Questa volta, il Taccuino della Memoria, riporta l’attenzione su un fatto cantato nell’Iliade di Omero e quindi si tratta di storia che in realtà è, innanzitutto, mito anche se non propriamente leggenda. L’incontro tra Priamo e Achille è un incontro tra Oriente ed Occidente e, forse, può far riflettere su come ancor oggi continua quell’incontro che è pure confronto e scontro. C’è, in Priamo, la dolorosa constatazione della fine della vita del suo figlio migliore, di quell’Ettore, che pur conscio del possibile epilogo della lotta quasi stabilito dagli dei, combatte la sua battaglia nella speranza che i suoi sforzi possano essere coronati dal successo, difendere e salvare la patria! Dall’altra c’è un Achille, di per sé spietato nella sua consapevolezza di essere quasi immortale e conscio di voler avere un giorno da leone, di vivere la sua vita come una fiamma capace di brillare più intensamente di altre anche se per un tempo più breve. Questi due uomini si ritrovano di fronte: entrambi sconfitti dalla vita e dalla stessa persona che è infine responsabile dlela morte loro e di tanti altri eroi che, un tempo ed insieme, erano andati in Colchide per il vello d’oro. Muoiono entrambi uccisi da Paride che provocò la guerra dando a Agamennone l’occasione per avviare quel duello fra Occidente ed Oriente che si sarebbe concluso solo con la sconfitta di Serse. Eppure, in questo confronto che già lascia presagire l’epilogo, ecco i due protagonisti quasi gareggiare per conquistare la scena, ma è Priamo il più grande perché commuove l’animo di Achille e lo induce a quella pietà sconosciuta agli Argivi che saranno poi sconfitti dai Dori orgogliosi che mieteranno allori proprio a casa di quei Greci Antichi che avevano navigato, anch’essi pieni di sé, verso Ilio dalle alte mura! Priamo, che in gioventù era stato grande guerriero, qui mostra tutta la debolezza del padre al quale un Fato avverso ha sottratto il figlio adorato e la sua preghiera ad Achille ha nell’umiltà il tratto saliente che non sfugge al figlio di Peleo. Proprio lui che è maestro di orgoglio, di rigidezza e di inflessibilità, dinanzi al vecchio padre, inerme dinanzi alla sua forza, scopre una pietà inesplicabile e restituisce il corpo violato del suo nemico… Un’altra scena simile si ritrova altrove quando Giuda Ben Hur si trova dinanzi al corpo maciullato ed offeso di Messalla e riconosce di non veder nulla… Quello stesso nulla dinanzi agli occhi di Achille deve aver spalancato in lui una finestra dalla quale deve aver visto la sua stessa fine, nella caducità della vita umana degli eroi: fiaccole che bruciano nella notte con inusitata potenza. Più di duemila anni dopo, in una proiezione del futuribile, Philip K. Dick lascia che Tyrrell dica a Roy Batty: “Godi di bruciare come una fiaccola di inusitata forza…” Ma Achille, nel corpo di Ettore avrà intuito la visione di sé verso il Tartaro inglorioso e avrà pensato che su di lui neanche Peleo avrebbe potuto piangere e la pietà per quel padre che, invece, ha la possibilità di piangere il figlio, eroicamente, lo spinge al gesto magnanimo e riconsegna le spoglie su cui ha infierito per desiderio di vendetta più che per puro odio. Ancora una volta Omero lascia che le passioni violente cedano il passo ad un sentimento più composto. Ora, così come pure accadrà nella reggia di Itaca quando Odisseo avrà placato il suo furore sui Proci, ritorna la compostezza ed un velo di umanità spegne la rabbia nel cuore di Achille. Non solidarietà che mancava in quell’epoca di eroi contrapposti e neanche una pietas fatta di grandezza, ma piuttosto commozione di fronte alla grandezza del vecchio che si umilia dinanzi al più forte e che già, nei disegni del Fato, si avvia verso il buio della morte in un’epoca nella quale non si risorge, non ancora, non si può perché si è sotto lo sguardo dell’Olimpo fatto esso stesso di passioni… Nell’atto di Achille sta la sintesi della fine dell’Iliade che non potrà dire null’altro perché è questo il suo episodio più grande… Del cavallo e degli incubi della fine se ne incaricherà l’Odissea con uno stile più maturo ed anche sofferto!
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