“WOODY” LIBRO, “WOODY” CANE, “WOODY” MONDO. INTERVISTA ALL’AUTORE FEDERICO BACCOMO, SCRITTORE DELLA SPONTANEITÀ

Duecentoquarantanovesimo-post_Intervista-Woody-Federico-BaccomoCompagni di viaggio capaci di tenerezza, questa settimana vi racconto una storia. Che contiene una storia. La quale racconta un’altra storia ancora.
Dal veicolo meno poetico e letterario al mondo, il social network, leggo il titolo di un libro uscito da pochi mesi, un libro che sembra avere il sapore di delicatezza, di quotidiano e bello, che evoca quel richiamo di sensazioni date troppo spesso per scontate che ti faranno sempre sentire a casa. Finalmente qualcosa di diverso, qualcosa di semplice! Vado in libreria e con “Woody” tra le mani inauguro un nuovo tipo di biblioteca personale.
“Woody” mi tiene sveglia, mi tiene compagnia, mi regala una risata, mi ricorda la quotidianità di tante ingiustizie presenti tutti i giorni, mi riaccende il coraggio di lottare per la propria casa, mi rassicura di speranza.
“Woody” sa: un sapore di tematiche forti, di scorrevolezza, di divertimento letterario, e di un tocco così leggero da rimanere impresso per sempre nel cuore.

La parola all’autore, Federico Baccomo, capace di stupire chiunque, pure se stesso.

1.Nel libro “Woody” si parla di semplicità del quotidiano, a farlo è un cagnolino domestico di razza basenji. Da dove proviene la scelta del protagonista? Perché un cagnolino e perché proprio basenji?

Mi piaceva l’idea di raccontare una storia a partire non tanto da un evento, quanto da un punto di vista. E il punto di vista di un cane mi sembrava insieme abbastanza familiare da poter essere affrontato e abbastanza originale per potermi sorprendere. Il basenji è venuto dopo: avevo in mente una fisionomia e un carattere che il basenji, un cane molto curioso e anarcoide, impersonava alla perfezione.

2.Tornando al tema della semplicità, quasi un secondo protagonista del libro, hai ritratto un cagnolino apparentemente debole, in realtà forte e determinato a tornare alla scelta di vivere senza pretese, avendo come punto fermo la fedeltà alla sua padrona umana. Quanto reputi importante la semplicità per vivere una vita piena e veramente realizzata?

Dipende da cosa si intende per semplicità. Per me è una sorta di bussola, un modo di orientare il comportamento. Probabilmente la fortuna dell’insegnamento biblico per eccellenza – ama il prossimo tuo come te stesso – deve tutto alla semplicità del suo contenuto. Amare, rispettare, donare, non hanno bisogno di troppe specificazioni. Di mio, sarei più portato verso l’altro estremo: la complessità. Ogni uomo, ogni evento, ogni situazione, presenta sfumature che, oggi, con una certa fretta di giudizio, si tende a cancellare. Ecco, mi viene da pensare che dobbiamo essere complessi nell’osservare, e semplici nell’agire.

3.Anche la fedeltà sembra un tema a te caro. Woody, pur di difendere la padrona da un brutto guaio, non esita a mettersi in gravi guai, dando prova di tanto coraggio. Per quale motivo hai scelto di parlare di fedeltà?

In realtà non scelgo mai di cosa parlare, cerco di essere il più fedele (per restare in tema) al personaggio. Parlando di un cane, la fedeltà vien fuori in modo automatico, eppure mi ha sorpreso scoprire le declinazioni che questa fedeltà assume nella storia, che diventa fedeltà agli affetti, ma anche al proprio modo di guardare il mondo, alle proprie scelte, a un’idea di mondo che spesso abbiamo la tentazione di tradire.

4.Nel libro affronti il tema, grave e purtroppo attuale, della violenza sulle donne, nell’episodio dell’aggressione della padrona di Woody da parte del fidanzato. Quale motivo ti ha spinto a parlare di questo tema, soprattutto da un punto di vista puro, come quello visto dagli occhi di Woody?

Anche in questo caso, non c’è stata una scelta alla base. L’immagine da cui è nato il libro era quella di un cane con le sbarre di una gabbia davanti e una domanda nella testa: che ci faccio qui? La storia nasce dal tentativo di dare una risposta a quella domanda. E da lì, piano piano, son saltati fuori Laura, Filippo e tutto il mondo di Woody. Sembra sciocco a dirsi, ma quando Filippo fa quello che fa, io stesso mi son trovato a pensare: “Ma tu guarda, ‘sto pezzo di…”

5.“Woody” è anche un libro di esercizio stilistico. Hai costruito la vicenda su un gergo, quello di Woody, sintatticamente elementare e complesso nei significati. Dietro a questo paradosso vi è un’intenzione ben precisa?

Sì, cercavo di trovare una voce coerente con lo sguardo che avevo scelto di assumere. Una voce che potesse rispecchiare un pensiero semplice, ingenuo, perso in uno stupore continuo. Woody usa una sintassi particolare, con un uso bizzarro della punteggiatura, che cerca di dare un ritmo al lettore, in modo da suggerire una modulazione di pensiero. È l’aspetto del libro su cui mi son divertito di più a lavorare.

6.Dall’inizio alla fine del libro descrivi i maltrattamenti sugli animali da parte di operatori di enti preposti dalle capacità professionali opinabili. “Woody” libro e Woody protagonista ricordano che anche gli animali sono esseri viventi, dotati di coscienza, emozioni e, perciò, sofferenza. Oltre all’evidente denuncia di ingiustizie di questo tipo, quale è stata la scelta di descrivere questi fatti dal punto di vista delle vittime, gli animali?

Anche in questo caso, non c’era nulla di meditato. Man mano che scrivevo la storia, mi son reso conto quanto la violenza, in tante forme, si insinuasse nel mondo di un personaggio che, di suo, sarebbe capace solo di amore. Era un contrasto che mi piaceva e ho pensato fosse una strada da percorrere, sapendo che per una volta avevo in mano un personaggio che a quella violenza non si sarebbe mai arreso.

7.Nel libro emerge una forte fiducia nella speranza che qualcosa di buono possa sempre accadere, anche quando ogni luce sembra svanire nel buio. Per simboleggiare la speranza e la sua forza, che azzera ogni ingiustizia, hai scelto un anziano professionista, sicuro e deciso a riportare le vicende sulla via della giustizia, ponendo fine alle sofferenze delle vittime appena risulta possibile, senza esitare. Da quale tua idea nasce un personaggio così forte, nonostante appaia per poche pagine?

La speranza è un elemento ricorsivo in quello che scrivo, mi sembra che una storia di narrativa non abbia senso se non contiene un nucleo di speranza. Nei miei libri precedenti prendeva varie forme – una bambina, una svista giudiziaria, una lettera di dimissioni – questa volta c’è un uomo, uno che allunga la mano non per picchiare, ma per accarezzare. Sorrido, però, del fatto per cui lo definisci “un anziano professionista”: nella mia testa ha poco più di trent’anni ed è già un po’ innamorato della protagonista.

8.“Woody” finisce con questa frase: “Ma, soprattutto, che cosa è: eroe?” (cit.) Appunto, chi e cosa è un eroe?

Quella è la domanda con cui Woody lascia il lettore e lascia, soprattutto, me. Credo che ogni giorno finiamo per darci una risposta diversa, la vera sfida mi sembra cercare di essere sempre all’altezza di quella risposta.

9.Il libro è stato illustrato da Alessandro Sanna. Come è stato vivere la propria opera letteraria con la completezza di un’illustrazione artistica che sviluppa ulteriormente la vicenda?

Fin da quando ho cominciato a scriverlo, era un libro che immaginavo accompagnato da alcune illustrazioni, un modo per rendere prezioso, oltre al contenuto, anche il contenitore. Il lavoro di Sanna è stato meraviglioso, con pochi tratti ha tirato fuori il personaggio dalle parole e gli ha dato forma.

10.“Woody” è un libro unico, un libro che parla di speranza, di delicatezza, di fiducia, di gioia e di dolore, di coraggio e di paura, dell’attuale, anche nei brutti fatti di cronaca, e del desiderio di un futuro più puro. Pensi che una sorta di Nuovo Rinascimento sia possibile? E credi che “Woody”, libro, e Woody, cagnolino, abbiano fatto la propria parte?

Sarebbe bello poterlo credere, ma temo di non avere un ruolo tanto importante, mi basta che qualcuna delle emozioni – rabbia, gioia, furia, sollievo – che il libro ha regalato a me possa passare a un lettore e restare con lui anche qualche tempo dopo che ha chiuso le pagine.

Credo che “Woody” stia già calcando la zampa, soprattutto ponendosi una domanda, difficilissima: “… che cosa è: eroe?”

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One Response to “WOODY” LIBRO, “WOODY” CANE, “WOODY” MONDO. INTERVISTA ALL’AUTORE FEDERICO BACCOMO, SCRITTORE DELLA SPONTANEITÀ

  1. BONNYE & CLAY says:

    Mi piace questa intervista: è attuale, riscontra problematiche vissute da tante persone, di una tenerezza infinita. Ci si immedesima.
    Sarebbe splendido se il libro lo si potesse leggere su larga scala, se si trovasse il tempo di leggere più spesso. Questo libro dimostra come sia possibile ridurre l’aggressività e ragionare con una luce diversa, più chiara.

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