Certi eventi sembrano incredibili finchè non li vedi con i tuoi occhi. Ne senti parlare, leggi le cronache dei giornali, ma quando davanti ti compare una giovane ragazza con un occhio nero non puoi rimanere indifferente. Sì meravigliata, forse incredula, dici a te stessa “no, non può essere quello…forse ha sbattutto da qualche parte” ma in realtà dentro stai bollendo. E poi, la osservi, attendi il momento giusto per capire. Qualcuno potrebbe ritenermi invadente, potrebbe dirmi di farmi i fatti miei, però non è questo. Non è curiosità, è vicinanza, è voler dare un aiuto, un conforto come si fa con le persone a noi care, con gli amici. Senza giudicare. Solo ascoltare. Offrire il proprio aiuto se richiesto.
La chiamerò Irina anche se non è il suo vero nome e sua sorella voglio chiamarla Svetlena. Sono di origine albanese e vivono in Italia da diversi anni. Vivono all’interno di una famiglia numerosa: due genitori, cinque sorelle e un fratello. Svetlena è la sorella più grande, colei che ha rinunciato agli studi portando avanti l’attività di famiglia per far studiare le sue sorelle e i suoi fratelli.
“Vorrei andarmene di casa, vivere da sola ma non posso” se ne esce con questa frase nel pieno del suo lavoro e continua “…non posso lasciare sola mia madre e le mie sorelle perchè mio padre è violento”.
Da lì ho avuto conferma di quella macchia nera violacea che avevo visto nell’occhio di sua sorella Irina, la volta precedente. Suo papà le aveva fatto un occhio nero in uno dei suoi tanti momenti di ira, di violenza assurda affogata nell’alcool. Svetlena tenta di spiegare che suo papà è diventato violento quando il suo ultimo fratello si è ammalato di tumore ed è morto. Prima non era così. Poi aggiunge “è mio padre ma nulla giustifica questa violenza”. Svetlena ha detto più volte a sua mamma di mandarlo fuori di casa ma lei non vuole e capirete presto il perchè.
Ho incontrato nuovamente Svetlena, questa volta in compagnia di sua madre. Una donna esile di corporatura, con un volto segnato dal tempo, dal sole e chissà cos’altro. Durante il suo lavoro ha lamentato più volte dolori alle costole e alla schiena mentre parlava di suo marito come di un uomo meraviglioso, buono, lavoratore. In quel lasso di tempo ha elencato tutto ciò che di buono ha fatto suo marito. Quello stesso marito che la picchia, quello stesso marito che colpisce la propria figlia causandole un occhio nero e chissà cos’altro. Chissà cos’altro? E chissà quanto vorranno attendere prima di ribellarsi, di avere il coraggio di denunciare, di buttarlo fuori di casa o di farlo aiutare da qualcuno?
Quel viso, quella macchia nera violacea sono ancora qui davanti ai miei occhi. Non posso dimenticare Irina, quella ragazza di 14 anni che la sorella si porta dietro durante il lavoro sia come un aiuto, sia per sottrarla ad un padre violento, che non esiterebbe a colpirla nuovamente.
Un solo sorriso ho visto nel suo volto ed è stato quando la mia cagnolina si è avvicinata a lei che non ha esitato ad accarezzarla. Ad Irina piacciono gli animali, ha un cane che ha sottratto a dei padroni che lo trattavano male. Un segno del destino, una storia che si ripete, augurandomi che la sua storia abbia un lieto fine come per il cane.
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