“Sei una brava persona” è il complimento dolce e un po’ retrò che mi ha rivolto un’amica qualche giorno fa. Mi ha sinceramente stupita, ha nutrito il mio animo piagato da una settimana infernale, lavoro stanchezza semi-labrador desideroso di coccole nel cuore della notte; soprattutto, mi ha fatto pensare; io sono davvero una brava persona? Cosa vuol dire esserlo? Immagino che ciascuno di noi, idealmente, si proponga di comportarsi come tale; ma in quanti ci riescono davvero? E quali motivazioni li spingono? Sono i comportamenti a determinare il nostro grado di moralità, o le molle che li hanno innescati? Siamo brave persone quando abbiamo un atteggiamento corretto, quando aderiamo o tentiamo di aderire alla nostra personale etica, quando mettiamo in atto una condotta ineccepibile? È fare l’elemosina, che conta, o scambiare due parole col questuante? E quale delle scelte è maggiormente dettata dal bisogno di sentirsi in pace con se stessi, piuttosto che da quello di fare qualcosa di obbiettivamente giusto? Quando agiamo per gli altri, lo facciamo per compiacere il nostro ego, per sedare i sensi di colpa, per sentirci migliori di chi ci circonda, per apparire persone squisite? Cosa fa, di qualcuno, una brava persona? Il non nuocere al prossimo è sufficiente? E l’ignavia, la mancanza di volontà, lo stare in attesa che arrivi qualcun altro a risolvere i nostri problemi, personali e sociali, è eticamente corretto? Cosa è giusto? Quanta parte ha, la fortuna, nella nostra ascesa al grado di brave persone? Non ho mai rubato solo perché non penso che sia moralmente accettabile, o anche perché non ne ho mai avuto la necessità? Quale merito ho per sentirmi migliore di chi ha sbagliato, e probabilmente sta pagando molto più di quanto fosse lecito chiedergli? Per andare al lavoro, passo ogni giorno davanti al carcere minorile; c’è una fila di persone che attende di entrare, con buste di panni puliti e scarpe senza lacci e rabbia e preoccupazione e vergogna, occhi bassi e dolore ai piedi per aver aspettato l’autobus per chissà quanto: cosa ho fatto di buono per non essere al loro posto? Per non essere nata in Libia o a Sarajevo, o semplicemente ad Arcore?
Forse, più che brave persone, dovremmo essere belle persone. Forse, quello che ci rende migliori è la capacità di empatizzare, di comprendere uno stato d’animo, di metterci nei panni degli altri, di chiederci con sincerità cosa avremmo fatto, al loro posto. Forse, quello che serve non è compiere grandi gesti, ma abbracciare chi è triste ed ascoltare chi ce lo chiede e tacere il nostro parere quando può far male. Offrire uno zabaione spumoso e morbido e ben montato con la frusta finchè il tuorlo è quasi bianco, spolverato di cacao e granella di nocciole, raffreddato in congelatore con qualche biscotto secco intorno, a chi ci domanda un po’ del nostro tempo, per far capire che sì, ho da fare ma ho pensato a te e ho voluto addolcirti la bocca, almeno un po’.
Non sempre è univoco dire cosa sia giusto, cosa ci faccia comportare in maniera corretta e onesta. La separazione del maschio di Francesco Piccolo affronta in modo diretto e sistematico la domanda; è un romanzo ben scritto e interessante, a tratti forte e crudo e disturbante. Si può agire male ed essere brave persone? Seguire una morale personale inquinata da comportamenti malsani e meritare amore, rispetto, stima? Siamo proprio sicuri di saperlo, cosa vuol dire essere brave persone?
hai superato te stessa!
grazie mille 🙂
ecco, sì. abbracciare chi è triste.
è una delle cose che so fare meglio
Sulla mia tomba se mai ne avrò una non voglio che scrivano: era una brva persona, perché non è un buon motivo per essere ricordato e non è neanche divertente.
Non mi frega niente di essere bravo o cattivo, e non credo sia possibile essere semplicemente e per tutta l’esistenza una delle due cose.
Viviamo in una società individualista e ciò che siamo o diventiamo è legato a dinamiche imperscrutabili, e volubili.
Io sono uno sbirro, un policeman come dicono a Bologna, uno scrittore, un ex educatore e a volte uno che non vorresti incontrare eppure sono anch’io in grado di entrare in empatia, di avere degli slanci di solidarietà, di avvicinarmi all’altro, anche quando l’altro è un marginale che ha appena commesso un crimine e te lo dico per esperienza diretta.
le mie azioni non mi trasformano in una brava o cattiva persona sono legate al momento, all’attimo, alla necessità, e nel mio caso al dovere e al senso di giustiza.
in conclusione, credo sia necessario prima di chiedersi se siamo bravi o cattivi quale sia la strada giusta da seguire.
Io per senso del dovere dico che la strada da seguire è quella dettata dalla legge, ma se mi lascio un attimo andare non posso dimenticare l’ultima battuta di un bel film di Peckipah, Cane di paglia.
Dustin Hoffman al matto che gli dice di non ricordarsi quale sia la strada giusta sorridendo gli risponde, neanche io.
e credo sia la risposta migliore.
io non lo so quale sia la strada giusta e non so nemmeno dirti se esiste da qualche parte
sarebbe da chiedersi perché rispettare la legge. perché è legge, o perché siamo intimamente convinti che sia moralmente giusto farlo? è una migliore persona chi rispetta la legge per paura del castigo o chi non lo fa perché convinto che sia più giusto far altro? e chi siamo noi per definire qualcuno un “marginale”?
La legge la rispetto per alcuni motivi: è il mio pane, il mio lavoro, che mi permette di vivere, è un imperativo morale
qualcosa che ha le sue origini nell’educazione buona o cattiva che sia stata.
Credo infine che sia necessaria rispettarla perché per vivere insieme agli altri è indispensabile darsi delle regol comuni.
Per quanto riguarda la marginalità sono d’accordo con te … è relativa.
Anch’io a mio modo sono un marginale, vivo ai margini di diversi mondi e in un ambiente unico e delimitato, ma questo è un problema di tutti noi, non trovi?
Ciao e grazie dell’ospitalità.
ospitalità? grazie a te per aver voluto avviare questo dialogo. 🙂
non avevo avuto tempo di leggere, fino ad ora.
rischiavo di non fruire della ricchezza di sensazioni che queste pagine regala.
francy, sei sempre troppo gentile… 🙂