Doppio spettacolo ha qualcosa di speciale. È, prima di ogni altra cosa, un atto d’amore. Per la Narrativa Popolare, scritta e filmata al tempo stesso. Un’immersione in un mondo di fantasie ed emozioni che, erroneamente, si vorrebbero legate a un altro tempo, ad altre formule commerciali. Roba da articoli per fanzine. Io, invece, che di quel ricchissimo serbatoio di avventure e intrecci ho fatto la mia base di partenza per poter scrivere (e con qualche buon riscontro, aggiungo presuntuosamente!), sono ancora convinto che non sia un mondo morto e sepolto dietro la polvere dei ricordi, ficcato in un angolo della memoria, pronto per essere recuperato in occasione di qualche ‘operazione nostalgia’. Questa, di certo, c’è, ed è una componente, come per tutte le passioni, che alimenta il sogno e la fantasia.Cambiano i tempi, le formule editoriali, le mode.
Una bella storia, avvincente, ritmata, comprensibile a tutti, però, resta sempre un piccolo tesoro da conservare con cura.Chi segue il mio lavoro, sui libri, negli articoli, nei saggi e nei corsi di scrittura, sa che ho sposato proprio questa Narrativa Popolare in tutti i suoi generi, passando spesso dall’uno all’altro, con la spavalda sicurezza di potercela fare.Sono sfide che un narratore deve accettare, anche se, al momento, il vento tira verso un’altra direzione.Così nasce l’idea di raccontare due storie di media lunghezza, quelle che si definirebbero ‘novelettes’, del genere che un tempo trovava posto nei cosiddetti pulp, termine che, grazie a un’indovinata intuizione cinematografica, è finito un po’(spesso a sproposito) sulle bocche di tutti.
Un libro d’ispirazione americana?Be’, certo, ammettiamo che gran parte delle nostre fantasie avventurose sono fortemente a stelle e strisce, ma sempre la creatività italiana è riuscita a dare un tocco personale, differente che, in alcuni casi illustri, è diventato famoso nel mondo.
In altri no, ma che importa? Dobbiamo essere fieri della nostra produzione, abbia guadagnato o meno premi internazionali. Da Salgari ai fumetti a larga diffusione, dai fotoromanzi, ai filoni ‘spaghetti’ ne abbiamo provate di tutte. Non solo io. Decine e decine di autori prima di me. Negli anni ’60 e anche dopo. Nei romanzetti firmati con gli pseudonimi, in tanti film coprodotti con Francia e Germania nei quali si andava dalle giungle, alle città spionistiche, dal western alle magioni gotiche.
Però è ineludibile un richiamo al cinema perché, forse non al principio (l’epoca d’oro dei pulp fu a inizio secolo) ma sicuramente dopo gli anni ’60, questo tipo di narrativa, veloce, capace di soddisfare il gusto del pubblico è sempre stata legatissima al cinema.A quello che si trovava anche in Italia ma che fu famoso (e in tantissimi film ‘seri’ viene citato) come quello della 42° Strada. Il cinema Grindhouse che Tarantino e Rodriguez hanno recuperato in maniera così efficace in un’opera che non è arrivata mai (se non in dvd) agli spettatori nella sua versione originale, con quel misto di cialtroneria ed entusiasmo che i signori del marketing non hanno capito e hanno dovuto spezzettare rendendola incomprensibile per il pubblico. Che invece, io credo, avrebbe compreso.
La tradizione del ‘doppio spettacolo’ è stata uno dei capisaldi del cinema indipendente. Pellicole che raramente superavano gli 80 minuti, realizzate al risparmio ma con abilità. Storie che ci piacere recuperare e abbinare a tante raccontate solo sulla carta. Da questo connubio nasce il libro che avete appena acquistato.
Immaginate di avere una serata libera, di quelle estive, quando la moglie è in vacanza e gli amici sono via. Quando fa caldo e le strade sono vuote. E lì, all’angolo di quella via, che magari non è a New York ma nella vostra città, vi si offre con un unico biglietto una sola emozione. Due storie che, per intenzione e combinazione, si sviluppano nel giro di un’ottantina di pagine, corrispondenti ai fatidici ottanta minuti di proiezione. Storie che ti prendono subito, perché tempo da sprecare non ce n’è.E voi, acquistato il biglietto, potete sedervi sulla poltrona con pop-corn e bibita e lasciarvi trasportare in mondi differenti.
Le due storie che ho scelto di raccontarvi appartengono a generi differenti, nei quali non mi ero mai cimentato. Questo non significa che non avessi desiderio di farlo. Erano lì in attesa di trovare l’occasione. Ed è arrivata con questo libro. Hanno entrambe un ritmo cinematografico e, spero, siano raccontate con quella visionarietà che ha sempre stimolato le mie produzioni. Di qui la scelta di numerare le scene facendone dei capitoli, come se fosse una sceneggiatura. Il testo, invece, è prosa, quella a cui vi ho abituato nelle mie altre produzioni. La prosa del Pulp. Essenziale ma non sciatta. Attenta alle descrizioni quando servono, con personaggi che si definiscono per ciò che fanno e dicono. Il resto sta allo spettatore, intuirlo e immaginarlo. Non vi capitava da ragazzi di rivivere con la fantasia film, fumetti e romanzi, cambiandoli, arricchendoli con qualcosa di vostro? A me sempre. Forse l’idea e lo stimolo per cominciare a scrivere, per me, sono nati così.Obscura Legio – bastardi di Roma, per la verità, ha già avuto una fortunata edizione in ebook per un editore che ormai è scomparso. Molti mi avevano chiesto di riprenderla in cartaceo. L’ho riletta cambiando quel poco che dovevo, ma è essenzialmente come l’avevo immaginata la prima volta. Un fantasy del genere Sword & Sorcery con un protagonista forte selvaggio, howardiano direi se non temessi di sollevare polemiche tra i cultori di un celeberrimo personaggio. Invece oso portarlo in un ambito più vicino a noi, mescolandolo con il sangue, il sesso e la sabbia di serie come Spartacus, ma calandolo in una realtà storica precisa, le guerre galliche. Ma, come in ogni vicenda di questo tipo, presto entrano in scena magie e sortilegi dei quali i libri di storia non parlano mai. Le superstizioni erano parte della vita delle popolazioni barbariche e di quelle cosiddette ‘civilizzate’. Quindi Jorgas il gladiatore cartaginese e la sua legione maledetta sin da principio affrontano duelli cruenti e fenomeni che vanno al di là della comprensione. Leggende e avventure, s’intrecciano a volte con crudezza ma sempre con l’entusiasmo di essere raccontate. Avrà un seguito? L’intenzione c’è, e dipenderà anche dal vostro entusiasmo e dalla risposta che darete alla mia sfida.
Agguato a Skeleton Pass, invece, è un’altra cosa. Prima di tutto è un western. Quella che un tempo veniva definita l’epopea di ‘cavalli e polvere’ è una delle mie primissime passioni avventurose. Negli anni ’60 la produzione destinata ai ragazzi era essenzialmente western, nei romanzi, nei film, nei fumetti. E credo che la grammatica narrativa con cui mi sono formato ne sia ampiamente stata influenzata. Anche se, con il passare del tempo, è venuto il western maggiorenne, quello del crepuscolo e anche quello della verità che, come disse John Ford in L’uomo che uccise Liberty Valance, cede sempre di fronte alla leggenda. Scrivere o raccontare il West oggi non è riprodurre un’epoca storica di cui ormai si sa quasi tutto. È affondare a piene mani nel Mito e riproporlo con gli occhi da bambini con cui l’abbiamo conosciuto. Ricordate quell’emblematica scena di Per qualche dollaro in più, con i ragazzini che osservano il confronto tra Eastwood e Van Cleef come fossero a uno spettacolo? Così è stato per me. Il mio western nasce da tutti quei film, dai fumetti, dai romanzi che si trovavano in edicola con la copertina verde e proponevano fotografie in quarta come a sottolineare il legame con il Grande Schermo.
È il mio West, quello del Sud-ovest, delle grandi distese desertiche al confine con il Messico, con la cavalleria e gli apaches. Come nel caso di Obscura Legio ho cercato di documentarmi, di essere fedele nei dettagli per dare verosimiglianza a una storia che, però, è frutto di fantasia, nasce da una visione. Dal progetto di un film che avrei voluto girare e non ho mai avuto né mezzi né opportunità di realizzare.
A dirla tutta anche scriverlo non è stato facile. Malgrado alcuni tentativi giovanili, non ho mai scritto veramente dei western a parte un paio di racconti che accentuavano più l’aspetto weird rispetto a questa storia. Che un po’ è nata per essere un western–horror ma, alla fine, è diventata un western militare con qualche sfumatura inquietante. Sono anni che ci provo. All’inizio dell’estate, magari in un periodo in cui non ho molto da fare, mi metto a scrivere. E poi lascio lì. Ed è sempre la stessa storia con qualche variante. Mi fermo perché mi chiedo se mai potrò pubblicarla, se c’è posto per un racconto western nel panorama editoriale italiano. E invece, con questo progetto, ce l’ho fatta. Sono arrivato alla fine della pista. Con grande soddisfazione, devo dire. Troverete il racconto, per alcuni versi, un po’ differente nel tono dal precedente. Questo perché i modelli sono romanzi e film degli anni Cinquanta nei quali l’idea del westerner era più cavalleresca che nelle storie più moderne. È anche questo un dettaglio di uno spettacolo variegato. Doppio come doppie, spero, saranno le emozioni e gli stimoli che vi trasmetterà. Unico denominatore, il divertimento.
Buona visione, o, forse, buona lettura.
Fate voi.
P.S. Il vero appassionato di cinema d’intrattenimento non lascia mai la sala se non quando le luci si riaccendono e le maschere provvedono a sgomberarla da cartacce e bottigliette lasciate tra i sedili. Sa che, spesso, dopo i titoli di coda qualche sorpresa c’è. Fatelo anche voi. Godetevi il Doppio Spettacolo e poi… be’, scopritelo da voi.
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