venerdì 29 ottobre 2010

Una vacanza da supereroi!

Posted by beabuozzi On August - 11 - 2010 ADD COMMENTS

Fumetti, comics e eroi dei baloon siete avvisati: le vacanze sono iniziate e, voi, più di noi comuni mortali avete bisogno di rifocillarvi con calma avvalendovi comunque dei superpoteri. E, allora, pronta per voi una mappatura al laser di tutti gli hotel in cui potreste  sentirvi a casa.

Nell’oscurità…come piacerebbe a Batman

Seven Hotel, Parigi, Francia

Nell’oscurità del cuore della notte non ci sono molti hotel nel mondo capaci di brillare così. Il Seven Hotel, esclusivo hotel a Parigi, vi sorprenderà, e di certo sarebbe il preferito di Batman per i suoi colori scuri e lo stile barocco. Le camere hanno luci speciali sul soffitto che creano un’atmosfera particolare. Per sentirsi come Batman, Hotels.com suggerisce di organizzare le vostre vacanze in questo hotel che sembra creato sull’immagine del supereroe della notte.

Per chi desidera spazi ampi e appartati…come Hulk

Ariau Amazon Towers Hotel, Manaus, Brasile

Chi sta cercando grandi spazi e natura incontaminata lontano dagli sguardi curiosi delle persone, come succede all’Incredibile Hulk, potrebbe pensare ad un soggiorno all’hotel Ariau Amazon Towers, a Manaus, in Brasile. La struttura si trova vicino al mare ed è circondata dalla foresta amazzonica, e vi permetterà di allenare i muscoli, come Hulk, senza essere visti da occhi indiscreti.

Per sciogliere…anche l’Uomo Ghiaccio

Hôtel de Glace, Sainte Catherine, Canada

L’Hotel de Glace in Canada, a Sainte Catherine, sarebbe la scelta preferita dall’Uomo Ghiaccio e di chi vorrebbe provare a vivere come lui. L’hotel è adatto solo a persone che resistono alle basse temperature perché è costituito interamente di ghiaccio. Inoltre, il design e l’architettura vi faranno sentire come se foste al Polo Nord. Le stanze sono fornite di caminetto e luci blu, che creano atmosfere uniche. Godetevi questo hotel, ma non dimenticate sciarpa e guanti!

Tra le nuvole…come Superman

Hotel Arts Barcelona, Barcellona, Spagna

Per osservare il brulichio di una città dall’alto e osservare i movimenti dei suoi abitanti, sentendosi un po’ come Superman, Hotels.com suggerisce di soggiornare all’ Art Hotel di Barcellona, uno degli edifici più alti della città. Se Superman fosse qui e avesse l’impulso irresistibile di volare, dovrebbe soltanto salire all’ultimo piano e fare un salto, perché sembra di essere più vicino al cielo che alla terra. L’Art Hotel di Barcellona offre un soggiorno fantastico per i suoi servizi, la splendida visuale e la posizione invidiabile.

Trasgressivo e sexy…come Catwoman

One by the Five, Parigi, Francia

Curve sinuose e una forte personalità caratterizzano il boutique hotel One by the Five di Parigi, proprio come la mitica eroina dei fumetti Catwoman. Lei non avrebbe dubbi sulla scelta. L’hotel si trova nel cuore del quartiere latino. Basta attraversare la hall per sentirsi in un’altra dimensione, circondati da un arredamento in stile gotico e dark, studiato nei minimi dettagli.

Ovviamente, se volete sentirvi anche voi come eroi della Marvel, non resta che alzare la cornetta e prenotare. O basta la telepatia?

Ritratto di signora: Peggy Guggenheim

Posted by beabuozzi On July - 8 - 2010 2 COMMENTS
Venezia è intrisa di un’aura particolare. Luogo di ritrovo di artisti, ha ospitato l’ultimo scampolo dell’esistenza di una gentildonna eccentrica e “quasi” veneziana. Vera mecenate che ha fatto dell’Arte la sua ragione di vita
“Ogni ora del giorno è un miracolo di luce. D’estate all’alba il sole che sorge produce sull’acqua un effetto magico così delicato che quasi ti spezza il cuore. Col passare delle ore la luce diventa sempre più viola finché avvolge la città in una nebbia diamantina. Poi comincia lentamente a calare, nel magico tramonto, il capolavoro del giorno”.
(Peggy Guggenheim, Una Vita per l’Arte)

Luogo onirico, Venezia. Sospesa sul labile confine tra realtà e finzione. Struggente, appagante, melanconica. Epifania d’arte classica e per questo da sempre ricettacolo di bohémiens alla ricerca di un’identità.
Ogni volta che la raggiungo a bordo del chiassoso vaporetto mi emoziono. Non fa eccezione questa giornata di Febbraio. Lei riposa, sovrana della laguna e del lento fluire delle sue acque. Il freddo è pungente; gli unici a non atterrirsi sembrano essere i piccioni che invece di fuggire riluttanti al roco ribollire del ferry si avvicinano numerosi. Eppure oggi non scenderà da questo Mayflower d’acciaio nessun turista nipponico con macchina digitale e cibo compreso d’ordinanza.
Silenziosa e intima sarà oggi Venezia. Pronta ad accompagnarmi in un viaggio a ritroso nel tempo sulle orme di una donna eccentrica che sulla riva destra del Canal Grande, fra il ponte dell’Accademia e Santa Maria della Salute, ha voluto spendere gli ultimi anni della sua vita. Di un’esistenza controcorrente votata all’arte: sua croce e delizia come gli artisti che dai lei dipendevano. In tutto e per tutto.

La collezione è il collezionista

“Senza una collezione, il collezionista cessa di esistere”, diceva Peggy Guggenheim, nipote d’arte. Basti pensare all’imponente collezione newyorkese ospitata nel sacello di Frank Llyod Wright al numero 1071 della Fifth Avenue, sarcasticamente paragonato, dall’arguta Peggy, a un “claustrofobico garage”. O al Guggenheim di Bilbao che si estende su una superficie di trentaduemila e cinquecento metri quadrati. A quello di Berlino o all’Hermitage di Las Vegas. Imponenti realizzazioni architettoniche che accolgono strutturate raccolte di pezzi straordinari.
La collezione veneziana è tutta diversa: piccola, accogliente, proposta nella cornice domestica di un palazzo settecentesco che sorge a Venezia, appunto, non lontano da dove il Canal Grande sbocca nel canale di San Marco. L’amore della Guggenheim per la città lacustre nasce da un viaggio, una sorta di educazione sentimentale, compiuto in giovane età: sarà quella l’occasione per vedere, nella vociante realtà veneziana, la risposta al caos delle metropoli americane. Nel meraviglioso palazzo sulla riva destra del Canal grande si fermerà la corsa dell’americana errante alla ricerca di un’identità che il sangue giudeo delle sue vene reclamava.

Ebrea errante

Peggy a Venezia nel 1949
Amante degli uomini e della dolce vita, Peggy, dopo un amore bruciato con la tentacolare Grande Mela e un approccio fugace con la Ville Lumière, approda a Venezia nel 1946. A quei tempi la collezione era già completa. Questo perché la posizione di Peggy Guggenheim, nella storia del collezionismo, si basa su due periodi brevi di intensi acquisti: dal 1938 al 1940 tra Inghilterra e Francia e dal 1941 al 1946 in America. Già allora aveva scoperto dove si riuniva la conventicola degli artisti veneziani. Sede dei loro incontri era il ristorante all’Angelo in Calle Larga San Marco. Lì si delineò nella mente della Guggenheim, in modo sempre più vivido, il desiderio di portare la sua collezione a Venezia. Solo che per fare questo era necessaria una cornice adeguata. Tornò a Venezia nel 1947 quando riprese la ricerca di un posto dove andare a vivere, mobilitando quante più persone possibili: dai camerieri alle contesse, che perplesse, utilizzavano i salotti per la pratica del passaparola. Affittò così l’ultimo piano di una residenza signorile sul Canal Grande. Si trattava di Palazzo Barbaro: dirimpettaio di quella che sarebbe, di lì a poco, diventata per sempre la sua dimora.

Il Palazzo dei Leoni

Fu il 1948 a portare fortuna alla collezionista. Fama e notorietà sopraggiunsero al termine della XXIV edizione della Biennale, l’esposizione internazionale di arte contemporanea, cui lei partecipò con una raccolta di oltre centotrenta pezzi. Con il finire di questa, si prospettò a Peggy l’ipotesi di acquistare la residenza da qualche tempo vagheggiata: il Palazzo Venier dei Leoni.
Denominato dai veneziani come il palazzo “non finito”, fu iniziato nel 1748 su progetto dell’architetto Lorenzo Boschetti, il cui unico altro edificio a Venezia è la chiesa di San Barnaba. Molteplici sono le leggende che gravitano intorno alla sua incompiutezza: una mancanza tempestiva di denaro oppure la “longa manus” della famiglia Corner (proprietaria del palazzo di fronte) che non avrebbe gradito l’edificazione di un edificio più maestoso del loro. Ancora più rocambolesche sono le ipotesi volte a spiegare perché il palazzo sia stato associato ai leoni: sebbene si narri che nel giardino veniva una volta tenuto un leone, è più probabile che il nome derivi dalle teste di leone in pietra d’Istria che decorano la facciata a livello d’acqua.

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