Spacconate da supermacho

Lei aveva le palle. Lui aveva il sorriso e la parlantina da artista del raggiro.

Mh. Quelli che fanno la scrittura maschia, che loro c’hanno il ritmo nel sangue e con le storie ci armeggiano in scioltezza lasciandosi a scia la frasetta lapidaria.

Volevo Dio e Lei e il suo mondo interiore in identiche proporzioni.

La marmellata ai mirtilli.

Avevo nove anni ed ero ossessionato fino a quel punto.

E devo ricordarmi di comprare anche il caffè e le gocciole.

Madison, Wisconsin, era affacciata sul lago e gelida come merda di pinguino.

Bah, secondo me i pinguini fanno la cacca calda.

Pensavo alle bambine. Proiettavo mentalmente quelle che avevo visto a scuola. Era una pura panoplia visiva.

Panoplia! E la roba di carta, lo scottex, i kleenex, quelle robe lì.

Il libro mi gasò. Lo divorai muy rapido. Sembrava scritto per me.

Beato te, io muy rapida devo andare a casa, c’ho muy cose da fare, ecco.

L’omicidio era sterilizzato. Niente macchie di sperma, niente schizzi di sangue. Niente rigor mortis e membra stecchite. Fuffa standardizzata.

Ah, allora lo sai.

La pubertà era alle porte. I miei ormoni intonavano osanna.

Come per i pantaloni di pelle nera.

Mi intrippai per l’omicidio della Dalia Nera.

A fare i fighi con i pantaloni di pelle nera incollati sulle cosce.

Le mie ragazzine non erano mai canonicamente carine o attraenti nei modi prescritti.

Non ti lamentare e baciati i gomiti.

Guardone. Devoto pischello protestante. Cercatore fatuo.

Il mio nome è Bond. Punto. James Bond. Ri-punto. Vado al Super, è meglio.

F. E.

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