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Una topolina ti cambia la vita

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Il telefono squilla, come da copione. Dall’altra parta la voce rassicurante della sera. Il problema è dirglielo. Non tanto a lei che, avendo vissuto in prima persona l’esperienza della maternità, non potrà che essere complice ma con chi su di te ha proiettato tutti i desiderata che un padre ripone in un figlio maschio. Avevo giurato, poi. Garantito che non ci sarei cascata una seconda volta. Certo, i figli sò 
piezz è core, e quando arrivano è solo una gioia però la primogenita è finita in ospizio nella villa in collina.
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Per molti, ma non per tutti

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Life in plastic, it’s fantastic.

E pensare che l’ho sempre invidiata. Le sue chilometriche gambe da gazzella, lo stacco di coscia perfettamente separato che solo una top da passerella potrebbe sfoggiare. Quella fessura in mezzo alle corsie dell’autostrada, l’unica non sigillata da Catone il Censore della Mattel, che rende noi donne invidiose del silicone altrui e refrattarie a quelle che indossano una taglia che comincia col tre. Lei la bambola senza la quale eri considerato un reietto e un paria fin dai tempi dell’analisi grammaticale. Lei che ha nutrito l’immaginario collettivo sollecitando prurigini prepuziali ai maschietti che, dopo aver rubato le bambole alla sorelline, si affinavano nell’arte di lanciare oggetti dal banco delle compagne nei loro colorati kilt. Per vedere cosa c’era sotto. Il banco, ovviamente. Lei, solare cinquantenne che ha patteggiato con Faust senza incorrere in avverse forze di gravità. Lei, basta la parola, Barbie.

Ebbene la Shiffer dei giocattoli è stata lasciata. Mollata, ripudiata, sedotta e abbandonata come, una qualunque sciampista di Quarto Oggiaro. Ma il carnefice non è quell’eunuco di Ken  che passava il tempo a rimirarsi negli specchietti retrovisori della Porsche rosa e che sempre Catone il Censore Mattel aveva reso più efebico di una ballerina del Bolshoy nei tratti somatici e, purtroppo per  le Lolite interessate al gioco del dottore, anche lì, dove non batte il sole. No, al nostro bombato eroe di plastica bastava ritoccarsi le meches ed avere sempre manicure e abbronzatura in ordine per sentirsi un uomo completo. Zebedei esclusi. Non che il nostro abbia caratteristiche molto diverse dai vitelloni in carne ed estrogeni delle principali metropoli italiane, comunque non è stato lui l’ostracizzatore. A macchiarsi di tale onta è stato il guru del punta/tacco, ladies and gentlemen mr Louboutin, che ha formulato un curioso contrappasso per la nostra regina della silicon valley. Il papà delle suole rosse si è infatti rifiutato di firmare l’accordo che prevedeva di disegnare una collezione completa con la regina smontabile, perché quest’ultima non rispettava i canoni vitruviani imposti dallo stilista francese: il diametro della caviglia è il doppio di quello del polso. Troppo, decisamente troppo per una struttura longilinea come quella di Barbie. Ergo nessun sandalo alla schiava, né svettanti tacchi dodici con suole a contrasto. Io nel mio armadio di Louboutin ne ho due. La giustizia è (a volte) uguale per tutti.