Il teatro dialettale e i mostri sacri dello spettacolo del Novecento

Ha visto Vittorio Gassmann, Dario Fo, Franca Rame, Pupella e Rosalia Maggio calcare le scene quando stavano muovendo i primi passi nei teatri locali, prima di diventare mostri sacri dello spettacolo e della cultura italiana del Novecento. Dietro le quinte dei teatri di Ravenna e Comacchio Piero Zarattini, sin dall’inizio degli Anni Settanta, ha cominciato a scoprire e a fare propri gli strumenti, i segreti e la magia dell’arte teatrale, che tanto lustro ha conferito all’Italia nel mondo, soprattutto in quel periodo straordinario. La passione per il teatro ha consentito a Piero Zarattini non solo di realizzare testi e commedie dialettali di indiscusso pregio, ma di promuovere anche un’opera minuziosa di divulgazione delle tradizioni e della cultura comacchiese. “Al Guasaròl”, la commedia in tre atti ne è un mirabile esempio, registrando sempre il tutto esaurito. L’opera, che ha ottenuto il primo premio della giuria presieduta da Ivano Marescotti, alla sesta stagione del Teatro Romagnolo di Cesena, “ripresenta una Comacchio di 100 anni fa, – come ha dichiarato l’autore e regista Piero Zarattini-, con i suoi pregi ed i suoi difetti, con usanze e costumi di una realtà che fa i conti con il terribile flagello della miseria”. Teatro Insieme è la compagnia dialettale guidata da Piero Zarattini, composta da una trentina di attori, “gente che lavora e che sacrifica il tempo libero per studiare il copione e le scene, fare le prove, realizzare i costumi” – come sottolinea l’autore – e che sul palcoscenico mostrano grandi capacità e disinvoltura”. Prosa e poesia, passato e presente, tradizioni e credenze popolari, scontri generazionali e socio-politici sono gli opposti che si amalgamano nello spaccato di vita quotidiana rappresentato da Zarattini, dove anche i sorrisi e l’ironia spesso vengono sopraffatti da malinconiche riflessioni sulle miserie e sulle ipocrisie della natura umana. La cultura popolare affonda le proprie radici nel passato e proprio attraverso il teatro dialettale si coltivano e si tramandano le tradizioni che costituiscono l’identità di un territorio e della sua gente. I tagli alla cultura diventano così un colpo di spugna sul passato, ma anche sul futuro di una società.

Katia Romagnoli

Posted in Attualità, Eventi, Libri | Tagged , , , , , , | Leave a comment

Grandi giallisti per una rassegna letteraria da brividi

“Vorrei riportare i gialli storici Mondadori ai livelli altissimi di un tempo” – ha svelato Franco Forte, da pochi giorni direttore editoriale Mondadori per le edizioni destinate all’edicola, ospite del Gran Galà di chiusura di Librandosi, la fortunata rassegna letteraria estiva del Lido degli Estensi (FE). L’ultimo incontro letterario nel salotto all’aperto, che anche quest’anno ha richiamato numerosi turisti da tutti i 7 lidi comacchiesi, ha visto la partecipazione di due grandi autori, Franco Forte appunto e Angela Capobianchi, affermata giallista, ex-avvocato, in cima alle classifiche di vendita in diversi paesi europei, definita in Olanda “thriller queen”.

“Roma in fiamme” (Mondadori) è un romanzo che “fa luce sull’incendio che distrusse la città nella notte tra il 18 ed il 19 luglio del 64 d.C., certamente l’episodio più eclatante legato alla memoria di Nerone” – ha spiegato lo storico ed archeologo Livio Zerbinati – ma fa emergere anche il personaggio e la sua umanità”.  Dei delitti commessi da Nerone tanto si è detto, meno invece della sua formazione culturale. Era un personaggio raffinato, imbevuto della cultura ellenizzante dell’epoca, un innovatore, in contrasto con un Senato romano profondamente conservatore.

 Forte, che per scrivere il romanzo ha verificato e approfondito per 8 mesi le fonti storiche, da Svetonio a Tacito, ha ammesso che per un narratore, al contrario dello storico, “i protagonisti sono fondamentali, perchè devono trasmettere emozioni ai lettori e solo quando si è credibili, si riesce a dialogare con il pubblico”.

Ospite della rassegna letteraria curata dal giovane libraio Leonardo Romani e dal giovane scrittore Marcello Simoni anche Angela Capobianchi, che ha illustrato al numeroso pubblico il suo terzo romanzo giallo, “Esecuzione” (Piemme). “Il titolo è una dicotomia – ha dichiarato la giallista- che allude alla musica classica e alla morte, inflitta da un assassino psicopatico alle sue giovani vittime”. Un thriller dunque, dove anche la Natura acquisisce il ruolo di protagonista co-primaria, con il mare schiumante, la pineta dannunziana di Pescara che si trasforma in un folto bosco, la quale accompagna la musica di un pianoforte, che irrompe di notte…

Eleonora Cinti, scrittrice esordiente con il romanzo storico “Ghost Town” ha coinvolto il pubblico con letture di alcuni passaggi dei due romanzi, ma anche con piccoli assaggi de “365 racconti horror”, antologia di racconti brevi edita da Delos Books e curata da Franco Forte. Ne hanno parlato due degli autori coinvolti nel progetto letteraio “che si è rivelato un cavallo di razza” – ha specificato Forte: Riccardo Carli Ballola e Marcello Simoni. “Quando ho scritto per questa antologia – ha raccontato Simoni – l’ho fatto per tenermi in esercizio. Io che scrivo romanzi – ha aggiunto – vi assicuro che è difficilissimo scrivere un racconto in 2.000 battute, una pagina! Il racconto deve subito dare un approccio immediato, che catturi il lettore”.

Tra orrendi delitti, vicende tremende legate all’imperatore Nerone, evocazione di misteri e di vampiri e colpi di scena la serata di Galà che ha concluso la straordinaria terza edizione di LIBRANDOSI, ha tenuto tutti con il fiato sospeso.

(Katia Romagnoli)

Posted in Attualità, Eventi, Libri | Tagged , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Leave a comment

Dedicato ad un amico che non c’è più, Giglio Zarattini

Questo racconto che ho intitolato “Occhi nel mare” è dedicato ad un artista, ma soprattutto ad un amico di grande spessore umano, che non è più qui con noi. Ciao, Giglio!

Un vortice di acquadelle dalle tinte argentate fluttuava sulla tela di Giovanni, che anche quella mattina era lì con il suo treppiede e una miriade di pennelli.

Uno spesso manto di nebbia oscurava l’orizzonte, tanto che gli scogli, seppur così vicini alla battigia, non erano mai stati così lontani.

Le onde si adagiavano mollemente sulla sabbia con uno scroscio lieve, quasi impercettibile. I miei passi si confondevano nel grigiore plumbeo di quella mattina tardo-autunnale.

Non un gabbiano si levava in volo per salutare l’arrivo del nuovo giorno, ma Giovanni era già lì al suo posto, con lo sguardo fisso sulla tela, mentre la mano a pennellate forti, dure, fissava attorno ai tratti argentei delle acquadelle degli andirivieni cupi e ricurvi di onde marine, in balia di una tempesta di pioggia, che si mesceva al mare nero.

Scrutavo attentamente Giovanni, come a volerne carpire le emozioni, le sensazioni in quel momento di particolare ispirazione, ma lui, senza mai voltarsi verso di me, alzava gli occhi di tanto in tanto verso il mare, oltre la tela, quasi come se vedesse pure affiorare gli scogli dietro la coltre umida e pungente della nebbia.

Il faro di Porto Garibaldi richiamava i pescatori ancora al largo a quell’ora della mattina, con il suo incessante boato.

“Giovanni, come mai hai dipinto una danza vorticosa di acquadelle, nel mare in burrasca?”-ebbi il coraggio di chiedergli, dopo qualche momento di esitazione.

Lui si girò di scatto, come sorpreso o forse indignato per la mia domanda e aggrottando le ciglia, bofonchiò:”Ma non vedi? Non sono acquadelle! Sono occhi, occhi che ci guardano, che ci rincorrono, occhi feroci che ci inseguono nel mare in tempesta”.

“Occhi di speranza, occhi di ricerca della verità, di noi stessi, degli abissi marini che si nascondono tra gli scogli dei nostri cuori aridi”, -avrei voluto ribattere, ma ammutolii in un brivido.

Una folata di vento gelido aveva cominciato ad increspare il mare calmo, mentre un vecchio pescatore da lontano spuntava nella nebbia, con gli stivali lunghi in una mano e un grappolo scuro di cozze intrecciate da alghe filamentose nell’altra mano.

Al pescatore Giovanni riservò un saluto caloroso e un cenno di sorriso, che a me aveva negato.

Pensai che fosse venuto il momento di riprendere la camminata sulla sabbia umida, che dietro me aveva lasciato impronte di scarpe, profonde come solchi di un aratro.

Giovanni era di nuovo assorto nella sua tela. Le tinte così scure e ruvide, quasi scavate con le mani emanavano un qualcosa di inquietante, che non sapevo afferrare. Ora però sapevo che non si trattava di un branco di acquadelle, ma di una danza implacabile di occhi, che turbavano e tormentavano la vista di chi li osservava.

Quasi tutte le mattine la mia camminata sulla spiaggia deserta d’autunno tra i gabbiani che volteggiavano attorno a giovani cefali, che qua e là affioravano sulle onde schiumanti del mare era diventata prima di tutto un appuntamento con il pittore solitario.

Un giorno il cielo era stato rischiarato da un violento temporale, che aveva gonfiato paurosamente le onde, conferendo loro un color cuoio, putrescente ed opaco.

Soffiava un vento di bora pungente, impetuoso, che scoraggiava chiunque ad avventurarsi in spiaggia.

I granelli di sabbia rimbalzavano ovunque, graffiando il volto scoperto di Giovanni, questa volta ancora solo e assorto, ma senza la sua tela.

“Guarda”, -mi disse, mentre mi avvicinavo incurante del freddo-  “Si riesce a vedere la punta estrema dell’Adriatico. E’ una rarità, perchè solo in giornate fresche e limpide come questa, si può vedere la costa frastagliata fino a Trieste, a occhio nudo”.

Per me che non ero nata in una località balneare quella era una grande conquista. Giovanni mi aveva fatto scoprire qualcosa in più sul mare.“Cosa rappresenta per te la punta estrema dell’Adriatico?” gli chiesi a denti serrati.

 Con uno sguardo grave spense le mie aspettative. Mentre stavo per riprendere il mio cammino, ormai infreddolita, anche se catturata dal rumore scrosciante delle onde, che rendevano più suggestive le riprese, che avevo cominciato a fare con il telefonino, Giovanni estrasse un taccuino e una matita dal cappotto e freneticamente lasciò le dita agitarsi sul foglio.

Riconobbi ancora acquadelle grigie, onde grigie e piroette di anguille tutt’attorno. “Anche questi sono occhi che ci guardano e ci tendono insidie. Sono gli occhi della coscienza.” Rimasi sbigottita dalla velocità con cui il tratto della matita si impressionava sul foglio bianco a quadretti. Poi ci ripensai.

Il vento di bora mi aveva impedito di cogliere a pieno le parole scandite da Giovanni. Erano gli occhi della coscienza o della conoscenza?

All’indomani ritornai in spiaggia, smaniosa di sapere la risposta precisa di Giovanni.

Era una fredda mattina invernale funestata, come tante altre, dall’umida coltre di nebbia che impediva, ancora una volta, la vista degli scogli, benché la bassa marea avesse allungato a dismisura la spiaggia di Porto Garibaldi.

Giovanni non c’era con la sua tela e la sua tavolozza.

Anche il giorno dopo e poi nei giorni successivi, cullata dal fragore delle onde, feci ritorno a quell’angolo di spiaggia, dove sapevo di trovare Giovanni. Ma lui non c’era. Non sarebbe più tornato.

Se lo era portato via l’occhio del mare.

 (Katia Romagnoli)

Posted in Attualità, Eventi, Libri, Mostre e Musei | Tagged , , , , , , , , , , , , , , , | Leave a comment

Sandro Pertini, una cravatta rossa tra le camicie nere.

Per ricordare la Festa della Liberazione e il sacrificio di tanti partigiani che hanno pagato con la loro vita l’impegno per restituire all’Italia la democrazia e le libertà perdute, ho deciso di pubblicare qui un mio articolo del 2001 uscito sul portale www.storiaXXIsecolo.it

E’ la storia di un grande Presidente della Repubblica e di un grande partigiano, Sandro Pertini.

“Io lasciai l’Italia nel 1926. La mia vita si è svolta prima all’Università di Genova, poi a quella di Firenze, quindi come professionista a Savona. Il mio studio fu devastato due o tre volte. Vidi un Paese di violenti, gli anni Venti furono il periodo della sopraffazione fascista. Molti erano intimiditi da quelle violenze e sostenevano che non si dovevano provocare i fascisti, per non indurli a infierire. Questo non è mai stato il mio atteggiamento.

Sono stato bastonato perché il Primo Maggio andavo in giro con una cravatta rossa. Sono stato mandato all’Ospedale perché, nella ricorrenza della sua morte, ho appeso alle mura di Savona una corona di alloro in memoria di Giacomo Matteotti. Sono stato arrestato per aver diffuso un giornale significativo: “Sotto il barbaro dominio fascista”.

Ho vissuto i miei vent’anni così e non me ne pento.”

Così si legge fra le testimonianze e gli scritti lasciati dal Presidente più amato dagli italiani in Sandro Pertini, combattente per la libertà, a cura di S. Caretti e M. degl’Innocenti, Piero Lacaita Editore, 1996, p. 21.

Alessandro Pertini nacque a Stella in provincia di Savona, il 25 settembre 1896.

Di famiglia benestante, frequentò dapprima il Collegio dei salesiani “Don Bosco” di Varazze, poi il Liceo “Chiabrera” di Savona.

Negli anni dell’adolescenza si avvicinò agli ideali del socialismo riformista turatiano, grazie all’influsso politico, che ricevette dall’ insegnante di Filosofia, Adelchi Baratono, già collaboratore di Filippo Turati e della compagna di questi Anna Kuliscioff nella rivista “Critica Sociale”.

Il ricordo degli anni del Liceo e delle frequentazioni con gli ambienti degli operai genovesi sarà di sostegno e di conforto nell’animo indomito del giovane Pertini, durante gli anni dell’esilio e del carcere.

Nel 1924, profondamente turbato per il barbaro assassinio del Deputato socialista Giacomo Matteotti, il giovane Pertini chiese (ed ottenne) la tessera del Partito Socialista Unitario, del quale l’uomo politico era stato Segretario.

Il 23 maggio 1925 venne tratto in arresto, perché sorpreso a distribuire un foglio di propaganda avversa al regime, dal titolo: Sotto il barbaro dominio fascista.

Questo episodio gli procurò l’ostilità, le perquisizioni e una condanna a otto mesi di carcere, provvedimenti, attraverso i quali dittatura fascista iniziava a condurre inesorabilmente al “silenzio” tutte le voci del dissenso.

[…]Torniamo alle spedizioni fasciste. Qualcuno di voi ne ha personalmente conosciuto il danno. Voglio ricordare –ciascuno reca la propria esperienza personale- la distruzione del mio studio a Savona. La distruzione venne fatta in questo modo: un avvocato di Savona […] alla testa di altri manigoldi, tutti avanzi di galera, penetrò nel nostro studio; costoro, col pugnale alla mano, cominciarono a tagliare le poltrone di cuoio. Questo egregio Avvocato li redarguì: <<Non siate scemi, non è così che potete gettare a terra uno studio: bisogna distruggere le pratiche>>. E così tutte le pratiche vennero strappate ad una ad una.”

Con queste parole Pertini rievoca, durante una seduta alla Camera dei Deputati (23/02/1955) i soprusi subiti per il suo attivismo politico, ostile al regime.

Nel 1926 la dittatura fascista sopprime l’ultimo baluardo delle istituzioni democratiche parlamentari, sciogliendo tutti i partiti politici e decretando la decadenza dal mandato dei 120 deputati antifascisti. Giornali, periodici e pubblicazioni avverse al regime vengono soppressi. In concomitanza, viene istituito il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato (organo competente per i crimini politici, contro le cui sentenze non era consentito il ricorso in appello) e viene introdotto un nuovo provvedimento di pubblica sicurezza, il cosiddetto “confino di polizia”; trattasi di domicilio coatto in piccole isole.

In quello stesso anno il giovane Avvocato Pertini fu condannato dal Tribunale Speciale a 5 anni di confino. Insieme ad altri illustri latitanti organizzò, nella notte del 12/12/1926 una rocambolesca fuga in motoscafo dal porto di Savona, per trovare riparo in Corsica.

“Sono le 10 di sera. Si sale sul motoscafo. Si parte. Il cielo è tutto stellato. Io guardo la mia città, ove sono cresciuto ed ove ho iniziato la mia lotta da uomo libero. Penso a mia madre. Carlo Rosselli si china su Turati e lo bacia. A bordo abbiamo per fortuna due bravi uomini di mare, Dabove e Oxilia. […] Al largo veniamo investiti da un furioso vento di libeccio. Ondate su ondate si rovesciano sul motoscafo. […] Al mattino del 13 dicembre ci apparve la Corsica. […]Alle 10 entriamo nel porto di Calvi.[…] I corsi pensavano si trattasse di una spedizione fascista. Già allora il fascismo, nella sua follia, andava rivendicando Nizza, Savoia e la Corsica. Scendemmo a terra inzuppati d’acqua. Fummo dai gendarmi condotti alla Capitaneria. Ci fanno sedere come tanti imputati, dinanzi al Comandante della Capitaneria, il quale come prima cosa, ci chiede chi è il capitano del motoscafo. Ci guardammo l’un l’altro perplessi, nessuno di noi aveva pensato a questa formalità. Ma Turati si alza e dice: <<Moi, Filippo Turati>>. A quel nome i volti dei gendarmi francesi, come per incanto, si rasserenano.[…] Turati chiedeva al governo di Francia asilo politico per sé e per me[…] Le autorità di Calvi furono invitate a darci tutta l’assistenza di cui avevamo bisogno[…] Turati, ricordo, voleva indurre Rosselli a sostare con noi, a non far ritorno in Italia. Ma vane furono le nostre insistenze. Così giunse l’ora del distacco. Carlo Rosselli, Parri, Oxilia, Dabove, Bojancè, Ameglio, il giovane meccanico del motoscafo, decisero di ripartire. Ricordo questa partenza come fosse avvenuta ieri. Ci abbracciammo senza pronunciare parola e cercando di trattenere la commozione, che saliva dai nostri animi. Ed io mi rivedo a fianco del Maestro, sul molo e attorno a noi muta sta la gente di Calvi. Il motoscafo si stacca. Rosselli toglie il tricolore che avevamo issato a bordo e lo agita. E’ l’estremo saluto della Patria per Turati e anche per me. Rimanemmo sul molo, finché potemmo vedere i nostri compagni. Turati aveva gli occhi velati dalle lacrime. […[ E’ difficile dire oggi, senza sciupare tutto con parole povere, quello che accadeva in noi in quel momento. […] Ci sedemmo su una panchina. Che silenzio intorno a noi. Io ascoltavo il mio dolore e quello del Maestro. Ad un tratto egli si mise a dire sottovoce versi da lui fatti nella sua giovinezza. Erano commosse parole di poesia, che lo riportavano indietro, negli anni alle sue prime lotte per il socialismo, insieme alla compagna della sua vita: Anna Kuliscioff. […]<< Questa partenza, -mi disse-, è necessaria non v’è dubbio. […]Tu sei giovane e tornerai in Italia, fatta finalmente libera. Io sono vecchio, ritornerò, ma su un vagone funebre”.

Questa la toccante testimonianza dell’espatrio in Corsica, narrata dallo stesso Pertini.

Mentre Parri e C. Rosselli vengono arrestati al loro rientro in Italia, Turati e Pertini si trasferiscono in Francia. A Parigi, poi a Nizza, il giovane esule si guadagna di che vivere, accettando lavori umili, quali il “laveur de taxis” (lavatore di taxi), l’”ouvrier maçon” (manovale muratore) e il “peintre en batiment” (verniciatore di porte e persiane). Da Nizza Pertini viene espulso nel 1929, perché la gendarmeria locale scopre la sua stazione radio clandestina, dalla quale mandava messaggi in Italia.

Con Turati, Treves e Buozzi si stabilisce in Svizzera, dove si procura il passaporto falso per rientrare in Italia, “per dare una ragione alla nostra vita”, come lo stesso Pertini dichiara nel fitto carteggio epistolare, che tiene con Turati. “Da un anno –Maestro- siamo in esilio e ogni buona ed alta speranza che qui con me avevo portata, va oggi morendo nel mio cuore. Mi guardo attorno e non vedo che dei poveri naufraghi. […] E di là vengono voci, che sembrano chiamare noi […] Ed io ho paura di non sapere resistere a questo richiamo –Maestro-, sento la nostalgia della mia terra, della lotta, che conducevo nell’ombra, nella piccola Savona, sotto un continuo pericolo…”

Funzionari antifascisti del Ministero degli Esteri, dunque, procurano passaporti falsi per il rientro in Italia di Pertini, Turati e Treves.

Il 16 aprile del 1929 il giovane socialista viene riconosciuto da un avvocato savonese, mentre stava attendendo un amico antifascista, nei pressi della Torre di Pisa. Segnalato, poi inseguito da un gruppo di militi, viene arrestato e condannato ad 11 anni di reclusione dal Tribunale Speciale di Difesa dello Stato. Pertini accoglie la sentenza al grido: “Viva il socialismo, abbasso il fascismo”.

Dal Regina Coeli di Roma l’irriducibile antifascista scrive alla madre (23/12/1929): “Mia buona mamma, sono riuscito a procurarmi un pezzo di lapis e un po’ di carta e tento di scriverti, nonostante questi maledetti ferri, che mi stringono i polsi. Voglio che ti giungano i miei auguri per il nuovo anno…”

Da Roma viene trasferito dapprima a Napoli, poi nel carcere di Turi, in provincia di Bari, dove stringe una fraterna amicizia con un altro insigne antifascista, Antonio Gramsci.

“Un giorno mi trasferiscono, perché ho preso le difese di Gramsci (gravemente debilitato dal carcere duro)…e glielo dico: <<Gramsci, mi rincresce, devo andare…mi rincresce lasciare Turi…perché lascio te e la tua compagnia…con te io avevo sempre da imparare qualcosa, Gramsci…>>. Così, nel corso di un’intervista del 1982 a Enzo Biagi, Pertini documenta il suo trasferimento nel carcere di Pianosa. Come si legge nella laconica ricostruzione biografica, pubblicata sul Sito del Quirinale, Pertini sconta i primi sette anni di carcere, poi viene assegnato al confino per otto anni. Nonostante l’aggravarsi delle condizioni di salute, respinge la richiesta di grazia, presentata dalla madre, “perché, mamma, nella vita talvolta è necessario saper lottare, non solo senza paura, ma anche senza speranza. E così oggi lotto io, mamma. Lasciatemi qui in carcere con la mia fede […].” Nella piccola isola di Ventotene Pertini sconta gli anni del confino di polizia, insieme a molti altri compagni socialisti e comunisti, tra i quali Terracini, Fancello, Scoccimarro, Secchia e Spinelli.

“Noi laggiù vivevamo secondo regole immutate, che dovevano essere rispettate con rigore: si poteva uscire dagli stanzoni, dove alloggiavamo dalle 3 alle 50 persone, verso le otto del mattino; bisognava rientrare per le otto di sera. Non si doveva superare un certo limite, appunto il confino.” Questa è la descrizione sulla vita dei confinati politici, che viene resa dallo stesso Pertini in un’intervista ad Enzo Biagi per La Stampa (7/08/1973).

Il 25 luglio 1943 la radio diffonde la notizia delle dimissioni di Mussolini, il quale in realtà era stato arrestato dai carabinieri e trasportato a bordo di un’autoambulanza. Il governo viene affidato al Maresciallo Badoglio. Pertini e i compagni al confino, vengono liberati nell’agosto dello stesso anno. Tuttavia, per un tentativo di evasione, quando ancora era in carcere al Regina Coeli, viene nuovamente arrestato dalle SS. Benché gli fosse stata inflitta la condanna capitale, la sentenza non verrà mai eseguita. Nel 1944 Pertini riesce ad evadere dal carcere con Saragat e riprende “l’opera di combattente audacissimo della Resistenza”, in qualità di responsabile del Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia (C.L.N.A.I.), grazie alla quale viene insignito della medaglia d’oro al valore militare.

L’attività giornalistica e quella parlamentare caratterizzeranno l’impegno, negli anni del dopo-guerra, del “Presidente dei viventi e non dei burocrati”; così Prezzolini definì Pertini .

Per tre volte ha assunto la direzione dell’Avanti. E’ stato eletto Deputato per sei legislature consecutive. L’elezione a Presidente della Repubblica è giunta il 08/07/1978.

Marzio Breda sul Corriere della Sera del 20/02/2000 sostiene che la gente lo adorava, mentre la politica lo criticava, “anche perché si pagava il biglietto d’aereo, andava a sciare con il Papa, festeggiava come un qualsiasi tifoso la nazionale di calcio, vegliava l’agonia di un bimbo e di Berlinguer”.

Peter Nichols del Times definisce il periodo in cui Pertini ricoprì la massima carica dello Stato, con queste parole: “Per la prima volta in Italia la gente sente dire da uno che sta molto in alto, quello che dicono i vicini di casa”.

Sandro Pertini, “il combattente per la libertà” è deceduto a Roma il 24 febbraio 1990.

Posted in Attualità, Eventi, Libri | Tagged , , , , , , , , , | Leave a comment

Il libro è ancora una garanzia di successo, rispetto alla potenza mediatica dell’e-book

Il piacere di leggere seduti su una panchina al parco, oppure in spiaggia, o magari a letto prima di dormire, o anche in libreria sfogliando un libro, è così appagante che in Italia l’esplosione delle vendite degli e-book e della pirateria letteraria ben difficilmente produrrà i risultati conseguiti dall’editoria elettronica in altri Paesi.

In fondo il gesto di entrare in libreria è di per sè un desiderio che precede la scelta del libro stesso. Mentre negli Stati Uniti il colosso anglo-americano Borders è sull’orlo del fallimento, in Italia il successo delle librerie tradizionali con l’apertura di nuovi punti vendita testimonia l’approdo di tanti giovani alla antica e intramontabile professione del “libraio”.

Chi aveva pronosticato la morte del libro cartaceo deve ricredersi: basti dare una sbirciatina al numero di clienti-lettori che affollano le librerie italiane, anche nei giorni festivi e in orario serale. Non solo.

In crescita risulta anche il numero di aspiranti librai che frequentano le scuole ad hoc presenti nelle città italiane di antica tradizione libraria e umanistica, come Venezia, Milano, Orvieto e tra gli allievi non figurano solo giovanissimi, ma anche adulti che hanno a cuore i corsi di aggiornamento professionale.

Se pensiamo che la chiave del successo delle vendite dei libri è affidata nella stragrande maggioranza dei casi al “classico consiglio del libraio”, riusciamo a cogliere a pieno il valore culturale e umano di una professione che non ha risentito delle gravi conseguenze della crisi economica e che merita di essere salvaguardata e tramandata con rigore.

“E’ risaputo –spiega il giovane libraio Leonardo Romani della Libreria “Le Querce” del Lido degli Estensi (FE)- che al mare in estate si legge di più, soprattutto i gialli, i romanzi noir e rosa, letture distensive, per distrarsi durante le ferie, mentre in inverno prevalgono le tendenze storiche, legate a libri di elevato spessore culturale.”

Insomma ce n’è per tutti i gusti in libreria, mentre per l’e-book in Italia i tempi non sono ancora maturi…

Katia Romagnoli

Posted in Attualità, Eventi, Libri | Tagged , , , , , , , , , | Leave a comment

Per chi ama i paesaggi e la fotografia.

Gli appassionati di tramonti e scorci urbani di rara bellezza hanno un motivo in più per recarsi a Comacchio domenica 17 aprile 2011: un workshop gratuito di fotografia è in programma dalle ore 17:30 alle ore 20:30 nel Centro Storico della cittadina lagunare, a due passi dal Delta del Po e dalla Riviera Adriatica.

Per aderire all’iniziativa, completamente GRATUITA è necessario iscriversi a [email protected] e portare al seguito la propria macchina fotografica. Il workshop è aperto a tutti, anche agli inesperti di fotografia. Il luogo di ritrovo è la magica cornice del Monumentale Ponte Trepponti a Comacchio sul lato della Pescheria Vecchia, angolo via Muratori, alle ore 17:30.

Dopo la registrazione dei partecipanti, seguirà una breve lezione teorica e pratica sulla fotografia di paesaggio e dalle ore 18:30 alle ore 20:30 si effettueranno le esercitazioni pratiche con gli scatti di Comacchio al tramonto.

La calda luce del tramonto permetterà di realizzare scatti di forte suggestione. In caso di maltempo il workshop è destinato a slittare a DOMENICA 15 MAGGIO 2011.

Sarà un’occasione per passeggiare tra stradine, ponti affiancati dai canali, lungo gli edifici storici del centro di Comacchio, scambiando con gli altri partecipanti conoscenze ed esperienze sull’arte della fotografia.

Katia Romagnoli

Posted in Attualità, Eventi, Mostre e Musei | Tagged , , , , , , , , | Leave a comment

Il caso Aldrovandi: una mamma e un giornalista alla ricerca della verità

“Una famiglia ed un giornalista vengono a conoscenza di una realtà ben diversa e ben peggiore purtroppo di quella che immaginavano e insieme vanno alla ricerca della verità” – ha dichiarato Filippo Vendemmiati, giornalista della Redazione Rai dell’Emilia Romagna, in apertura della serata di presentazione del suo “E’ stato morto un ragazzo”, il film-documentario sull’agghiacciante “Caso Aldrovandi”. L’evento culturale, moderato da Leonardo Romani della Libreria Le Querce del Lido degli Estensi (FE) si è svolto venerdì 1 aprile 2011 presso il Circolo Arci VOODOO di San Giuseppe (FE) e ha visto la partecipazione di Vendemmiati, nel riuscitissimo ruolo di autore, regista e scenografo del film, presentato alla 67^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

Lo scorso 29 gennaio Vendemmiati ha ricevuto dalle mani di Ettore Scola, Presidente del Bifest di Bari, il “premio al miglior regista di film documentario”.

Il film è la testimonianza cruda di quanto avvenne all’alba del 25 settembre 2005 in Via Ippodromo a Ferrara e che portò alla morte il giovane Federico Aldrovandi di soli 18 anni, ma è anche la storia di quanto avvenne dopo, con l’obiettivo di cercare verità e giustizia per il riconoscimento della dignità del ragazzo.

Patrizia Moretti, la tenace madre di Federico, deceduto non a seguito di incidente staradale, come si era paventato non vedendolo rincasare, dopo la prima telefonata della polizia, ha detto con forza che “Questa è un’occasione importante per la mia famiglia, per dare un futuro a chi resta, al fratello, agli amici, a tutti noi nel nome di Federico  che non c’è più”.

Il film raccoglie le testimonianze rese in aula dalle parti (accusa-difesa-testimoni-periti) dopo che il caso fu “liquidato” come morte di un giovane a seguito di overdose.

Ancora dopo diversi mesi dalla morte di Federico,  il 23 febbraio 2006 i giornalisti vengono trattenuti a lungo presso la Procura della Repubblica per una conferenza stampa, dalla quale trapela che “Federico è morto per infarto. Il suo cuore non ha retto all’uso di eroina e anfetamine”, mentre i periti parlano di un’altra verità.

La morte di Federico invece è da attribuire allo schiacciamento del torace, schiacciamento procurato dagli agenti delle volanti intervenuti all’alba del 25 settembre 2005 in Via Ippodromo.

Ann Marie, cittadina camerunense in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno per prima parla, rimuovendo la coltre di nebbia che aveva offuscato anche l’opinione pubblica della civilissima Città di Ferrara, in cui io stessa sono nata e vivo.

Dall’angolo del suo  balcone Ann Marie racconta di aver visto la scena: gli agenti sopra il corpo del ragazzo, colpito dai manganelli. “Tutti e 4 sopra di lui e continuavano a picchiarlo”.

La morte di Federico avviene per compressione del torace.  Un colpo di scena nell’inchiesta giudiziaria si verifica grazie alla testimonianza del Prof. Gaetano Thiene, anatomo-patologo, esperto di patologie cardio-vascolari. La macchia blu rinvenuta sul cuore del diciottenne può essere solo riconducibile a morte violenta e non a cause naturali.

“Il messaggio che esce da una vicenda come questa – ha spiegato Vendemmiati dopo la visione del suo film documentario – ha una connotazione positiva, perchè un minimo di giustizia è stato ottenuto”.

Nelle librerie è disponibile anche il libro “E’ stato morto un ragazzo”, grazie al quale si può e si deve riflettere sugli insabbiamenti, le omissioni, i ritardi e gli abusi di potere che all’inizio dell’inchiesta stavano portando il caso Aldrovandi ben lontano dalla verità.

Katia Romagnoli

Posted in Attualità, Eventi, Libri | Tagged , , , , | Leave a comment

Il successo dei romanzi gialli e noir spiegato da 4 scrittori

Mi è capitato recentemente di intervistare alcuni autori di gialli, noir e thriller storici: devo ammettere che ciascuna di queste occasioni è stata per me altamente formativa. Un narratore, a mio giudizio, è più di tutti una persona di grande sensibilità e di spiccata umanità, oltre che di vasta cultura; questo post racchiude i passaggi salienti di alcune mie interviste recenti, da cui si evincono qulle componenti.

Alfredo Colitto ha dato alle stampe il thriller storico “Il libro dell’angelo“, che chiude una fortunata trilogia. Parlando di fonti e di storia dell’anatomia ha dichiarato: “Le fonti sono molte. Tra cronache dell’epoca e testi di medievistica contemporanei, verrebbe fuori una lista troppo lunga e ancora rischierei di aver dimenticato qualche titolo. Ma il tempo dedicato alla ricerca è parte integrante della scrittura. A volte nei libri che consulto trovo qualcosa che mi colpisce, un posto o un evento a cui all’inizio non avevo pensato, e cambio la trama in modo da includere questo nuovo stimolo, sempre che riesca a trovare un modo in cui il cambiamento di trama arricchisca la storia che sto narrando. Nel Medioevo le ingerenze della Chiesa nei confronti della scienza consentivano studi anatomici solo su pericolosi criminali. Il protagonista dei miei romanzi Mondino De’ Liuzzi è medico anatomista, ma è anche investigatore e diventa simbolo di una laicità e di un rigore “rivoluzionari” per il suo tempo… Mi piace pensare che il Mondino realmente esistito non fosse molto diverso da quello che presento nei miei romanzi. Ovviamente non investigava su misteriosi delitti, si limitava a insegnare all’università e a praticare la medicina, ma visto che è stato il primo a riprendere la dissezione su cadaveri umani dopo oltre mille anni che era stata abbandonata, e visto che criticava Aristotele e Galeno quando le loro teorie non corrispondevano a ciò che l’osservazione diretta gli rivelava, direi che di fatto era un rivoluzionario nel suo campo.”

Marcello Simoni è un giovane scrittore, esperto di archeologia. Il suo thriller storico El secreto de los cuatro angeles, pubblicato e tradotto in Spagna per Boveda Editorial, sta riscuotendo un grosso successo. A proposito dell’ambientazione del thriller storico, ha spiegato: “Il Medioevo è un periodo  che mi ha sempre affascinato. Ciò non deriva dal fatto che venga etichettato (erroneamente) con la definizione di “secoli bui”: il buio – inteso come dimensione dell’intolleranza, della violenza e dell’ignoranza – caratterizza aspetti anche attuali delle vicende umane, e non lo si può cancellare nascondendolo dietro una cattiva interpretazione storica. Il Medioevo, al contrario di quanto spesso si dice, è stato un periodo caratterizzato dallo sviluppo della medicina, della matematica, della scienza in generale, ma pure della filosofia, dell’arte e della teologia. L’aspetto più curioso della cultura medievale è tuttavia la sua componente esoterico-paganeggiante, che sfocia in quel sapere occulto comunemente definito “ermetico”. Secondo questa tradizione, evocare esseri soprannaturali equivarrebbe a una vera e propria scienza. Anzi, a un’arte. Il mio romanzo parla appunto di questa arte: l’evocazione angelica.”

Scrittore noir, esperto di antropologia culturale ed etnografia, Eraldo Baldini, ha dato vita al genere definito “gotico”. I riferimenti al folklore, alla superstizione popolare e le ambientazioni dicono molto della sua narrativa: “Quelle che prediligo sono le ambientazioni in luoghi in cui la natura sia ancora padrona, ancora non cancellata né addomesticata dall’uomo; poi, che si tratti dell’Appennino (da cui proviene mia madre) o della Bassa (luogo di nascita per me, e di origine della mia famiglia paterna), non fa molta differenza: entrambi gli scenari sono ricchi di fascino e di suggestioni, anche e soprattutto narrative. Sono zone in cui posso facilmente collocare le mie storie e muovere i miei personaggi, sia quelli materiali che quelli partoriti dall’immaginario collettivo di comunità che, per vivere, dovevano fare quotidianamente i conti con l’asprezza del loro ambiente, con la preponderanza di una natura né buona né cattiva, ma solo “potente” e piuttosto indifferente ai destini degli umani. Sono quelle le aree in cui le credenze della cultura popolare e contadine, le vecchie leggende e superstizioni, ancora trovano modo di concretizzarsi, di ri-manifestarsi e, anche, di inquietare.” L’ultimo romanzi di Baldini è “L’umo nero e la bicicletta blu”, Einaudi Editore.

Maurizio Blini, infine è un giallista esperto di criminologia, dato che per 30 anni è stato Commissario di Polizia e parla infatti da addetto ai lavori:  “Io ho lavorato in polizia per oltre trent’anni. Ho fatto realmente l’investigatore e pertanto ritengo doveroso rappresentare quel mondo nel modo più realistico possibile. Ho sentito l’esigenza di uscire dallo stereotipo tipico dello sbirro televisivo ponendo, quale contraltare, personaggi semplici con le loro virtù ma anche con i loro vizi. Insomma,  cerco di raccontare la storia di chi è dentro e dietro alla divisa. Spesso un anti eroe, con le sue paure, i suoi difetti, i suoi limiti. Uomini e donne normali, immersi nella vita di tutti i giorni ed ai suoi problemi. Meucci e Vivaldi sono uno l’alterego dell’altro. In loro ho suddiviso un po’ me stesso. Sono entrambi soli, anche se per ragioni diverse, amano la musica e la buona tavola. Vivaldi è anche un abile cuoco. Esaltare i piaceri della tavola significa umanizzare maggiormente i miei personaggi ed avvicinarli al pubblico. Il lettore spesso si immedesima nelle persone che posso essere simili a lui, nel bene  e nel male. Non abbiamo bisogno di eroi, ma di persone simili a noi.”

Maurizio Blini al Suzzara Noir Festival 2011 ha presentato “L’uomo delle lucertole”.

Tutte le interviste sono disponibili su http://milanonera.hotmag.me/

Katia Romagnoli

Posted in Attualità, Eventi, Libri | Tagged , , , , , , , , , , , , | Leave a comment

Il futuro della scuola secondo Roberto Vecchioni

“Per dare un senso alla nostra vita, dobbiamo dare un senso alla nostra scuola”. Con queste parole Roberto Vecchioni è intervenuto il 19 luglio 2010 ad un partecipatissimo dibattito sul futuro della scuola italiana, che si è svolto nell’ambito della Festa Provinciale del Partito Democratico di Ferrara.

Uomo di vasta cultura filosofica e letteraria e di quasi quarantennale esperienza di insegnamento, Vecchioni è anche uno stimato cantautore che si è aggiudicato l’edizione 2011 del Festival di San Remo, ma è soprattutto un uomo di straordinaria semplicità, capace di sognare e di far sognare.

“Fondamento della nostra millenaria cultura che si chiama Umanistica è darle un senso, affinchè possa formare e far crescere i giovani. E’ una questione di sentimento – sottolineava Vecchioni al dibattito pubblico -e non di razionalità e basta, come vorrebbe propinarci la Riforma Gelmini”.

La Scuola deve essere il mezzo per creare uomini in grado di provare sentimenti e non lo strumento in grado di creare professionisti, tecnici che conoscono solo la loro limitata sfera di competenze: questa è la sintesi del Vecchioni-pensiero e finchè non ci sarà una Scuola che non comunica il senso del bello, anche nella comunicazione dei valori, il suo ruolo nella società moderna sarà vano.

Come dargli torto?

“Per il poeta che non può cantare
per l’operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero”.

Questa strofa della canzone vincitrice a San Remo “Ciamami ancora amore” è come uno scrigno che racchiude la bellezza e la forza della Cultura. E molto altro ancora…

Katia Romagnoli

Posted in Attualità, Eventi, Libri | Tagged , , , , , , , , , , , | Leave a comment

Shopping in centro con i beniamini a 4 zampe

Degno di nota è il gesto di un commerciante che in pieno centro storico a Ferrara ha avuto un occhio di riguardo per i nostri beniamini a quattro zampe. Tutti i giorni davanti all’ingresso della cartolibreria “Pasello” di Via Canonica, 16 a Ferrara fa bella mostra di sè una ciotola piena di acqua fresca per i cani a passeggio con i loro proprietari,  lungo le vie rinascimentali della Zona a Traffico Limitato.

Non solo! Accanto alla ciotola figura un bel cartello con dedica per i nostri amici a 4 zampe. Un segnale di encomiabile sensibilità dunque verso gli animali, che sicuramente offrirà spunti di riflessione e, perchè no?,  di emulazione da parte di altri commercianti e pubblici esercizi.

E’ di questi giorni la truce insopportabile notizia dello “sterminio” di un centinaio cani Husky impiegati in occasione dell’inaugurazione delle Olimpiadi di Vancouver, nonostante il riconoscimento dei diritti degli animali sia ormai divenuto un codice riconosciuto a livello internazionale.

Cogliere la sensibilità di un commerciante nel centro storico di una Città riconosciuta dall’Unesco quale Patrimonio dell’Umanità, contribuisce a ben sperare che l’impegno più diffuso e capillare verso il riconoscimento dei diritti alla salute e al benessere dei nostri animali, si imponga come un autentico progresso culturale e sociale, come un fatto di civiltà e non come un optional.

Posted in Attualità, Eventi | Tagged , , , , , , , , , , | Leave a comment