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Una volta le superstar della musica erano costrette ad apparire, crearsi un’immagine pubblica, asservirsi a un certo dettame prestabilito, alle dure regole dello showbiz solo quando raggiungevano un livello di popolarità che implicasse l’intervento di specialisti della comunicazione. Prima del successo ogni gruppo musicale portava avanti il proprio ideale, era consapevole della posizione e dimensione della propria musica e suonava nei limiti imposti dalla gavetta fino all’eventuale cambio di schemi e prospettive, divertendosi, facendo il tutto solo per passione. Per essere superstar e seguire le regole delle superstar dovevi essere una superstar, se venivi da Bumfuck-Iowa o da Santa Croce Bigolina-Veneto sapevi di aver meno esposizione e possibilità rispetto a una band di L.A o N.Y., non ti passava per la mente di fare un volantino bello ed elaborato come quello dei grandi gruppi per un’esibizione in un bar, ti preoccupavi della bontà delle tue canzoni del fatto che ci fosse birra e figa.
Oggi invece le band si fanno un immagine a tavolino per mettere le foto sul myspace, studiano i meccanismi di marketing, elaborano loghi per mesi e pensano a fare le magliette da vendere ai concerti prima di incidere un demo. Diventa vitale il ruolo di fotografo, stilista o consulente d’immagine per fare 20/30 minuti di live alla sagra della porchetta. Spesso l’amico sfigato viene investito del fondamentale ruolo di manager per sbrigare il lavoro sporco delle telefonate per gli ingaggi e l’aggiornamento del sito. Cosa potrà mai nascere di naturale, fresco, originale o anche solo nuovo da orde di annoiati adolescenti che si atteggiano a astri musicali? Come può maturare la genialità se i requisiti per raggiungerla si perdono nella frivolezza?Il problema è che oggi non conta la qualità, la musica può essere buona o no, l’importante e renderla raggiungibile, esporla come merce su una bancarella social-network-farsi porre a critica subito ed evolversi in base a quelle critiche, basarsi sui fittizi indici di gradimento anziché portare avanti un’idea con la calma delle band locali. Il gruppetto di amici che suona a livello locale deve saper fare qualcosa di grande solo a livello musicale, non multimediale. Le local band sono limitate spazialmente di azione e visibilità da fattori che potranno mutare in grande e in meglio solo presentando roba buona e originale e facendosi il mazzo per conoscere la gente giusta. fisicamente, non on-line, ma faccia a faccia, prima o dopo il concerto vero e proprio, con tutte le variabili del caso-sudore/accento/personalità-non con foto ben fatte, registrazioni e produzioni di alta qualità pagate dal paparino in attesa di registrazioni, magari peggiori, ma etichettate da una major.
La realtà è che i componenti di un gruppo non dovrebbero saper navigare in rete e mandare messaggini ammiccanti alla ragazzina emorincoglionita che spargerà lodevole voce, ma spersi cimentare su di un palco all’altalenante benvolere del pubblico, devono imparare a distinguere le serate alcoliche da vino e cicche da quelle da birra e canne, interpretare la propria interpretazione a seconda della situazione-imparare ad assecondare la freddezza catatonica di una platea che pensa ad altro con una perfomance precisa strumentalmente e lasciare il posto all’esibizionismo e l’incitamento a serate nelle quali la festa e la presenza scenica contano più di due accordi steccati. E’ assolutamente inutile invitare 5 amici e 10 sconosciuti a battere le mani a tempo ed è altrettanto inutile lamentarsi di una sbavatura dopo un concerto di fronte a un pubblico di pari età con la schifosa birra da mezzo in bicchiere di plastica in mano.
Allora invece che pagare Mtv-trl per avere la possibilità di un’esibizione sulla tv nazionale non è meglio trovarsi delle belle date dove per i gruppi la birra è gratis?