“Ho visto il marito di Laura con Isabella.
No, non chiedermi nulla…boccaccia mia stai zitta…
Mmmh… proprio perché di te mi fido, ma mi raccomando, acqua in bocca…!”
“Tranquilla “rassicura Chiara, “non sono mica la rana dalla bocca larga”
Chiara cammina, raggiunge l’ufficio, si siede alla scrivania rimurginando, intanto fissa il telefono…poi lo impugna.
“Alice, non sai cosa mi ha raccontato Sonia….
E’ una notizia riservatissima, la confido solo a te perché conosco la tua discrezione e ho proprio necessità di sputare questo boccone…senti questa….Il marito di Laura con Isabella …erano avvinghiati davanti a casa di lei”
E da un confidente all’altro, mentre la promessa viene infranta e il segreto diviene di pubblico dominio, il fatto originario prende forma e si delinea, si plasma, sino a completare il cerchio tornando all’orecchio della prima persona che lo aveva divulgato, la quale è in vero un po’ risentita per non aver avuto l’esclusiva sui dettagli e risponde con aria altezzosa che certo, lei lo sapeva, figuriamoci.
Promettere, giurare, creare affidamenti negli altri, iniziamo da piccoli quando mettendo la mano sinistra sul cuore e alzando la destra dichiariamo che “parola di giovane marmotta…“ oppure di fronte a una nonna apprensiva che ci intima “se è vero giuralo su di me” noi scuotiamo un po’ la testa sentendoci presi in castagna…crescendo impariamo che è meglio svincolarci, ma poi incappiamo negli scivoloni, delle volte cediamo alla prosopea, come fosse un tendone di velluto rosso che incornicia i nostri aneddoti, ci sta così bene che è irrinunciabile, altre volte ci rendiamo conto che è giusto quel poco che manca per convincere, o infinocchiare l’interlocutore e anche lì…come sottrarsi …!
Anche la fedeltà alla patria si giura, anzi si proclama a squarciagola e all’unisono. A seconda degli ambienti e talvolta del canale sociale le promesse possono essere inquadrate con differenti terminologie: patti di sangue – in verità ormai desueti, per il pericolo delle malattie, chiaro – parola d’onore – anche questa in forte calo, per via della claudicante morale – appartenenze massoniche, confraternite religiose, vincoli di famiglia, in realtà tutto un po’ in declino, la consuetudine dominante è che le parole sono aria fritta. Quindi è meglio scrivere, soprattutto se si tratta … della Promessa! Lei, quella che unisce il sacro al profano, la materia con lo spirito, si, il matrimonio. Se all’inizio era sufficiente la presenza del detentore del potere sulle anime, preso atto della natura umana, scostante e un tantino beffarda, si è pensato di aggiungere anche un rappresentante del potere terreno, per garantire l’equilibrio delle pretese delle parti e tutelare dai disastri dell’impellente istinto, giacchè oltre a essere spinti con mirabile fervore a promettere mare e monti, con altrettanto compiaciuta convinzione decidiamo poi di mutare opinione, cosicchè il legislatore si è lasciato ispirare da principi semplici e fluidi come gli abiti delle vestali e ha compilato il codice civile.
Ma se al momento della celebrazione la frase di rito è:”Vuoi tu …fino a che morte non vi separi” – classiche esagerazioni umane – può poi arrivare il giorno in cui si invochi la morte pur di dividere quanto a suo tempo unito, rimpiangendo di non essere stati muti come una tomba e idealizzando il sospirato epitaffio.
Il grande spartiacque è tra la violazione di promesse che comportano solo un rimprovero morale e quelle che hanno conseguenze temute, quindi o economiche o anatemi sociali, o entrambe le cose. Come nel caso del marito di Laura con Isabella. Ma non entriamo in dettagli, è sempre meglio non conoscere segreti, non corriamo il rischio di infrangere promesse.
Tra tutte le promesse l’unica che vale per tutti è la morte.
Ci viene fatta nel momento stesso in cui nasciamo e nel frattempo, mentre cerchiamo di ingannare il promittente o noi stessi, speriamo di provare qualcosa che dia un senso alla nostra vita, oppure semplicemente attendiamo che succeda qualcosa, prima che sia troppo tardi.
Jacky.