Nati con la valigia

Da Bari ad Otranto: un viaggio nella storia

Pubblicato il 31- Oct - 2012

Di Rita Esse

Il biglietto vinto con Alitalia sul volo di ritorno da Boston mi ha dato l’opportunità di ritornare in luoghi di cui serbavo ricordi bellissimi. Accade, talvolta, che i ricordi, mitizzati dal tempo trascorso,danneggino l’immagine del presente. Fortunatamente non è stato così.

Scendendo da Bari verso il Salento, ci affacciamo su Polignano a Mare dallo spettacolare centro storico a picco su un impressionante dirupo. La bella Cattedrale dedicata a San Vito riserva la sorpresa di un antico presepe con statue di terracotta a grandezza naturale.

Altra tappa d’obbligo le rovine di Egnazia che ricordavo scarsamente segnalate e semicoperte dalla vegetazione. Sono state giustamente valorizzate ma il loro fascino è immutato. Non ho più trovato, nascosti tra le rovine, i pomodorini selvatici che sapevano di salsedine ma è stata comunque una sosta interessante e consigliata a chiunque passi da quelle parti.

Lasciando Egnazia abbiamo abbandonato la statale Adriatica per perderci lungo la litoranea che si snoda abbracciando il mare. Ci sono tratti di costa ancora del tutto privi di costruzioni dove è facile incontrare solo qualche gabbiano pigro che si lascia avvicinare senza timore. Proseguendo si passa attraverso Savelletri dove, purtroppo, il boom edilizio ha bruscamente cambiato quello che era un minuscolo villaggio di pescatori. Nessuna traccia dei campi di golf e dei prestigiosi resort: sono nell’entroterra, protetti dalla rigogliosa vegetazione. Ancora mare, scogliere basse e silenzio prima di raggiungere Torre Canne raccolta intorno al suo faro. Qui solo costruzioni armoniosamente inserite nell’atmosfera di borgo marinaro.

Lasciamo la costa diretti verso le campagne di Ostuni dove ci perderemo, nel senso letterale ed anche in quello metaforico, nell’incanto di due Masserie. Da qui partiremo alla volta del basso Salento per visitare Lecce e Otranto.

Lecce: la signora del barocco

Dopo il 1571 e la definitiva sconfitta dei Turchi nella battaglia di Lepanto, l’euforia per la pace ritrovata diede alla città un grande sviluppo che si tradusse, soprattutto, nella costruzione di chiese e palazzi. Fu la fioritura di un barocco unico e stravagante che, tra il XVII e XVIII secolo, fece di Lecce una città-reggia.

La forte influenza spagnola, il periodo storico della Controriforma che spinse i Vescovi ad ostentare il loro potere con la costruzione di numerosi edifici religiosi, i nobili che non volevano essere da meno in una gara a chi costruiva gli edifici più stupefacenti, tutto ciò ha consegnato ai posteri un patrimonio di bellezza. Ma è proprio la pietra leccese che ha permesso agli scalpellini di scatenare la loro fantasia con trionfi di frutta, fiori e puttini che non finiscono di stupire. E’ una pietra tenera di un caldo colore ambrato che cambia a seconda della luce. Quando le nuvole giocano con il sole, le tonalità della pietra mutano sensibilmente tanto da dare l’impressione che ci sia un tecnico delle luci dietro questa grandiosa scenografia “teatrale”. In certe condizioni di luce, ci sono facciate che, parafrasando Shakespeare, sembrano fatte “della stessa sostanza dei sogni”.

E’ facile lasciarsi catturare e percorrere l’itinerario del barocco, partendo dai rigogliosi giardini della Villa Comunale per visitare il Palazzo dei Celestini, a seguire la Chiesa di Santa Croce, la Chiesa del Gesù, la Chiesa delle Grazie, la Chiesa dei Teatini ed, infine, il Duomo e la sua armoniosa Piazza.

Il Palazzo del Seminario, il Castello di Carlo V, i resti dell’Anfiteatro Romano sono tappe altrettanto importanti di questa città il cui passato convive armoniosamente con il presente. Nella piazza centrale di Lecce dedicata al patrono Sant’Oronzo oltre che ammirare il pavimento a mosaico con lo stemma della città, è consigliabile la sosta in una delle accattivanti pasticcerie per gustare il famoso Pasticciotto di Lecce ripieno di squisita crema pasticcera.

Anche un giro tra i negozi del centro storico permette di apprezzare la solida vocazione artigiana della zona dove la lavorazione della cartapesta e della pietra locale offrono al turista oggetti che testimoniano una tradizione che viene da molto lontano.

Otranto: l’enigma in bilico tra Oriente e Occidente

Ci sono luoghi da cui ti aspetti molto e Otranto era per me uno di questi. Non ci ero mai stata e le mie aspettative non sono state deluse. Il Castello Aragonese accoglie il visitatore con i suoi tre imponenti torrioni narrando tra le sue austere torri merlate un passato guerre, battaglie ed assedi.

Ci perdiamo nel centro storico per raggiungere la Cattedrale. A guardia delle viuzze, statuette di templari invece dei soliti oggetti-ricordo per introdurci gradualmente nell’atmosfera della Cattedrale, posta nel punto più alto della città. Migliaia di crociati, infatti ricevettero in questa chiesa la benedizione prima di salpare per la liberazione del Santo Sepolcro e la presenza, nel territorio, di numerose chiesette dedicate a S. Maria del Tempio ci dicono quanto diffusa fosse la presenza dei Templari.

La costruzione della Cattedrale ebbe inizio nel 1080 e fu ultimata nel 1088 quando Otranto era punto d’incontro di studiosi e uomini di cultura, una sorta di ponte tra Oriente e Occidente.  Si tratta di un’interessantissima fusione di stili molto differenti: dal paleocristiano al bizantino, dal romanico al rosone rinascimentale della facciata. Come se il passato di Otranto fosse raccontato attraverso la storia della sua cattedrale.

Ma è il mosaico impresso sul pavimento a fare di questa chiesa un unicum al mondo. Nel 1163 l’Arcivescovo di Otranto chiese al monaco Pantaleone, preside della facoltà di pittura dell’Università di Casole di riprodurre con immagini quanto lui e i suoi confratelli studiavano ed insegnavano nel loro monastero. Una specie di “bignami” visivo per quella grande moltitudine di fedeli che non sapeva leggere e scrivere. Ma quale messaggio ha voluto veramente trasmettere il monaco Pantaleone? Forse per capirlo si dovrebbe conoscere la cabala ed essere esperti di linguaggi esoterici. Probabilmente nella vicina Abbazia di Casole, il monaco possedeva testi di letteratura gnostica e i Vangeli Apocrifi che lo ispirarono in questa sua sconcertante opera. Osservando il disegno che rappresenta il mosaico è evidente un forte richiamo ai Templari, considerati da sempre i detentori dei segreti della Chiesa. All’ingresso, la base del grande albero della conoscenza che percorre tutta la navata centrale è costituita da due elefanti che formano una specie di coppa, chiaro richiamo al Sacro Graal. Se volessimo sintetizzare il mosaico della Cattedrale di Otranto con termini attuali si potrebbe dire che sembra di entrare in un romanzo di Dan Brown. I personaggi raffigurati appartengono alla storia, alla religione, alla leggenda .Incontriamo Re Artù (ancora un richiamo ai Templari), Caino e Abele, Diana e il cervo ferito, Alessandro Magno, la regina di Saba, re Salomone, il profeta Giona e Sansone. La raffigurazione dello zodiaco e di animali che incarnano i vizi e le virtù dell’uomo rende il mosaico ancora più complesso e di difficile interpretazione. L’albero del giudizio universale mostra a sinistra l’inferno e a destra il paradiso anche qui rappresentati con simboli e figure allegoriche.

Lasciamo la Chiesa consapevoli di non aver decifrato il messaggio del monaco Pantaleone così come di non aver osservato con la dovuta attenzione i dipinti, gli altari e il battistero barocco. E’ d’obbligo, comunque, ricordare l’eccidio dei Martiri di Otranto, indubbiamente la pagina più drammatica della storia di questa città. Nel 1480, dopo un assedio durato mesi, Acmet Pascià prese possesso della città e fece uccidere a colpi di scimitarra tutti i maschi, ben 800, all’interno della Cattedrale dove tutta la popolazione si era rifugiata. Le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù.

All’uscita, la luce intensa del sole che riscalda i bastioni ci riporta al presente di questa città interessante ed importante per essere stata,da sempre, un porte verso l’oriente e una sintesi di culture e religioni diverse.

Ostuni: la città bianca

Non potevamo lasciare il Salento senza rivedere la città vecchia di Ostuni e la Cattedrale situata nell’alto della “città bianca”. La salita, attraverso le viuzze del centro storico, rivela scorci suggestivi e pittoreschi e la vista può spaziare verso le distese di ulivi e di quel mare che, a volte, “verde è come i pascoli dei monti”.

A seguire il video realizzato con le immagini di Enea Boggio dei più bei momenti del viaggio in Puglia

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