Definire i percorsi che portano un autore a scrivere un romanzo giallo è sempre difficile, perché questi, a volte, rimangono per lo più sconosciuti anche a colui che scrive.
Questa raccolta di scritti di Chesterton, pubblicati da Sellerio, a metà strada tra il saggio critico e l’articolo di giornale, tentano l’impresa prendendo spunto dall’ironica considerazione che nel giallo «la tecnica è tutto» e che lui stesso «ha scritto alcuni dei peggiori gialli del mondo».
Chesterton spiega come si scrive un giallo, ma spiega anche come si debba leggere un giallo, da cosa nasce il fascino di questo genere letterario di consumo i cui canoni si sono ormai stabilmente radicati nell’immaginario popolare nel corso dell’ultimo secolo e mezzo.
Sono tutti saggi brevi, nei quali spesso si avverte una certa fretta, quasi una voluta noncuranza, bilanciata però, come ricorda Sebastiano Vecchio nell’introduzione, dalla vena inventiva di Chesterton che rende”difficile trovare un pezzo che manchi di un accostamento folgorante, di un paragone ai limiti del tollerabile, di un’immagine sorprendentemente azzeccata”.
Alcuni fra gli scritti contengono dei momenti geniali, tra tutti va citato il saggio intitolato “Il giallo ideale” in cui Chesterton annovera tra i grandi gialli “mancati” alcuni drammi di Shakespeare, come Otello e Amleto (ma volendo si potrebbe risalire fino all’Odissea), specificando che la definizione di giallo “ideale” viene dal fatto che “non lo so scrivere”.
Oppure “Sui racconti a sensazione”, articolo che contiene diversi spunti di carattere pratico sulla corretta manipolazione della trama di un buon thriller e alcune considerazioni di natura morale sul fascino che il romanzo giallo esercita sulla mente umana.
Per concludere, infine, affermando che “il giallo differisce da ogni altro racconto in questo: che il lettore è contento solo se si sente uno scemo”.
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Enrico Carlini
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