Quando ho visto questo film devo confessare di essere rimasto perplesso dal finale nel quale, dopo una lunga serie di vicissitudini, anche tragiche, del re del porno Larry Flint, i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti attribuiscono ai contenuti pornografici delle sue riviste la stessa dignità della satira di costume, ponendoli addirittura sotto la tutela del Primo Emendamento.
Alcune vicende recenti mi hanno fatto cambiare idea e convinto che esiste una libertà imprescindibile legata al consumo di materiale pornografico (legale) e che questa libertà va tutelata perché, in corrispondenza con la sempre più diffusa disponibilità di filmati porno su internet, è andata crescendo una pseudo-lobby i cui componenti, pur non essendo necessariamente moralisti o bigotti, appaiono decisi a esasperare il significato e la portata di detto materiale pornografico, al fine di mettere all’indice i suoi fruitori e guadagnarsi con facilità una patente di integrità morale che altrimenti non saprebbero come conseguire.
Il film Oltre lo Scandalo copre trentacinque anni di vita di Larry Flint, dagli inizi nel natio Kentucky dove, già all’età di dieci anni, si arrabatta in una distilleria clandestina, fino alla scelta, una volta diventato adulto, di aprire una serie di bar la cui principale attrattiva consiste nel proporre ragazze seminude che ballano per i clienti. Siamo negli anni sessanta e l’idea è talmente innovativa che i bar ottengono un grande successo di pubblico, tanto che il proprietario pensa di pubblicare una rivista per pubblicizzarne l’attività. La rivista si chiama “Hustler” e raggiunge subito una straordinaria diffusione, sopratutto perché contiene immagini e storie molto più spinte delle altre due riviste erotiche in voga a quell’epoca, cioè “Penthouse” e “Playboy”. Anche troppo spinte, a dire il vero: le strisce a fumetti rappresentano spesso schifezze tipo stupri di gruppo, aborti clandestini, incesti e scene di razzismo. Uno dei protagonisti delle strisce è Chester the Molester, una sorta di molestatore-pedofilo che tenta ripetutamente di costringere con l’inganno delle donne, e più spesso delle ragazzine, a fare sesso con lui.
Flint si difende dalle critiche delle femministe sostenendo che si tratta di una sorta di satira sociale, anche se molto licenziosa, ma i fumetti sono decisamente scioccanti, nonostante il fatto che gli anni settanta siano un periodo di grande libertà sessuale. Pertanto la fama porta a Flint, assieme al denaro, l’ostilità dei movimenti anti-pornografia, dalle cui accuse egli si difende sfoderando affermazioni di semplice buon senso del tipo: “l’omicidio è illegale, ma se ne riprendete uno avrete buone possibilità di vedere il vostro nome comparire su qualche rivista o magari vincere il Premio Pulitzer; il sesso invece è legale, ma se lo riprendi finisci in carcere.”
Il buon senso non gli evita di essere trascinato più volte in tribunale. Viene sempre assolto dalle accuse dei suoi avversari fino a quando, nel 1975, un giudice non lo condanna per “spaccio di oscenità”. Riesce a sfuggire alla prigione grazie a un appiglio formale, ma dopo di allora si avvicina alla religione, non si sa quanto spontaneamente, grazie alla frequentazione della sorella del Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter.
Nel 1978 ha luogo l’evento più tragico della sua vita: all’uscita da un tribunale nel quale si sta dibattendo l’ennesima causa per oscenità, l’editore di “Hustler” viene colpito più volte da un cecchino appostato sul tetto di un edificio. Flint sopravvive all’attentato, ma rimane paralizzato dalla vita in giù e costretto per sempre su una sedia a rotelle. Si allontana definitivamente dalla religione e si sposta a Beverly Hills dove, assieme alla moglie Althea, un’ex ballerina di un suo locale, sprofonda in una spirale depressiva acuita dall’abuso di medicinali anti-dolorifici e di droghe come la morfina.
Il 1983 sembra essere l’anno del riscatto: si sottopone ad un’operazione per devitalizzare alcuni nervi che gli provocano dolore e ritorna a presiedere le pubblicazioni della sua rivista. La decisione di pubblicare una vignetta satirica basata su una pubblicità del Campari, accompagnata da una finta intervista al predicatore religioso Jerry Falwell, nel quale quest’ultimo confessa di aver fatto sesso per la prima volta in vita sua con la madre dopo che entrambi si erano ubriacati di Campari, gli costerà una denuncia per diffamazione.
Condannato in primo grado e in appello, Flint decide di ricorrere alla Corte Suprema, la quale nel 1988 delibera che non esiste nessuna diffamazione perché è evidente che l’intervista è falsa e quindi il suo contenuto va interpretato, alla luce del Primo Emendamento, come libertà di satira.
Il film si chiude dopo la sentenza della Corte Suprema, con Flint seduto nel soggiorno di casa sua che guarda alcuni filmati della moglie Althea, suicidatasi nella vasca da bagno dopo avere scoperto di aver contratto l’AIDS. E’ l’amara conclusione di una vita nella quale la sessualità ha spesso giocato un ruolo distruttivo delle esistenze personali e dei rapporti sociali. Le controversie sulla pornografia della rivista “Hustler” sono legate ai contenuti degradanti e spesso violenti delle strisce a fumetti, tanto più che alla fine degli anni ottanta il disegnatore del personaggio Chester the Molester, Dwaine Tinsley, viene condannato a sei anni di carcere con l’accusa di avere abusato ripetutamente della figlia tredicenne e averla costretta a prendere delle medicine per non rimanere incinta. Liberato dopo ventitrè mesi di prigione perché le motivazioni della sentenza erano basate sulle vignette che aveva disegnato per “Hustler”, secondo i suoi sostenitori, oppure per un appiglio formale, secondo i suoi detrattori, Tinsley è morto di infarto nel 2001, all’età di cinquantacinque anni.
Rimane oggetto di discussione quanta responsabilità lui e Flint abbiano avuto nel promuovere, attraverso “Hustler”, l’arretramento della condizione femminile nella società americana, in particolare per quanto riguarda il fenomeno vertiginosamente in aumento, almeno secondo quanto denunciano gruppi di femministe, degli stupri e delle molestie sessuali. Così come rimane da chiarire se certi comportamenti degenerativi siano causati dall’impatto di schifezze pornografiche sulle menti di uomini (e donne) psichicamente più fragili di quanto non appaiano oppure se siano ispirati da considerazioni di altro genere.