La frontiera non è un paese per vecchi

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 Tra le storie del  Grande Nord americano non potevano mancare l’epopea di Fenimore Cooper e i film che ne sono stati realizzati.  Ricordo quello del  ’36 riproposto in tv quand’ero ragazzino ma soprattutto quello di Mann, così moderno nella forma narrativa quanto intelligentemente ‘romantico’ nella narrazione dei fatti. C’è infatti un fulcro di romanticismo quasi sorpassato se lo si guarda cinicamente che s’impone in ogni avventure e la vicenda di Chiganchkok e dei suoi due figli Uncas e Nathan Occhio di Falco(più indiano che bianco). Non è fuori luogo . Anzi è un esempio di quanto l’avventura di frontiera richieda una certa dose di romanticismo che, passano gli anni, resta sempre gradito al pubblico. In un contesto violento e piuttosto cupo come quello delle fasi della guerra anglo francese per il possesso del Nord America( coloni massacrati, trattati disattesi, uso degli indiani come espediente per condurre una guerra del terrore senza sporcarsi le mani) spicca la vicenda sentimentale di Cora e Alice che non per nulla s’innamorano di Nathan e Uncas. Le attenzioni del maggiore Duncan Heywart, esempio di coraggioso e fedele  ufficiale della Corona inglese, vengono respinte, forse in maniera non del tutto realistica per i tempi ma coerente con lo spirito di ribellione, di libertà che è poi la spina dorsale dei romanzi e trova nei filmu na perfetta rappresentazione. Nathan e Uncas sono l’epitome dell’Uomo libero, dell’avventuriero delle montagne, capace di rispettare la natura ma   spietato e violento quando si tratta di combattere per un obiettivo definito e sostenibile. Amore, solidarietà, onore inteso come patto tra uomini. Persino il feroce Magua riscuote maggiore simpatia degli ufficiali inglesi e francesi che si affrontano convinti che il bene dei rispettivi regni sia superiore a ogni cosa. Nel film di Mann- che propone paesaggi, ricostruzioni di uniformie costumi impeccabili- si nota però anche un altro fattore importante per imporre una storia  ‘classica’ anche a un pubblico giovane. Il ritmo è sempre rapido, accelerato, non per nulla i protagonisti passano quasi tutto il loro tempo(salvo alcune parentesi sentimentali in cui il momento si allunga , dilatandosi) a correre. Per fuggire, per inseguire, per combattere. L’ultima sequenza di drammatici confronti tra gli uroni e i moicani si svolge sulla cresta di una montagna, uno stretto passaggio dove vincitori e vinti sono costretti a correre. La storia acquisice così una dinamicità che allontana subito dalle menti del giovane spettatore abituato(a torto sicuramente ma ormai non ci si può far nulla) a considerare l’epopea del West una raccolta di racconti dove la lentezza domina. da qui l’idea(errata ripeto ma ormai radicata) che il western sia qualcosa di sorpassato, appartenente a generazioni detestate. L’ultimo dei  moicoani nella versione di Mann è al contrario un esempio di come alle origini della sua storia il West non era un paese per vecchi  . E forse questa trovata narrativa è quella che si rivela più interessante nella lettura moderna di un grande classico.

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One Response to La frontiera non è un paese per vecchi

  1. Clarilux says:

    Ho letto il libro da bambina e l’ho adorato. Io sono piu’ affezionata alla miniserie inglese della BBC del ’71, che e’ piu’ fedele al libro, ma anche il film di Mann mi e’ piaciuto molto

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