La trama: È un giorno come tanti altri, per il vicequestore Michele Arlia, napoletano trapiantato nella capitale e, soprattutto, decisamente lontano dallo stereotipo del poliziotto giovane e atletico. Come ogni mattina è alla sua scrivania, con la pipa in bocca, spenta purtroppo, la giacca già macchiata nonostante siano solo le dieci e il cigolio della sedia a ricordargli che è ora di perdere almeno uno dei suoi centoquaranta chili, quando arriva quella maledetta telefonata: alla basilica di San Clemente una turista americana ha denunciato la scomparsa del marito durante una visita guidata e il caso ricade sotto la sua giurisdizione. Più seccato all’idea di dover lasciare le comodità dell’ufficio che preoccupato dal caso, in fondo si tratta di ordinaria amministrazione, il vicequestore raggiunge il luogo della sparizione.
Ad attenderlo, un’atroce scoperta: all’interno della nicchia ricavata in una parete giace l’uomo scomparso. Il corpo pare essere stato oggetto di un sadico rituale: evirato, con una ferita profonda sotto la scapola destra, le narici completamente ustionate. Per Arlia sarà il primo di una serie di omicidi eseguiti secondo la stessa procedura.
Solo la sua passione per la storia dell’arte e per l’archeologia lo porterà a capire che i delitti sono legati a un antico culto e che i luoghi in cui vengono lasciati i cadaveri non sono affatto casuali. Lottando contro il tempo e contro un assassino che vuole coinvolgerlo in un gioco perverso, Arlia si troverà solo e capirà di dover trasgredire alle regole per poter vincere la partita e salvarsi la vita.
Collana Narrativa
Serie Thriller
Pagine 280
Data di pubblicazione gennaio 2010
ISBN 978-88-566-0981-3
Euro: 18,00
Il libro si sfoglia piacevolmente, è avvincente, ben scritto e quest’interconnessione tra letteratura, arte antica e mistero crea atmosfere di suspense nonché grande curiosità. Abbiamo chiesto all’autrice di seguirci nell’analisi profonda di questo romanzo riuscitissimo:
Puoi inserire 1 citazione significativa di 6-7 righe?
Guardò fuori dalla finestra senza vedere realmente nulla di ciò che era al di là del vetro. Per l’ennesima volta si chiese se il suo messaggio avesse innescato il meccanismo che “lui” aveva pianificato di innescare. Se le sue intuizioni erano corrette, a quest’ora chi si occupava del caso lo aveva già collegato agli altri due. Le date? Per quello forse era presto. O forse no, riflettendoci meglio. Ma era ancora in tempo per rimescolare le carte. Non avrebbe barato, no. Giusto una sparigliata. Solo per vedere che avversario aveva davanti.
Qual è il plot?
Un serial killer miete vittime a Roma sullo sfondo di un culto mitraico di cui fa propria la ritualità
Quando e come l’hai realizzato?
Tutto è nato in seguito a una visita, nel 2000, nella basilica di san Clemente a Roma, i cui sotterranei ospitano le vestigia di un tempio dedicato a Mithra e da dove si diparte una rete di sotterranei che attraversano il centro di Roma.
Come hai architettato la struttura?
Purtroppo o per fortuna non l’ho architettata. E’ stata la struttura ad architettarsi nella testa, sedimentando giorno dopo giorno. Potrei dire che è stato l’ambiente a vivere di vita propria, assumendo le sembianze che ha voluto. Provate ad andare a san Clemente e vedrete che i sotterranei sono come una creatura che aspetti solo di essere risvegliata, ma il soffio vitale lo ha già dentro di sé.
Perché questa divisione in capitoli?
Sono molti quelli che sostengono che “Veritas” contenga anche una sceneggiatura. In effetti ogni capitolo è una scena a sé stante che occupa un intero capitolo. Evito di dare a ogni capitolo due scene diverse, proprio per rispettare una sorta di ritmo filmico.
Come hai ideato i personaggi?
Penso che ogni persona che scriva libri si ispiri a persone realmente esistenti, anche per conferire più credibilità ai propri personaggi, per ricavare da ognuno spunti credibili. Nel mio caso, per quanto riguarda il vice questore Arlia, mi sono ispirata a un mio amico, che ovviamente non fa lo stesso mestiere ma poco ci manca. Ma c’è da dire che Arlia è una sorta di dolce: un fondo di pan di Spagna “requisito” all’amico e la “decorazione” che appartiene a me. Per questo le manifestazioni di apprezzamento e simpatia per Arlia le intendo rivolte a me. E questo mi dà un piacere indescrivibile.
Prendine uno e analizzalo
Ok. Ovviamente Arlia. Se è vero, come diceva Oscar Wilde, che ogni uomo è interpretabile partendo dalle sue trasgressioni, qui c’è da scegliere. Arlia prima di tutto è un napoletano e, dall’incredibile popolo dei partenopei, ha preso l’ironia, l’istinto, l’incazzatura facile ma anche la sdrammatizzazione, la cultura, l’essere scaltro, l’esporsi a soluzioni eterodosse, il mettersi in gioco per il gusto di farlo. In più è trasgressivo per il gusto di farlo: basti pensare al suo tenere in non cale le prescrizioni del suo medico, che gli ordina di far scendere il peso e i suoi valori del sangue. Tutto la sottoscritta (tranne il peso)
Quali sono i requisiti che pretendi dalla tua scrittura?
Piuttosto quello che pretendo non ci sia: la noia. Nessuna lunga descrizione di ambienti, se non quando è necessario. Nessun tratteggiamento di personaggi superflui. Forse l’unica cosa che pretendo dalla mia scrittura è quella di divertire e interessare me prima degli altri.
Quali sono i maestri di stile?
Bella domanda. Recentemente un giornalista mi ha paragonato a Mary Higgins Clark. Magari. Un altro ha cercato un paragone con Dan Brown. Per carità. Direi che quelli che hanno lasciato un segno sono stati Preston e Child. Adoro i loro libri.
La frase che ti piace di più (o una di quelle che ti piacciono di più)
L’ambiente sembrava sospeso nel tempo, come se avesse una vita propria, indipendente da tutto quanto si agitava sulla superficie, scandita da ritmi completamente diversi, lenti, diluiti, quasi esasperati. Arlia ebbe l’impressione di trovarsi all’interno di un grande polmone d’acciaio sotterraneo e di poterne quasi sentire il respiro basso, roco.