Una serie di approfondimenti offerti dal Professionista e validi in ogni occasione Reggicalze, bustini, velette e culotte. Il cinema attinge dall’Immaginario erotico per solleticare il pubblico. Il segreto sta, però, nel contenuto e nei modi quanto negli accessori. L’erotismo parte dalla testa. Anche al cinema.
Al cuore, Ramon, devi mirare al cuore…
Passano gli anni, ma la sequenza di riferimento della seduzione cinematografica, tra pizzi, veli e guêpière, resta lo spogliarello di Sofia Loren in Ieri, Oggi, Domani di
Vittorio De Sica. Ed è proprio da tale sequenza che voglio cominciare questo piccolo viaggio negli strumenti di seduzione che il cinema ha così abilmente utilizzato per valorizzare storie e personaggi, materializzando i sogni peccaminosi degli spettatori. L’intimo, sia esso pizzo raffinato o più ruvida corazza di borchie e cuoio, è, da sempre, un fattore scatenante del desiderio. Non sempre e non necessariamente maschile. Di fatto, nel film citato, l’abbigliamento della Loren è studiato con gran cura per stimolare il ‘prurito’ dello spettatore dell’epoca. Volano via una vestaglietta, le calze e ci si ferma al bustino. L’efficacia della sequenza risiede nella sensualità prorompente dell’interprete, nei movimenti, e persino nella reazione dell’eccitato Mastorianni. In breve, la regia e gli interpreti danno energia agli indumenti che, da soli, avrebbero ben poca forza. In quanti film abbiamo visto simili o uguali accessori, ma senza passione, senza sentimento? L’erotismo nasce dalla mente, da ciò che il desiderio prefigura ancor prima di vedere. Christophe Gans (regista d’oltralpe autore, tra l’altro, di Il patto dei lupi che rivela, nella versione integrale, magnifiche immagini di Monica Bellucci fasciata da pizzi settecenteschi di sicura efficacia) raccontava che “A volte penso che il cinema sia un’invenzione degli uomini che l’hanno creato per poter guardare e filmare le donne a loro piacimento”. Parlava di Joko Shimada, attrice giapponese nota per lo scandalo suscitato con Shogun per essere apparsa a seno nudo, circostanza rara nel suo pase, nel film Crying Freeman. La sequenza in questione era castissima. L’attrice attraversava una stanza con un elegante kimono. Eppure, l’occhio della telecamera riusciva a darne un’immagine molto più eccitante rispetto a una scena poco successiva che mostrava un amplesso più che esplicito. L’abito, l’accessorio sono importanti, ma sono parte del racconto cinematografico. Contano per ciò che evocano, non tanto per quello che sono in realtà. È questo che distingue l’erotismo, che è carne ma anche cervello, dalla pornografia. Ricordo un film hard core degli anni ’90 di Marc Dorcel con Carolyn Monroe (!!!!). Una lunga (e alla fine noiosa) inquadratura ginecologica mostrava il bordo di una calza firmato Dior. Dettaglio inutile, giacché tutta l’attenzione era sull’atto nudo e crudo. Se le calze fossero state “smarcate” non l’avrebbe notato nessuno. Tornando al cinema “vero”, anche se d’intrattenimento, mi piace citare una scena da I miei primi quarant’anni dei fratelli Vanzina. Film del 1987 con Carol Alt nei panni di Marina Ripa di Meana. Uno dei frammenti più indovinati mostrava la Alt nuda, di spalle, vestita solo di una lunghissima catena d’oro. Strumento di seduzione e abito prezioso capace di imprigionare letteralmente Elliot Gould. E che dire della famosa pubblicità del Martini con Charlize Theron che s’allontanava sfilacciando il vestito di maglina impigliato in un gancio? L’abbigliamento scelto con cura al servizio dell’interprete e della mise en scène, per accendere la passione di chi guarda. Il cinefilo è un voyeur. Minigonne, string, calze e sandali dai tacchi vertiginosi sono le armi del cinema erotico corrispondenti alle pistole dei film d’azione. Il costume intero di sottile tessuto bianco, trasparente all’acqua, che Ornella Muti indossa in La stanza del vescovo di Dino Risi per provocare Patrick Deware è l’equivalente della pistola costruita pezzo per pezzo da Eli Wallach in Il Buono, il Brutto, il Cattivo di Leone. Dettagli che allo spettatore non sfuggono mai.
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Gran bel pezzo, le donne nel Professionista sono sempre belle e fatali, pericolose, a volte cattive, ma mai volgari.
Anche quando sono delle vere infami, hanno sempre una gran carica sensuale, che il Professionista e noi apprezzaziamo.
mi sembrava giusto dedicare qualche pezzo agli strumenti dell’erotismo con riferimento al nostro cinema. seguiranno altri approfondimenti alternati alle novità sul Professionista
… Ci piacciono molto! Gli approfondimenti… e le donne del Professionista! 🙂
grande….