La primavera splende di sole e
luce.
Ma non c’è pace nei passi che
nervosi si susseguono sui marciapiedi non ancora bollenti.
Il colore dell’anima è verde
bosco, bosco bagnato. E la pioggia continua a cadere, sui rivoli d’erba e sul
terreno sfaldato. Il verde incontra i preamboli del nero.
Cade, rimbalza e ricade.
Il cuore è contratto, stretto in
un pugno ferroso.
Verde e rame.
Ma sono solo striature di rame. Trascinate
dalla pioggia battente.
L’orizzonte è verde muffa, quel
verde che da colore dei prati a primavera è passato alla tonalità delle felci
autunnali, poi all’erba intrisa d’acqua, poi al colore della vegetazione
annegata in uno stagno.
Piove, perché piove dentro.
E la pioggia è così eccessiva,
impetuosa, esagerata che ogni cosa sembra esserne impregnata, i giornali nelle
edicole, gli abiti addosso, i volti sotto ai cappelli, persino la carta del
salumiere.
E mentre la pioggia cade , sempre
più eccessiva, impetuosa, esagerata, grosse gocce scivolano lungo le strade come palle
sul tavolo del biliardo, scontrandosi, urtandosi, unendosi per percorrere
insieme un tratto di strada, prima di riprendere le rispettive solitudini.
Piove. Ma non è pioggia che nutre,
che alimenta la terra, al contrario, è acqua nata dalle sofferenze, dalle
ingiustizie, dalle diseguaglianza, dalle menzogne e dall’egoismo.
Piove. Piove l’assenza d’amore,
l’assenza di solidarietà, di giustizia e di armonia. Piovono le lacrime del
cuore divelto da troppi colpi.
Piove, dietro il cielo che
splende di luce e sole.