Arno Saar: Il treno per Tallinn (la prima indagine di Marko Kurismaa)

Copertina“Quando Marko alzò gli occhi dai fogli, il tram stava passando davanti al Viru Hotel, un tempo quartier generale del KGB, oggi quartier generale delle armate di businessmen stranieri che calavano in città alla conquista del mercato estone. […] l’ospedale provinciale si trovava incastrato dietro a un paio di isolati, lungo la Liivalaia, che sembravano non essersi accorti del crollo dell’URSS. Più in là, verso la ferrovia, le superfici a specchio dell’enorme palazzo della Swedbank non lasciavano dubbi circa l’assoluto trionfo del capitalismo, ma lì, in quella specie di gorgo spazio-temporale, regnavano ancora le facciate grigie dei falansteri in cemento, piatte, senza balconi o decorazioni, ostinatamente razionaliste. Regnavano i magazzini austeri, privi di insegne, con le vetrine impolverate a mostrare uno sparuto campionario di abiti o di oggetti non esposti, ma semplicemente messi lì, in attesa di tornare di moda”(1).

Estonia, oggi.
Quando il treno GoRail 810 proveniente da San Pietroburgo arriva alla stazione di Tallinn, Igor Semenov, l’uomo d’affari “corpulento, sulla sessantina”, che giace in fondo al vagone come addormentato, “con gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta”(Ivi, p.9), e una bottiglia di liquore vuota abbandonata sul sedile, è già morto.
A scoprirlo è il controllore del turno di notte, e le indagini scattano subito, perché la morte di un uomo d’affari russo su un treno in corsa tra la Russia e l’Estonia rischia di trasformarsi in un bel vespaio -anche perché l’uomo d’affari in questione risulta essere deceduto per cause tutt’altro che naturali- ma per fortuna la polizia di Tallin può contare sul commissario Kursimaa, che a dispetto di tutti i suoi conti in sospeso con i russi sa come muoversi.
Alle volte, però, il tatto e l’esperienza non bastano, soprattutto se per arrivare in fondo alla faccenda bisogna fare i conti col passato e vedersela con i vecchi dominatori, rimestando tra le pagine più scure della storia del proprio paese.
Chi ha avvelenato Igor Semenov, e perché? E cosa c’entrano le vecchie conoscenze di Kurismaa con la morte di un “innocuo” uomo d’affari russo?

La molla di questo poliziesco scritto da un italiano(2) che strizza l’occhio ai gialli nordici e si firma con un nome estone, ma che sembra aver imparato il mestiere da un belga; di questo romanzo che pare promettere puro intrattenimento -rimandando fin dalla veste grafica ai classici del Giallo Mondadori- ma che poi finisce per regalarci ben di più, pare essere la memoria storica e linguistica: accantonato l’innesco classico, il testo procede infatti attraverso la messa in scena di una serie di opposizioni tra il passato e il presente, il “prima” e il “dopo” la fine dell’Unione Sovietica e la ritrovata indipendenza estone (1991); opposizioni in gioco nell’urbanistica, nell’architettura, nella lingua, e via così fino ai complementi d’arredo e l’oggettistica (le merci esposte nelle vetrine come reperti di ciò che è stato e che forse potrebbe tornare ad essere); contrasti che in buona misura hanno segnato e ancora segnano l’esistenza dei personaggi principali, a partire proprio da Kurismaa(3).

L’idea è tutt’altro che nuova, ma sempre lodevole: servirsi della forma iper-codificata del giallo per raccontare dell’altro, un di più -in questo caso la fine della dominazione sovietica, con tutte le sue brutture, la voglia e la difficoltà di ricostruire un’identità nazionale, la nuova realtà delle vecchie repubbliche sovietiche ecc.- che spesso sfugge alla forma reportage, o che comunque stenta a raggiungere il grande pubblico; ma quello che è interessante, qui, è il modo in cui Saar -che dimostra di conoscere a menadito i cliché del genere poliziesco, e di padroneggiarli con grande maestria, calcando senza incertezze la linea sottile che separa confortante ripetizione, lavoro nei canoni e necessario rinnovamento- riesce a conciliare l’avvio classico, che rimanda al modello “delitto della camera chiusa”, e anzi al sottogenere “antico” del “delitto in treno”, con l’ottica e il portato moderno del poliziesco di svelamento, capace di insinuare dubbi e promuovere un atteggiamento non già complottista, ma giustamente scettico nei confronti delle ricostruzioni di comodo e delle versioni ufficiali.

Si aggiunga a questo il passo simenoniano della narrazione, la bella e solida costruzione della trama, l’eccezionalità delle ambientazioni(4), l’ottima definizione dei personaggi(5), la patina di mistero legata alla pubblicazione dietro pseudonimo (6), e si otterrà un’idea di massima di Il treno per Tallinn, senza dubbio uno dei polizieschi dell’anno.

Il treno per Tallinn, di Arno Saar, è edito da Mondadori.

(1)Arno Saar, Il treno per Tallinn, Mondadori, Milano 2016, pp. 21 sgg.
(2)Come ci avvisa (chissà perché) l’editore, dietro lo pseudonimo di Arno Saar si nasconde un importante scrittore italiano.
(3)Nato da un professore dell’università di Tartu (quella della mitica scuola di semiotica di Jurij Lotman) finito in disgrazia, ed ex promettente sciatore, Kurismaa è un po’ figlio ribelle e un po’ vittima predestinata della dominazione sovietica.
(4)Apparentemente curatissime (o almeno così mi pare di poter dire – purtroppo non conosco l’estonia) e rese qua e là con tocchi di felice lirismo che spezza la ricercata linearità dello stile.
(5)A partire dal protagonista, al quale l’autore si è dedicato con tutta la cura di chi ha intenzione di dare il via a una serie di romanzi e sa come programmare la cosa (il personaggio pare già perfettamente caratterizzato con i suoi gusti, le sue inclinazioni, il suo passato, le sue idiosincrasie…); d’altra parte, come avvisa il sottotitolo Il treno per Tallinn è solo la prima inchiesta di Kurismaa…
(6)Chi sarà mai questo Saar? Dal testo pare di poter dedurre che abbia una certa confidenza con l’Estonia, e che questo romanzo non sia semplicemente frutto di un’accorta documentazione; che sia un amante dello sci di fondo; che sia un assiduo frequentatore del poliziesco in generale e di Simenon in particolare; che per qualche motivo gli sia (recentemente?!?) capitato di risvegliarsi in ospedale; che abbia superato la quarantina.

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