Tutto il nero dei cavalieri blu

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Antoine Fuqua si è creato una solida fama di regista d’azione con Replacement Killers , L’Ultima alba,  King Arthur e The Shooter ma   anche dimostratori saper gestire storie nere senza dover ricorrere continuamente a botte spari e mazzulate, vedi Training Day. Nelle varie correnti del nero ce n’è una legata alle storie di poliziotti alla deriva, corrotti e in cerca di redenzione che affonda le sue radici nei romanzi di Wambaugh, nei primi Ellroy arrivando ai telefilm di the Shield ma traghettando agevolmente in storie come Cruising, Affari sporchi al cinema. Sono le vicende dei  ‘cavalieri blu’, gli agenti in uniforme impegnati sulle strade stressati dall’ambiente criminale, vittime di tentazioni e dell’abitudine alla violenza. Storie di matrimoni falliti, di alcolismo di violenza inflitta soprattutto a se stessi. Un nero che spesso esplode in attimi d’azione violenta ma si consuma nella psicologia del gruppo. Il codice del silenzio di un discreto  film di Andy Davis e delle regole che condannano Serpico nel romanzo e nel film interpretato da Al Pacino. Un filone che qui in Italia trova pochissimi se non nessuno che lo pratichi . Di corruzione, di disperazione vera (non i drammi da fotoromanzo dei vari Distretti di Polizia e Ris) nessuno può parlare. In un paese dove la cosiddetta intellighenzia è sempre pronta a dar contro al poliziotto accusandolo di ogni abuso, nessuno osa scrivere o filmare situazioni del genere. Come se tracciare un ritratto impietoso dei ‘ principi della città’ volesse dire prendersela con l’istituzione che è quella che è ma (spero) cerca di fare il proprio lavoro come meglio può o gli riesce. Non esiste capacità di distinzione tra la fiction e la realtà. E già questo mi pare grave. Con piacere vedo film come questo Brooklyn’s Finest che mette in scena tre agenti ‘marci’ per ragioni differenti. Non per questo penso che il NYPD sia più corrotto o corrotto di qualsiasi altro distretto di polizia del mondo. Sono storie di uomini. Estremamente ben raccontate secondo un canovaccio che vorrebbe i singoli ‘ perdenti’vicini nel luogo di operazioni( un complesso di condomini degradato di Brooklyn)   destinati a non incontrarsi mai. Ciascuno di loro ha una problematica e un carattere diverso. Eppure è tra i comprimari che affollano le loro vicende( gangsta, poliziotti arrivisti, giovani opportunisti da ambo le parti della legge) che intuiamo che l’unità di luogo finirà per coincidere con l’unità di tempo. E in effetti con la precisione di un orologio ben calibrato tutto finisce in una notte di violenza dove ognuno ottiene ciò che vuole. Una possibilità di riscatto. Magari pagandola carissima. Un film ben diretto e interpretato ma soprattutto ben scritto che ha il coraggio di usare attori noti e bravi anche per parti di contorno. Vincent D’Onofrio, Ellen Barkin, Wesley Snipes, Will Patton non sono i protagonisti ma solo i comprimari della vicenda feroce che Richard Gere interpreta con virile maturità, Don Cheadle con capacità di caratterizzare un personaggio etnico senza cadere nella trappola del macchiettismo ed Ethan Hawke (scordandosi ormai di ricoprire il ruolo di giocattolo sessuale per MILF) riesce a dar vita a un poliziotto sul baratro della corruzione, che è anche più interessante della figura dell’agente che prende mazzette, ormai archetipa e abusata.

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6 Responses to Tutto il nero dei cavalieri blu

  1. Massimo says:

    Condivido molto di quello che scrivi. Fuqua non è da buttare. Anzi, credo che sia abbastanza intelligente da gestire la sua attività registica tra film “di cassetta” e qualcosa di più sinceramente autoriale.
    E non rinuncia comunque al suo tocco e al suo genere prediletto.
    Citi The Shield, una serie che ho particolarmente apprezzato e che ho analizzato qui su hotmag.
    Ti includo il link (http://hotmag.me/sodio/2010/06/09/the-shield/), semmai vorrai darci un’occhiata. Un tuo parere sulla serie mi farebbe piacere.
    Ne discutevo proprio qualche giorno fa con Massimo Fagnoni e abbiamo parlato anche di serie italiane.

    La differenza è lampante, un abisso culturale, alla base delle serializzazioni Usa e le fiction italiane.
    Credo che il fatto stesso di chiamarle “fiction” piuttosto che “serie” precluda già un affondo sincero e originale nella “realtà” del quotidiano – seppur con gli occhi dell’intrattenimento di genere.

    • ilprofessionista says:

      sono un patito della serie sin dal suo esordio. devo ancora vedere per ragioni di tempo, le ultime due stagioni ma credo sia una delle serie che ha più influenzato certi autori(anche italiani9 dell’ultimo periodo. da notare(ma lo saprai sicuramente9 che c’è un collegamento con un altro show molto riuscito Sons of Anarchy. Se si vede la versione originale è più evidente che la banda degli 1-9 e la stessa.

      • sodio says:

        In realtà mi fornisci una gran bella news!

        Sons of Anarchy è una serie che non ho visto, purtroppo, perché il tempo è sempre poco e mi piacerebbe averne a volontà per seguire tanto cose diverse. Ma tant’è. Cercherò di recuperarla! Pensa che sono anni che non riesco a seguire una serie per intero…
        Eccezion fatta, naturalmente, per The Shield. Ma meritava una visione totale.

        Buona visione delle ultime due stagioni!!

        • ilprofessionista says:

          siamo sulal stessa barca…quando arriva la serie ti blocca come minimo per una settimana. ioho questo genere di addiction per 24 e ho ancora lì diverse serie tutte da vedere…

  2. andrea-tortellino says:

    Anche per me vale la stessa cosa, mia moglie ed io abbimo cominicato a vederci con assiduità la serie SCRUBS (avevamo i dvd delle prime due serie uscite), in pratica quasi ogni sera ci vedevamo 6/8 episodi…. poi nostra figlia si è fatta più ‘grande’ (ha 3 anni.. è tutto dire..) ha cominciato a prestare maggiore attenzione alla tv, e sopratutto fino alle 22 di sera per lei ancora non si fa notte, quindi la tv per noi è diventata un sottofondo, e riusciamo a vedere ben poco…
    ciao
    Andrea

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