Questo è un post anomalo. Non parla di libri o di ricette o di litigi sui social, ma di speranza, di felicità, di tenerezza, di amore. Parla di una persona speciale, della persona che rende speciale la mia vita. Una persona che ha attraversato momenti difficili, che ha sofferto immeritatamente e insensatamente, che ha pianto e lottato. Di una persona che temevo di avere perso. Di una persona che ho ritrovato, più bella e forte di prima.
Parla di un periodo che è stato uno dei più dolci della mia vita. Un periodo che paventavo, che temevo con tutta me stessa: e che, quando un’amica me ne parlava, con l’affetto brutale che solo le vere amiche possono nutrire, allontanavo da me, col terrore di un coniglietto nella tana, che guarda il diluvio e rosicchia l’ultima carota della scorta. Un periodo che si è rivelato tenero, che mi ha riportata indietro: ai risvegli soffusi, al tepore delle coperte, alle voci sussurrate soffiate accennate; agli sguardi ridenti e aperti, ai regalini che carezzano il cuore, come un pulcino ritagliato con cura nel cartoncino, e piegato in modo da farlo stare in piedi, perché mi guardi mentre dormo e mi faccia sorridere per un bel sogno.
Parla di una persona che ha saputo dimenticare il suo dolore atroce per comprarmi un orsetto di cioccolato che mi addolcisse la bocca e i pensieri, quando il terrore le divora il respiro; che mi ha accompagnata ogni sera giù per le scale, per darmi un bacio lontano dagli occhi degli altri. Che mi ha aspettata alla finestra, che mi ha sorriso fino a farmi dolere il cuore, che mi ha ceduto la sua minestra, che ha mandato giù coraggiose cucchiaiate di pastina per non farmi spaventare. Che ha deciso di portare con sé un blocco e una macchina fotografico per documentare quello che poteva essere uno dei frammenti più stranianti e dolorosi della sua vita, e che si è rivelato invece un momento costruttivo, di rinascita, di inizio.
Questo post parla di quanto sia sciocco, a volte, aver paura di qualcosa di nuovo; di quanto sia difficile fidarsi degli altri, ammettere di aver bisogno di aiuto, lasciare che una collega ci accompagni quando ne abbiamo bisogno, che ci tenga una mano sulla spalla e ci faccia segno di tacere, perché a volte troppe parole non servono. Parla di quanto faccia bene, quando si sta male, avere qualcuno che pensi a noi, che ci venga a trovare, che ci telefoni, che porti con sé una chitarra o un omino biscottino. Di quanto sia strano e liberatorio scoprire chi ci vuole davvero bene.
Questo post, come questo periodo, è solo un primo passo: e non so come sarà domani, non lo immagino e devo imparare a non cercare di figurarmelo. Devo ricordare sempre questo periodo, e quello che ci è stato detto: di non pensare, di affidarsi, di seguire la corrente, di spegnere il cervello e andare avanti.
Questo post è per la mia Ste’: per la persona speciale che mi ha resa quello che sono. Per la persona speciale che è, e che ogni giorno continua a essere. Per la fortuna, immeritata e insensata, di averla nella mia vita. Perché non dimentichi mai quanto vale, quanto la stimo, quello che provo per lei, e altre mille parole che non saprò mai dire, ma che lei saprà leggere senza che io me ne accorga.