Mettiamoci il naso

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Tanto per voler metterci il naso, possiamo osservare che dei sensi l’olfatto è tra i più gettonati nei nostri pensieri e persino nei modi di dire e nelle espressioni figurate: non ricordarsi dalla bocca al naso, avere la puzza sotto al naso, lasciare con un palmo di naso, mettere il naso fuori casa, avere un buon naso, arricciare il naso e, questo è tra i miei preferiti, giudicare a naso, ovvero seguendo l’istinto, che di solito ci azzecca. Lui.

Per le fanciulle quello alla francese è sinonimo di bellezza e grazia, mentre comunica gravità e personalità quello aquilino nei volti dei maschi alfa. Poi ci si sbizzarrisce in un’infinità di varianti, dal naso a fagiolo, a quello a patata, quello a spugna – quando è rosso e un po’ poroso, indice di elevato e abituale tasso alcolico più che di senilità – e tanto per aggirarsi al limite dela linea rossa del bon ton gira voce che esista una correlazione tra la morfologia del naso e quella dei più segreti territori maschili: guardando il volto si può sapere cosa resta celato allo sguardo!

I nostri plurivalenti e impegnati nasi non si sottraggono neppure a un impegno transfrontaliero, infatti nonostante la crisi economica e dell’occupazione, la rinoplastica è in continua crescita, addirittura alcune finanziarie concedono finanziamenti per sottoporsi all’operazione. Ritrovarsi nell’immagine che si ha di se è tra le prime lettere scritte nell’alfabetiere del successo, senza dubbio.

“Non sento gli odori” dichiara qualcuno – e in certi frangenti è una fortuna, sicuro -

oppure “ho un fiuto da segugio” proclama chi al contrario con l’olfatto svela piccoli misteri, come le spezie che cuociono in pentola, i fiori sbocciati in giardino, il tempo, si il tempo atmosferico, prima di vederlo lo si può annusare e poi i ricordi, quelli ci fanno fare viaggi interstellari in un battito di ciglia. Alcuni odori ci irritano, altri ci spalancano il cuore prima che la mente se ne accorga. Poi c’è l’odore della pelle, quel personalissimo richiamo che la natura ci ha regalato, per ognuno diverso. Ognuna di noi ha fantasticato col naso immerso in una maglietta o in una camicia, rendendo la distanza meno lontana.

Un odore che amo è quello familiare e rincuorante della carta, non che la famiglia sia sempre rincuorante, la carta si, tranne quando è vecchia, ingiallita e umida, allora ha in se la malinconia degli ultimi istanti, la tristezza del non ritorno, rievoca tempi passati che forse saranno persi anche dal ricordo. Il ricordo, quella magia che con la sola evocazione dona nuova vita a emozioni del passato.

Ero seduta in spiaggia, stavo prendendo un po’ annoiata il sole e mi guardavo intorno. Lo sguardo si era fermato come una calamita su un ragazzo che sfogliava un quotidiano. La molla era scattata, di fatti accortosi delle mie attenzioni mi si era avvicinato e dopo una decina di minuti stavano conversando. In tutta sincerità non ricordo né il volto né gli argomenti, l’unico elemento di attrazione era stato il suo giornale. Non era fresco di stampa e io ho proseguito fiutando altre piste.

Ero una bambina con le trecce e tante domande in serbo, in un intervallo per il pranzo ero pigramente seduta sotto un acero rosso del giardino della scuola a godere della danza dei miei pensieri che aleggiavano insieme alle foglie dalle sfumature variopinte che dai rami di tanto in tanto cadevano a terra. “Pum” un tonfo sordo ma soprattutto una botta netta, il pallone sulla mia faccia. Per fortuna il naso ebbe la meglio, colpito di sbieco non si era arreso all’aggressione estranea, ma si era erto e rivolto con sdegno ai colpevoli del fuori area. Lui, la prima vedetta, sempre in avanscoperta nei nostri percorsi, il primo a rischiare porte in faccia e a metterci la faccia, se restiamo con un palmo di naso. Perché molto spesso è tutta questione di naso.

Jacky

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