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Tornando a quel 1973 in cui Lo Lieh imperversa nel nostro Paese, alcuni produttori italiani vogliono lanciarsi in prodotti cinesi ma senza spendere le stesse cifre dei citati Albertini e Caiano: si rivolgono così alla casa di Hong Kong Yangtze Film per poter trovare un prodotto economico a cui partecipare. Nasce l’incredibile pellicola Kung Fu nel pazzo West, ribattezzata in fretta … Altrimenti vi ammucchiamo dopo il successo di Altrimenti ci arrabbiamo con Spencer e Hill. «Un film sul kung-fu all’italiana, con venature di western casereccio» anticipa “l’Unità” il 28 luglio del ’73.
Diretto dal prolifico Jeo Ban Jee ed uscito in home video anche con il titolo I fratelli del kung fu, il film è un classico gongfupian di Hong Kong con attori neanche malvagi, come il bravo Jason Pai Pao o il caratterista William Berger, molto noto agli italiani del tempo. Si narrano le deliranti e sconclusionate vicende di due fratelli innamorati della stessa donna, Treccia di Fuoco, e di come lottano per il possesso di una scuola di kung fu lasciata loro in eredità dallo zio morto nell’America del West. Ma è difficile per lo spettatore seguire la trama quando sente i nomi di alcuni protagonisti: Ti-Spez, Ti-Romp, Men Fin Che Puoi…
Malgrado il pessimo doppiaggio e la dabbenaggine delle riprese, le pellicola ha comunque una buona distribuzione, portato in Francia come 2 chinois dans l’ouest e Winchester, kung-fu et karatè, e nei paesi di lingua inglese come Kung Fu Brothers in the Wild West.
Una curiosità. Franco Grattarola, che ha trattato il film in un suo articolo su “Cine70” n. 5 (2004), dice che gli esterni sono girati nella campagna intorno a Formello. Invece una notizia Ansa del luglio 1973 racconta un po’ stupita che «I cinesi del “kung-fu” sono approdati a Roma. Hanno deciso di girare nel nostro paese alcuni film del filone di Hong Kong con salti, capriole e manate micidiali come colpi d’ascia. […] Jeo Ban Jee sta girando in questi giorni negli stabilimenti “Elios-Film” di Roma Kung-Fu Brothers in the Wild West». Il quotidiano “La Stampa” del 28 luglio annota che «da Hong Kong è giunta [a Roma] una troupe di muscolosissimi cinesi, specialisti in kung-fu (sottospecie di karatè) con un regista, Jeo Ban Jee, che del kung-fu è il futile inventore.» L’incredibile imprecisione di queste parole fa capire quanto poco la stampa italiana consideri il fenomeno.
(alla prossima puntata)