Giulia è la figlia di un fattore della bassa padana. Ha gli occhi verdi, i capelli corvini e un fisico mozzafiato scolpito da ore e ore di palestra. Un giorno si innamora di un ragazzo indiano che lavora nella tenuta del padre come mungitore di mucche. Vikram Singh, così si chiama il ragazzo, è di etnia Sikh e proviene dalla regione del Punjab, ha la barba e gli occhi neri come l’attore Kabir Bedi e gira su un motorino tutto scassato portando sulla testa il turbante con il casco legato sopra.
Giulia non ci mette molto a sedurre Vikram. I due si incontrano tutte le mattine all’alba, quando lui arriva alla stalla per mungere le trecentottanta vacche frisone dell’azienda agricola e lei è appena uscita dalla discoteca. Danno sfogo alla loro passione sulla paglia ancora calda per la presenza degli animali, lei si sfila le mutandine da sotto la gonna e gli sale sopra. Un amore travolgente che dura fino a quando Giulia non viene trovata morta con la gola squarciata da un kirpan, il coltello caratteristico dei Sikh che Vikram porta sempre con sè.
Enrico Radeschi, giornalista di nera free lance e hacker, originario del paese dove è avvenuto il delitto ma felicemente residente da dieci anni sotto la Madonnina, viene rimandato al borgo natio da un energico e ringhioso caporedattore che gli impone di seguire tutta la vicenda facendo leva sulle sue amicizie d’infanzia, tra le quali Radeschi può annoverare un brigadiere dei Carabinieri.
Il giornalista ne approfitterà per immergersi nuovamente nella gastronomia della bassa padana, tra tortelli di zucca, lesso con la mostarda e torta sbrisolona, il tutto accompagnato da abbondanti dosi di alcool. Una “full immersion” che culminerà nella stesura di una variante del famoso cocktail Mojito, il Mojito Radeschi, per l’appunto, del quale viene riportata integralmente la ricetta. Tutto ciò durerà fino a quando l’indagine non prenderà strade impensate, incocciando in un famoso esponente della mala milanese degli anni settanta inseguito dai suoi vecchi compari, intenzionati a fargli pagare un tradimento di vent’anni prima che li ha fatti finire in prigione. Un noir che profuma di nebbia, di campi aperti e di corti coloniche, di argini e di pioppi, di campanili e di capannoni, arricchito dall’inconfondibile sapore della gastronomia emiliano-romagnola (il protagonista è un entusiasta sostenitore della cucina di Pellegrino Artusi).
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Enrico Carlini
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