Ti ho aspettato sulla poltrona. Dove mi sono poi svegliata nel cuore della notte. Perché la notte lei ce l’ha un cuore. Non so dire l’ora. Ma la bocca impastata quella sì te la so dire. Il bicchiere che tenevo in mano era a terra. Il vino versato sul tappeto. Vicino alla bottiglia vuota. Non so se il bicchiere, quando è caduto, fosse mezzo pieno o mezzo vuoto. A me è sempre sembrata la stessa cosa. Non puoi decidere niente. È semplicemente a quel modo. Contemporaneamente. Così come lo vedono tutti. Così come nessuno vuole ammettere che sia. Perché pare occorra scegliere tra l’ottimismo e il pessimismo. Come se l’opzione del realismo non fosse data. E certo lo so che è la più pericolosa. Perché non sono i pessimisti ad avere la peggio. A cadere in depressione. Quelli al massimo tirano avanti con qualche goccia di ansiolitico e poi fanno la loro vita normale. No. In depressione ci cadono quelle come me. Quelle che si innamorano e ci credono. Pur sapendo che non sono affatto rose quelle che fioriranno. E sapendo anche che non sono quelle delle spine le punte che faranno più male. Vedi come anche questa lettera la sto scrivendo per nessuno. Che nelle tue mani. Sotto ai tuoi occhi sarebbe carta straccia. Oppure un modo per farti arrampicare sugli specchi dell’ipocrisia. Uno spettacolo a cui non voglio assistere. È stata sempre chiara ogni tua nuova assenza nella stanza. Più chiara delle tue lunghe spiegazioni al telefono nei giorni come oggi. I giorni dopo. Quando mi spieghi i motivi e mi racconti la nevrosi di tua moglie. Non perché io sappia. Non perché io stia meglio e mi senta sicura del tuo affetto e del tuo amore. Solo per metterti il cuore in pace. Per metterci una toppa, come si suol dire, e avere la conferma dai miei capisco che anche la prossima volta aprirò le gambe in fretta. Che di tempo ne abbiamo sempre poco. Ed è così. Sarà così. Le aprirò in fretta che tu per scusarti mi chiami oggi o meno. Perché è da prima che accada che so come va questa storia. Che conosco il rischio a cui mi sono esposta. Che riesco a intravedere il momento del crollo. Quando mi troverai muta e sorda e muta. Quando qualcuno si dovrà prendere cura di me. Quando mi dovranno curare. E per ora è stato solo il momento di bere. Per farmi compagnia. Per il mio bisogno di consolazione. Che il bicchiere sta lì come sta per tutti. Anche per quelli che sorridono al sole. Mezzo pieno e mezzo vuoto. Contemporaneamente.
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Francesco, è bellissimo!
Grazie Laura