i giorni infatti, di giocare a San Siro, nella Scala del calcio e fare tre gol ( non tre minuti di partita..) contro l’ Inter, freschissima di allori europei. 52°,90° e 92° questi sono i minuti in cui il cronometro di Inter – Tottenham si è fermato ed ha iniziato Gareth Bale a trasformare ogni palla che veniva dalla sua tana, la fascia sinistra, in gol. Non uno, non due ma tre; sembrava uno di quei videogiochi di calcio che quando scopri il trucco per far segnare l’omino segni a ripetizione e gli amici iniziano a sbuffare. Sembrava. Quel terzino avanzatissimo che correva come un forsennato sulla sinistra nella casa dei campioni d’Europa, era vero e proprio; nessun videogioco, nessun joystick che lo controllava da lontano. Gareth Bale da Cardiff e dal Galles, patria di un genio del pallone, Ryan Giggs, ha macinato più chilometri dei più famosi e titolati Maicon e Sneijder. Correva con l’entusiasmo che gli dettava nel petto giocate impossibili e con la baldanza di chi intuisce che per una volta il difficile ha il docile aspetto della cosa più facile al mondo come segnare tre gol quasi uguali nell’angolino sinistro di Julio Cesar, uno dei portieri più forti, mica il primo che passa. I Tifosi degli Hotspur, un tipo così lo adorano, loro che come proprio motto recitano: Audere est facere, cioè osare è fare. A San Siro Gareth ha osato e fatto nello stesso tempo. Quando in futuro, in un pub londinese si parlerà di lui, si scorreranno almanacchi di Champions e si vedrà che in una notte un piccolo ragazzo gallese fece impazzire la grande inter. Siamo anche convinti che quando i figli di Bale saranno abbastanza grandicelli per poter comprendere, Gareth, come una delle prime cose, racconterà che papà da giovane segnò tre gol all’Inter in una sola partita. Non importa che questa partita il Tottenham l’abbia persa e che magari sarà presto eliminato ma questa tripletta ha fatto e farà storia. La champions, gran galà del football, conferma il fascino, senza età, del calcio.

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