«Sono Loubou.»
«Ma non ti chiamavi Clorinda?»
«Mi riferisco a loro » e indico le scarpe, mostrandogli la suola rossa.
«Ragazzi, non si finisce mai di imparare. Non sapevo che le scarpe avessero un nome.»
Ebbene sì, Clorinda dà alle sue scarpe nomi e vezzeggiativi, come nel caso del magnifico paio francese che indossa per una serata che le cambierà la vita. Da sempre pensa che il suo destino non sia scritto sul palmo delle mani bensì sotto la pianta dei piedi: ogni momento importante, da quando ha cominciato a gattonare sui tacchi della madre, è stato scandito da un paio di scarpe. Le ballerine del primo bacio, con la frangia storta e l’apparecchio ai denti. I polacchini indossati per il primo esame sotto la neve, che l’hanno accompagnata fino alla laurea in un torrido mese di luglio. Le décolleté gialle che hanno catturato l’attenzione del Leader Minimo, divenuto poi suo datore di lavoro. Ma soprattutto il primo paio di suole rosse regalate dal suo amore a senso unico, Giulio, destinato ahimè al soprannome di “Grande Asfaltatore” per la sua propensione al tradimento… A Clorinda, con il cuore ridotto in cocci, restano solo un armadio pieno di pezzi da collezione e due amiche che credono in lei: «Rotto un tacco se ne fa un altro» le ricorda Baby. Ma a mettere in discussione le poche certezze di Clo, e soprattutto a portare scompiglio nella sua scarpiera, arriva Mr Buk, un dinoccolato alternativo in sneakers e dread, cresciuto nel mito di Bukowski, che gira con due simpatici quadrupedi, il lillipuziano Maciste e l’arruffato Bobby Marley. Se lei, creativa di punta alla Metello & Partners, è il giorno, lui, scapigliato e accalappiaguai, è la notte. Eppure una scommessa costringe Clo a una scelta imprevista…
In una corsa contro il tempo, partendo dal leggendario Palazzo Ranieri – regno di Ivanna Tramps e delle scatenate eroine dei due precedenti episodi della serie – e passando per una Parigi da sogno, Clorinda potrà scoprire quanto gli opposti si attraggano, se solo si è capaci di vincere le proprie paure e respirare a fondo la libertà, per quanto azzardata e assurda.
D’altronde, come ha sempre creduto, “la vita è una Loubou meravigliosa”.
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