IL PROFESSIONISTA I LUOGHI E IL SOGNO

i luoghi e il sogno

Tre gli elementi fondamentali per il successo di un romanzo. I personaggi. L’Intreccio. L’ambientazione. A volte ci scordiamo che il terzo può addirittura travalicare i primi due o, quantomeno, diventare quel nerbo che li sostiene nelle loro manchevolezze. Si scrive, di questo sono convinto, fondamentalmente per colpire al cuore. Suscitare emozioni, con i fatti, le parole, le suggestioni. Il famoso “patto con il lettore” che ci permette di approdare a situazioni a volte surrealistiche, incredibili in altri contesti, si suggella a livello emotivo. Anche se si tratta di narrativa d’evasione, di genere, anzi forse proprio per quello, se la vostra storia non ha cuore, difficilmente il pubblico vi seguirà. Ovvio che non si può piacere a tutti e quel legame di affinità emotiva che sentite così forte con alcuni lettori, con altri sarà nullo. Dopotutto non si possono piantare semi tra le pietre.
Il luogo in cui si svolge una vicenda è fondamentale. Nel mio lavoro ha un ruolo di grande importanza, un po’ perché ho sempre concepito i romanzi come piccoli film costruiti con parole e fantasia, un po’ perché da sempre amo essere trascinato al centro di un reame favoloso e suggestivo e voglio trasmettere questa magia ai lettori. A questo punto è necessario fare un distinguo. La realtà e la fiction, procedono parallele, ma il mondo raccontato non è mai esattamente quello reale. Vi si avvicina ma è come se fosse un po’ fuori registro. Per cui se la ricerca e la documentazione sono importantissime, il risultato finale è una vostra rielaborazione di quanto avete appreso. Per piacere e gusto personale ho viaggiato e viaggio moltissimo, sempre con la macchina fotografia e lo sguardo aperto. Raccolgo una grande quantità di materiale iconografico e informativo su ogni posto che mi capiti di visitare. In qualche modo so che, prima o poi, lo utilizzerò come ‘set’ per una storia. Studio i luoghi, cerco di capire come sono realmente, vado alla ricerca di set inediti. Non di rado li costruisco io. E qui ci siamo. L’ambiente che ritraete non è la realtà. Non state scrivendo una guida turistica, un libro di storia o girando un documentario. State appellandovi a quello che Laura Grimaldi, grande editor e narratrice lei stessa, chiama ‘diritto dell’autore’. State svolgendo quell’attività che, intermini di produzione cinematografica, si chiama ‘location scouting’. Il luogo è funzionale alla storia, non un posto reale. Tutto è in funzione della storia, della vicenda che voi avete scelto di raccontare. Che non è la realtà. Quindi tutto, fatte salve alcune regole di coerenza che per esempio non ci permetterebbero di mettere un’autostrada al polo Nord, tutto è permesso. I luoghi, la geografia, i dettagli hanno senso solo se funzionali alla vicenda. E se vi serve una licenza, prendetevela. Narrativa e cinema sono pieni di queste incongruenze con la realtà. Ricordate l’inizio di Quantum of Solace? In un frenetico inseguimento in auto 007 passa da Limone sul Garda alle cave di marmo di Carrara sino ai vicoli di Siena. E quante volte in film e romanzi avete visto luoghi conosciuti cambiare nome, topografia e caratteristiche solo perché…così era meglio. Un po’ come, in un altro campo della ricerca (quello tecnico) alcune storie sono piene di finta tecnologia studiata appositamente per rendere più fluida la narrazione. Chi ha ancora da ridire sul fatto che Lee Marvin in I gangster impugnava un revolver con il silenziatore, cosa che sappiamo impossibile? Qualche grillo parlante. Ma chi lo ascolta? L’emozione che nasce dalla fluidità della storia, l’effetto di un luogo spostato vicino a un altro, persino qualche incongruenza temporale (ma chi calcola esattamente i tempi di 24?) sono al servizio di storie memorabili. Da qui nasce la constatazione che i luoghi, per quanto amati, fotografati, ricostruiti sono solo punti di partenza. Scenografie reali per una architettura fantastica. Il Sogno prende il sopravvento. Distorce e ricrea in funzione della narrazione. Fa vostri luoghi reali, trasfigurandoli in qualcos’altro. Hong Kong, il Sahara, Parigi, l’Oceano e l’Himalaya non sono nomi su una carta geografica. Sono approdi dell’Immaginario e null’altro importa. Si accendono di luci, investiti dalla pioggia o bruciati dal sole per riflesso del mood della vicenda. Sono, come il castello di Dracula immaginato da Coppola, simile a un trono scolpito nella roccia, largher than life. Per questo li amiamo. Si mescoli la realtà alla finzione. Il ponte di Brooklyn non è più se stesso ma un simbolo. È sufficiente vederne lo scorcio per riconoscere le fantasie suscitate non da uno, ma da cento film. Così come, storicamente parlando, il West non è quello che era davvero ma quello che abbiamo sognato in cento romanzi, fumetti, film. So che questa opinione può non essere condivisa da alcuni, ma sono anche convinto che una sterminata schiera di colleghi la pensino come me e così anche tantissimi lettori e spettatori. La narrativa è strettamente legata al fascino dell’ignoto, nella trasfigurazione di ciò che abbiamo visto portata all’estremo per alimentare lo stimolo dell’imprevisto e dell’imprevedibile. Se si toccano le emozioni anche una strada grigia può diventare un luogo mitologico, affascinante. E se dobbiamo modificarne il percorso, aggiungervi dettagli che nel modello originale non ci sono, ben venga. La creatività vince sempre sulla gretta osservazione dei fatti. È alla fine lo stesso principio per cui, anche nella serialità, credo sia opportuno cercare sempre una soluzione originale, nuova. Cosa s’è inventato stavolta? deve chiedersi il lettore. Il didascalismo e la pignoleria li lasciamo a chi di fantasia non ne ha. E, come diceva il Maestro: “Il saggio cerca la verità, l’imbecille trova l’errore”. Noi salpiamo invece verso un mare sterminato che ci porterà a volte su spiagge conosciute che riconosciamo familiari, a volte ad approdi inediti. Alcuni di questi, come è tradizione consolidata tra i narratori, neppure esistenti. Terre immaginarie che sanno di molti paesi messi assieme e costituiscono una mappa fantastica che non ha pari. Che c’importa di sapere se l’Isola di Mompracem esisteva o meno? Vedere uno scoglio tra i flutti uguale a mille altri non ci aiuterà a riconoscere i bastioni della roccaforte di Sandokan.
Tornando al Professionista luoghi reali si abbinano perfettamente con altri inventati. Ricordate il Kazanstan di Guerre Segrete? È un artifizio come lo Zangaro di Forsythe, la Madripoor di Wolverine e cento altri luoghi dal favoloso reame del Prigioniero di Zenda che ci consentono di parlare di cose reali senza incorrere in pastoie a volte insuperabili. Esistono perché vogliamo che esitano. Anzi perché “sogniamo” che esistono. E si abbinano ad ambientazioni precise e reali. Ma anche queste sono una interpretazione, uno spunto che poi si sviluppa in funzione del racconto. Non potrebbe essere che così, altrimenti della creatività non resterebbe nulla. E tutti potrebbero scrivere cosa che, ahimè, non è concessa se non ha chi possiede il dono della Fantasia. E il Cuore per seguirla.

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6 Responses to IL PROFESSIONISTA I LUOGHI E IL SOGNO

  1. Sergio says:

    Caro Stefano, ho letto con attenzione le tue considerazione, che mi vedono sostanzialmente concorde, sebbene il mio sia solo il punto di vista del lettore, anche se lettore di buona quantità. Confesso che spesso, nella lettura, mi fermo e prendo l’atlante per cercare conferme e contestualizzazioni, ma non ci rimango male quando mi rendo conto che i luoghi citati fanno parte dell’immaginazione, perché, a quel punto, è evidente che c’è una buona verosimiglianza, che poi, secondo me, è uno dei criteri importanti che si deve tenere in considerazione quando ci si prendono le licenze che citava Laura Grimaldi.
    Credo che, più che in fatto di fiction geografica, sia la credibilità in tanti dettagli di ambientazioni storiche d’altri tempi, ad essere più difficili da rendere verosimili.
    Infatti gli scrittori di quel genere non sempre ci riescono, almeno io ne conosco pochi che ce la fanno a far sentire il lettore nell’epoca narrata, dell’antica Roma o medievale, per fare un esempio. Bernard Cornwell o Guido Cervo in questo sono straordinari.
    Poi il discorso di metterci la fantasia, di completare immaginandosi nei luoghi dell’ambientazione credo sia uno dei più forti stimoli per un lettore, anche ciò che spesso rende tali ed appassionati i lettori stessi. Quindi concordo in pieno con te.
    Un augurio di buon lavoro a te e pure di buone feste pasquali.

    • ilprofessionista says:

      grazie dell’attenzione, Sergio. ‘Il diavolo si annida nei dettagli’ dicono ed è sicuramente vero. Ciò che rende così difficile (ma è una sfida stimolante) scrivere romanzi storici è proprio riuscire a rendere verosimile una ricostruzione in base a dettagli che, spesso, non si trovano sui libri di storia. Al di là del famoso orologio del Legionario romano, ci sono mille piccole sottigliezze alle quali fare attenzione. ti confesserò che quando scrivo di epoche passate cerco di procurarmi quei libri per ragazzi illustrati sulla vita ai tempi di… oppure i volumi della Dorling che sono illustratissimi e ti mostrano minuzie altrimenti irrecuperabili. in questo caso parlavamo di set, di ambientazioni e il margine di ‘libertà’ è un po’ più ampio. spostare una strada, inserire un locale o inventarsi un palazzo diventa più semplice ed è anzi più funzionale all’architettura della storia.
      auguri anche a te e alla tua famiglia e, buone letture…

  2. ACTIONCAS says:

    Le location che ci accompagni a conoscere sono sempre credibili, sia quelle più esotiche, che quelle più marce e luride di certi contesti.
    La capacità di rendere vero e vivo anche un luogo immaginario è una delle tue migliori prerogative, e chi ti conosce sa quanto i tuoi occhi sappiano cogliere quando giri il mondo, sia quando tu esci e vai al sordido bar in c.so Buenos Aires.

  3. AgenteD says:

    Di fatto, una lezione di scrittura. Complimenti Stefano.
    E, leggendo queste parole, si spera anche che certa critica non consideri più “quello” che si scrive (l’intreccio) inferiore a “come” lo si scrive (l’impronta autoriale) e non metta più letteratura (e cinema) di genere nell’anonimato!
    Buona Pasqua! :)

    • ilprofessionista says:

      grazie Giovanni, in effetti il mio scopo è un po’ sempre quello di rendere evidente quelli che sono i miei principi creativi che, ovviamente, possono essere discussi e discutibili ma sono fondamento del mio modo di ocncepire questo genere di narrativa. sono parte di me.
      BUONA PASQUA A TUTTI

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