La scorsa settimana, tra le guglie del Duomo di Milano, Silvio Berlusconi ha ricevuto dalle mani del presidente della Provincia di Milano Guido Podestà il premio “Grande Milano”. Passi la motivazione, più da dipendente lecchino che da rappresentante istituzionale. Va bene la presenza tra il pubblico dei ministri Ignazio La Russa e Michela Vittoria Brambilla (ministri di Berlusconi), del presidente della Regione Roberto Formigoni (berlusconiano di ferro) e del capo di Mediolanum Ennio Doris (socio di Berlusconi), oltre a quella dell’onnipresente Don Verzé. Ma che cosa c’entrava Lele Mora? Cosa c’entrava il sensale delle starlet che passano le serate all’Hollywood di Milano, chiuso da ieri per problemi di droga, l’uomo che sceglie “Faccetta nera” come suoneria e la svastica come sfondo del cellulare? Ammesso forse nel parterre dei “vip” (sic!) perché si è visto spesso ad Arcore in compagnia di stuoli di fanciulle? Premio “Grande Milano”! A leggere certi nomi si ha un’idea molto concreta e diversa di che cosa sia diventata Milano, la ormai ex capitale “morale” d’Italia. E non ci si meraviglia del fango in cui siamo ormai immersi da tempo.
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