Scosse, scrittori per ricostruire

Vi ho già parlato in altre sedi dell’antologia Mondadori Alzando da terra il sole, a cui ho partecipato e i cui proventi andranno interamente devoluti per la ricostruzione della biblioteca di Mirandola. E’ con grande piacere che oggi voglio parlarvi di un’altra antologia intitolata Scosse (Felici editore), la cui uscita è prevista per il 21 novembre 2012.

Quattordici scrittori della bassa si sono uniti, sotto la curatela di Paolo Roversi, per portare la loro testimonianza  e il loro contributo per la ricostruzione della biblioteca di San Felice sul Panaro, gravemente danneggiata dal sisma dello scorso maggio. Contiene anche un mio racconto oltre a quelli di stimati colleghi e una bellissima introduzione firmata Loriano Macchiavelli.
Vi ricordo che si tratta di iniziative no profit, con il solo scopo di raccogliere fondi per la ricostruzione, a mio avviso nel modo più bello che ci sia: tramite la lettura.

Come ho detto in più di un’occasione: leggere non ha mai fatto così bene. E nei paesi della Bassa più colpiti e i cui i simboli sono stati cancellati dal furore della terra, è importante ricostruire luoghi di aggregazione, anche per alimentare la speranza che con il tempo ci si possa riappropriare di una normalità fatta di piccole cose. Anche se nulla sarà mai come prima, noi continuiamo a combattere.

Per saperne di più, il sito di Felici editore: http://www.felicieditore.it/index.php?pagina=prodotti&idElemento=1055&mode=6&catPrec=331

E su fb trovate la pagina ufficiale dedicata a Scosse: http://www.facebook.com/ScosseAntologia

 

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Se gli zombie sapessero leggere…

Ho sempre creduto che non esiste una letteratura minore, che a volte nei luoghi comuni corrisponde con quella di genere. Ho sempre sostenuto che esistono romanzi belli e romanzi brutti, indipendentemente dalla tematica che affrontano, dal pubblico a cui sono indirizzati, o dal sesso dello scrittore (gli scrittori sono meglio delle scrittrici? Interrogativo da non dormirci la notte e che ha occupato pagine virtuali e non, in questo periodo). Detto questo Dust & Decay è un libro bello, un libro da leggere. Un’avventura al cardiopalmo che non lascia tregua, ma che non perde mai di vista l’attenzione ai personaggi e alterna momenti di introspezione a battaglie epiche per la vita o la morte. Jonathan Maberry ha una penna tagliente, che scava nelle paure umane e lo fa senza fronzoli, colpendo dritto al punto. Questa storia, grondante sangue e affollata di morti viventi, può essere definita a tutti gli effetti un romanzo di formazione. E non mi vergogno ad ammettere che in più di un’occasione mi è scappata la lacrimuccia. A questo punto, spero che il terzo volume della saga non si farà attendere troppo e sono davvero fiera di averne firmato la fascetta: perché se gli zombie sapessero leggere vorrebbero un libro di Maberry.

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Gatti assassini e nonnine letali, pasticcini e coltelli affilati: Il magico mondo dei Tatini

Quando mi sono ritrovata tra le mani la graphic novel Kill the granny, i gioielli di famiglia, non ho potuto fare a meno di iniziare a leggerla. Ero a casa di un amico e il volume era abbandonato su una sedia, indifeso. Il bello è che non mi sono neppure accomodata, ho iniziato a leggerlo, ridendo come una pazza, fino all’ultima pagina. Ora so che mi inviterà con cautela e nel caso terrà le sue graphic novel sotto chiave quando sono nelle vicinanze, ma ne è valsa la pena. Perché Kill the granny crea dipendenza. Dopo aver divorato la trilogia, non sazia delle avventure del simpatico gatto che decide di fare un patto con il Diavolo per riavere i suoi gioielli di famiglia (in cambio dovrebbe uccidere la sua padrona, una vecchietta adorabile quanto maldestra, ma la missione si rivela più ardua del previsto) ho deciso di invitare per un tè virtuale i suoi creatori, Francesca Mengozzi e Giovanni Marcora, i Tatini.

Ciao Tatini e benvenuti su Scritture Barbariche. Per prima cosa vi chiederei di presentarvi. Chi sono i Tatini? 

Tatina: Quando penso a noi due mi immagino sempre il personaggio piccolo, sfigato e diabolico impegnato ad ordire trame malvagie per conquistare il mondo, insieme al suo aiutante alto e non troppo sveglio. Inutile dire chi riveste i panni dell’uno e dell’altro, MHUAHUAHUAH!

Tatino: …

Tatina: Eh-ehm, ok, cerchiamo di riacquistare una parvenza di dignità.

Tatino: La mia l’ho persa 7 anni fa, quando ci siamo messi insieme…

Tatina: *occhiataccia verso il Tatino* Giovanni ama definirmi ”piccola, carina, imbranata e pestifera”. In più posso dirti che sono vegetariana, ho un’amore sviscerato per i gatti e metto passione in tutto quello che faccio. Tornando al nostro lavoro, il mio ruolo è quello della sceneggiatrice e colorista, anche se in realtà i nostri compiti non sono mai così definiti. In ogni caso, la mia specialità è senza dubbio la colorazione ad acquerello. È con Giovanni che ho esordito nel mondo del fumetto, con la pubblicazione di “Kill the Granny” per la Vittorio Pavesio Productions. Ho frequentato la Scuola Internazionale di Comics a Firenze, ed ho inseguito il sogno che mi accompagna fin da piccola: raccontare le mie storie per far sorridere, divertire o commuovere…

Tatino: Francesca dice di me che “sono la sua scatolina”, dove rifugiarsi quando ha paura e bisogno di attenzioni. Parafrasando in termini gderristici, lei è il tanker, il guerriero che combatte in prima linea, e io sono il suo healer, che la protegge e la cura. Riguardo la nostra carriera, io sono fumettista e disegnatore. Mi sono diplomato al Liceo Artistico e come Francesca ho conseguito un diploma alla Scuola di Comics, frequentando il corso di fumetto con ottimi risultati. La mia passione è il disegno a matita, anche se non disdegno l’inchiostrazione a pennello/pen-brush o pennino. Piccola curiosità: mi diverto a inserire nelle nostre tavole citazioni e riferimenti e riempio decine di fogli con mostrilli e tutto quello che la mia mente malata riesce a partorire.

La nascita del progetto che ha portato alla luce Kill the granny profuma di leggenda metropolitana, di storia a lieto fine, di manga, ma è vera! Volete raccontarcela?

Tatino: Era una notte fredda e buia quando l’editore torinese uscì dal suo studio. Aveva fatto più tardi del solito. Era ancora immerso nei suoi pensieri, quando ignaro passeggiava sul marciapiede di corso Peschiera. Improvvisamente due loschi figuri si stagliarono davanti a lui. Tutto ciò che seguì e cosa veramente accadde al povero editore è avvolto nel mistero…

Tatina: *altra occhiataccia verso il Tatino* Frequentavo l’ultimo anno della scuola di fumetto e da programma dovevo presentare un progetto a Giuseppe Palumbo, un progetto ipoteticamente destinato all’America (stile graphic novel). Mi ero bloccata nello scrivere una storia smielata e pacchiana, dall’intreccio complesso e confuso e dal finale incerto. Uno dei personaggi principali era una vecchietta ed io avevo cominciato ad odiarla! Così dissi per scherzo a Giovanni: “Ora la uccido! Anzi la faccio uccidere dal suo gatto!”. Incominciammo a scherzarci su, in preda allo sconforto… Così, ridendo, me ne uscii con questa frase: “Basta! Adesso faccio la storia di un gatto castrato che fa un patto col diavolo per riavere le palle!” Nacque come una battuta, quasi per caso, ma Giovanni la trovò un’idea carina e decisi di presentarla come soggetto alternativo. Ricordo che Palumbo mi guardò e mi chiese: “Quale storia ti piace di più?” e io risposi: “Mah, io non sono adatta al fumetto comico, sono più per le storie gotiche e romantiche…” A quel punto Palumbo decretò: “Te non capisci un cavolo.” Dopodiché lesse le prime righe del soggetto di Kill the Granny alla classe, che scoppiò a ridere. “Allora che storia scegli?” – continuò. Non mi rimase altro che accettare il consiglio, perciò mi misi subito all’opera…

So che lavorate sempre a quattro mani e due teste. Pregi e difficoltà di questa collaborazione.

Tatina: Non abbiamo mai incontrato difficoltà… Prendiamo insieme qualsiasi decisione e attendiamo ognuno l’approvazione dell’altro in qualsiasi fase del lavoro. Siamo come due ingranaggi dello stesso meccanismo, non potrei mai fare a meno di Giovanni.

Tatino: Inoltre quando siamo sotto consegna con dei lavori o attraversiamo periodi difficili ci sosteniamo a vicenda.

In Kill the granny Comedy collection collaborate con altri fumettisti e le storie spaziano dai toni comici ai toni tristi e malinconici. C’è un episodio a cui siete particolarmente legati, e perché?

Tatina: A questa domanda penso di poter rispondere a nome di entrambi. Credo che “Comedy Collection” abbia mostrato ai nostri lettori il lato più umano e profondo di Kill the Granny e che finalmente abbia portato alla luce la vera essenza dei personaggi, risaltando ogni loro più piccola sfaccettatura. Proprio per questo motivo la storia che mi emoziona di più e a cui sono più legata è quella disegnata da Morena Forza, che parla del passato di Evelina. Ma non voglio regalare “spoiler gratuiti” ai lettori che non hanno ancora letto questo volume! Posso solo dire che non è affatto scontata (e chi conosce la trilogia sa quanto ami i colpi di scena!).

A Lucca presenterete una nuova graphic novel: Tatini. Di cosa si tratta? E quanto c’è di autobiografico in questo nuovo progetto?

Tatina: I “Tatini” siamo io e Giovanni a tutti gli effetti e le storie raccontate sono di “vita vissuta”. Certo, alcune situazioni vengono esasperate per esaltarne la comicità (fino a diventare surreali), ma in linea di massima penso che rispecchino la nostra quotidianità! Questo è quanto scritto sulla copertina: “Che cos’è l’amore? Le storie dei Tatini trattano questo argomento in modo dolce, tenue, atipico. Ogni avventura è come una finestra che ci permette di fare capolino nella loro vita, tra l’assurdo e il quotidiano, il tutto condito da una nota di umorismo un po’ grottesco.

E quindi, cos’è l’amore? È una copertina soffice che ti avvolge quando hai freddo, è una panciotta morbida su cui puoi appoggiarti e riposare, è un gatto grasso e coccolone, è un pasticcino con la panna, è un mondo solo tuo dove nulla può farti del male. L’amore è Tatino.”Aspettiamo quindi i nostri fans e lettori a Lucca Comics (padiglione Napoleone, stand Pavesio n° E105), con l’attesissimo volume in edizione speciale! Ovviamente saremo disponibili per dediche e disegni personalizzati!

Siete giovanissimi ma con una professionalità già consolidata a livello internazionale, avete qualche consiglio per chi vuole intraprendere la carriera nel difficile mondo del fumetto?

Tatino: Certamente! Cambiate lavoro finché siete in tempo! Scherzi a parte, se qualcuno vuole veramente intraprendere il mestiere del fumettista e non farlo come passatempo, deve aver una grandissima forza di volontà e perseveranza. Purtroppo i sacrifici e gli ostacoli da affrontare sono tantissimi, ma ampiamente ripagati dalle soddisfazioni che la nostra eccezionale professione ci regala. Il mio consiglio è di cercare di mantenere vivo l’entusiasmo iniziale per non cadere nella routine lavorativa. Disegnate per il puro piacere di farlo e non solo per guadagnare la pagnotta, altrimenti perderete tutta la ”magia” in cui credevate da bambini.

E per finire, ci fate salutare dal piccolo assistente di Satana, dal malefico gatto castrato e dalla nonnina? Già mi mancano…

Aiutante: “Faluto tutti i miei numerofiffimi fanf! Fiete belliffimi!”

Gatto: “Auguro agli autori una diarrea fulminante. Distinti saluti, il Gatto.”

Evelina: “No, no non voglio niente! Non ho spiccioli! Arrivederci!”

Per saperne di più il blog dei Tatini è: http://chat-nocturne.blogspot.it/

Il loro sito di ricette a fumetti è: http://gnammy.altervista.org/

Ricordo che potete incontrare i Tatini al Lucca Comics (padiglione Napoleone, stand Pavesio n° E105).

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Intervista a Roberto Recchioni: perché per i bulli non tifa mai nessuno

Oggi incontriamo Roberto Recchioni, uno dei personaggi più controversi del mondo del fumetto, oggi. O lo si ama, o lo si odia Roberto perché si esibisce come una rockstar, come blogger affronta gli argomenti più disparati, dalla nuova pornodiva allo sparatutto di ultima generazione e non si tira indietro quando c’è da rispondere a una polemica. Una delle ultime, in occasione dell’uscita del suo Mater Morbi, storia cucita addosso a Dylan Dog ma che racconta con delicatezza un argomento caro all’autore, quello della malattia, arrivando a estrapolare la tematica dell’eutanasia e scatenando le ire di molti giornalisti.

Ciao Roberto, benvenuto su Scritture barbariche. Parliamo del volume che presenterai a Lucca Comics quest’anno. Cos’ha in comune il tuo Asso con l’omonimo personaggio creato da Stephen King? E quali sono le sue peculiarità?
Tutto nasce dal mio blog. Che nella sua evoluzione ha cambiato nome mille volte, passando da “Pronto alla Resa” a “Nani in Fiamme”, a “Dalla Parte di Asso Merrill”. Asso Merrill è uno dei cattivi di Stephen King. Un bullo e un cattivo. Lo vediamo da ragazzo in “Stagioni Diverse” e poi fa una brutta fine in “Cose Preziose”. Mi è sempre piaciuto e visto che il mio blog ha come sottotitolo “Che per i bulli non tifa mai nessuno”, mi era parso giusto rendergli omaggio. Con il tempo, il riferimento ha sempre avuto meno senso. Il titolo del blog è diventato solo “Dalla Parte di Asso” e Asso è diventato il nome del mio alter-ego fumettistico, una versione distorta (in positivo e negativo) di me stesso. Un personaggio attraverso cui racconto la mia vita e non solo.

Ho amato la tua Mater Morbi, bellissima e sadica creatura che lega a sé Dylan Dog in un numero a mio avviso memorabile della serie bonelliana. E come non citare Morte, la fatale datrice di lavoro di John Doe nel fumetto da te creato. Dark ladies e arte, un connubio inscindibile?
Non ho mai pensato di essere un tipo affascinato dalle femme fatale. Di fatto, però, ho scoperto che quasi tutte le mie storie più importanti e i miei progetti più complessi, ruotano intorno alla figura di una donna oscura, bellissima e terribile, declinata a seconda delle esigenze e di quello che voglio raccontare. Ma se ti dovessi dire il perché, non saprei. Forse c’è una parte del mio inconscio che sta cercando di dirmi qualcosa…

Hai voglia di svelarci degli aneddoti che non hai mai rivelato prima sui tuoi esordi nel mondo del fumetto?
Non ho molte storie da raccontare che non abbia già raccontato o che, per motivi di privacy, non posso raccontare. Diciamo che è un pazzo, pazzo mondo. E che ogni giorno diventa più pazzo.

Hai la fama di rockstar del fumetto, e dalle foto che circolano in rete sembri un tipo piuttosto esibizionista. Alcuni tuoi post sono definiti da tanti “polemici” e hai un vasto numero di follower. Un modo provocatorio di portare avanti la tua personale battaglia contro il sistema? Scusa ma con Point break ci sono rimasta in mezzo.
Questa è complicata. Allora, premesso che hai ragione: sono un egomaniaco. Ma la questione non si riduce solamente a quello. Parecchi anni fa, all’inizio della mia carriera, ho riflettuto sul fatto che nel settore del fumetto c’erano un sacco di personaggi ma le personalità, dai primi anni ’80 in poi, erano del tutto sparite. Tanti pupazzi, nessuna persona dietro. Adesso, è vero che i personaggi vincono sempre (nel fumetto come nella narrativa) ma è pure vero che i pupazzi parlano solo all’interno della loro opera, le personalità, invece, parlano ovunque. La dittatura dei personaggi è una cosa che agli editore fa comodo: i personaggi, nel mondo del fumetto, per tradizione restano legati all’editore (ma le cose stanno cambiando anche in questo senso) gli autori, invece, capita che se ne possano andare. Nella letteratura, invece, l’autore è in primo piano e questo gli da forza, a fronte di un successo. Ecco, quello che cerco di fare io, da vent’anni a questa parte, è mettere l’autore in primo piano. Voglio che la gente segua me, non solo i miei personaggi. E vorrei che tanti altri autori, come me, facessero la stessa cosa per portare il fumetto a un livello diverso di percezione. Se non si comincia a far capire alla gente che dietro un’opera a fumetti c’è un autore, non si riuscirà mai a far capire che il fumetto è qualcosa di più di un prodotto industriale usa e getta. La Redenzione del Samurai (questo il titolo del mio primo albo de Le Storie) e Asso, nascono da una spinta diversa. Il mio rapporto con la narrativa è complicato. In primo luogo, scrivere romanzi non è il mio mestiere. E per farlo bene, ho bisogno di tempo. Che non ho. In secondo luogo, il settore della narrativa è talmente affollato che per emergere avrei bisogno di dedicarmici con tutto me stesso (non solo in fase di scrittura ma anche di rapporti professionali e promozione) e non ne ho la forza. Il fumetto, per ora, rimane la mia principale attività.

Come blogger sei attivissimo e ti avventuri negli ambiti più vari. Ne approfitto quindi per chiederti di consigliare ai nostri lettori un film, un libro e naturalmente un videogames tra i tuoi preferiti di questo periodo.
Di questo periodo… per i libri, Voglia di Vincere di Tom Bissell (uno strano e bellissimo saggio sui videogiochi che, in realtà, è qualcosa d’altro). Per i videogiochi Halo 4. Che non è ancora uscito al momento in cui ti scrivo ma che sarà bello a prescindere. Deve esserlo per forza. Ne va della mia vita. Per il cinema, recentemente ho molto amato Ted, ParaNorman, Reality e Coogan.

Per saperne di più il blog di Roberto è: http://prontoallaresa.blogspot.it/

Potete incontrarlo al prossimo Lucca Comics and Games allo stand NPE e a quello Bonelli.

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Visioni dall’inferno: Paolo Barbieri interpreta Dante

L’anno scorso a Lucca Comics and Games, ho incontrato Paolo Barbieri per parlare del suo Favole degli dei, presentato in anteprima proprio in quell’occasione. È per me un grandissimo piacere ritrovare Paolo a distanza di un anno per una chiacchierata che anticipa l’uscita del suo nuovo illustrato, atteso a partire dal 23 ottobre. Qualcosa di forte, anzi fortissimo, di oscuro e viscerale: L’Inferno di Dante. Barbieri reinterpreta i personaggi di un’opera senza tempo, dona loro vita nell’eterno tormento, li fa parlare attraverso il suo stile vibrante e passionale, accompagnando le illustrazioni con le terzine del testo dantesco che le ispirano.

Ciao Paolo e benvenuto su Scritture barbariche. Ci vuole coraggio a reinterpretare un capolavoro senza tempo. Per prima cosa ti vorrei chiedere perché tra le cantiche della Divina Commedia hai scelto proprio L’Inferno? E com’è stato confrontarsi con le illustrazioni di Gustave Doré?
Ciao Barbara, e un saluto a tutti i lettori di questo Blog! L’Inferno è un luogo letterario diventato reale grazie alla potenza visionaria di Dante, il Sommo Poeta che ricordiamolo ha creato questo capolavoro più di settecento anni fa. Questo è  luogo di sofferenza e di disperazione, dove le anime dannate sono condannate a supplizi eterni, ma è anche una moltitudine di visioni incredibili: demoni crudeli e burloni, creature mitologiche e disperate, città dalle torri infuocate, creature terribili a guardia dei gironi infernali, anime imprigionate nella tempesta o perdute in abbracci eterni, e altre anime sottoposte a terribili sofferenze ma fiere di fronte all’eternità del loro dolore. Rappresentare tutto questo è stata l’occasione di “tradurre”, attraverso la mia arte, un intero mondo narrato attraverso gli “occhi” di Dante e Virgilio. Per quanto riguarda Doré, non ho inteso questo lavoro come un confronto verso le sue straordinarie incisioni, che dal mio punto di vista, forse hanno eccessivamente “rinchiuso” l’opera di Dante in un periodo storico ben delineato. La divina Commedia, e soprattutto l’Inferno, è un viaggio senza tempo, impossibile da circoscrivere in confini precisi. Con questo, intendo dire che la creatività di Dante ha dato vita a scenari e creature che reputo vere e proprie radici di tutto il fantastico (fantasy-fantascienza) tradotto oggi in film, libri e videogiochi. Io, con la mia reinterpretazione, ho cercato di creare un trait d’union tra passato e presente, per far comprendere come registi, scrittori, creativi e tanti altri, abbiamo attinto anche inconsciamente da questo universo terribile e unico.

Ho notato un’incredibile evoluzione del tuo stile. Vuoi parlarci del percorso artistico che hai compiuto in quest’ultimo anno? Pensi che l’evoluzione artistica corrisponda in qualche modo con quella personale?
Indubbiamente la mia evoluzione artistica è legata indissolubilmente alla mia evoluzione personale. Disegno dopo disegno, ho sempre cercato di migliorarmi, sia nella tecnica, che nell’interpretazione dei personaggi e soggetti inanimati. Potermi continuamente confrontare con nuove copertine e libri illustrati, mi conferisce una voglia di esplorare e sperimentare continua. Personalmente reputo proprio questa varietà dei soggetti con cui mi cimento, una delle chiavi principali del mio mutamento continuo. Nel 2011, con Favole degli Dei, ho spinto in avanti questa evoluzione, partendo da sperimentazioni nate poco prima dal caso. Nell’anno successivo, che mi ha portato a illustrare l’Inferno di Dante, ho proseguito sulla strada del cambiamento, cercando una maggiore classicità nei miei disegni, attraverso un uso del colore più istintivo e più vicino alle tecniche“classiche”. Per intenderci, pur lavorando in digitale e solitamente con file a più livelli, con l’Inferno di Dante ho cercato di creare le mie visoni su un livello unico, proprio come se dipingessi sulla tela.

Gli dei del tuo lavoro precedente erano a mio avviso accarezzati da un’umanità commuovente. Ora, guardando le anime dannate del tuo Inferno non ho potuto evitare di provare un trasporto viscerale. La loro essenza grida attraverso i tuoi segni. Non c’è distacco, ma sembra esserci da parte tua una sorta di pietà nei loro confronti. Si tratta di un tuo sforzo di toccare la realtà della “carne e del sangue”?
In un certo senso si. Con L’Inferno ho cercato di addentrarmi oltre gli animi dei dannati, cercando di far emergere non solo la tortura “fine a se stessa”, ma anche la personalità, la passione, il coraggio, la paura o la rabbia. Dante, nel viaggio che ci ha meravigliosamente creato, parla anche di tutto questo: all’inferno c’è sangue, c’è violenza, ci sono visioni uniche e paesaggi frutto di una grande inventiva, ma sono le anime che con la loro presenza rendono “vivo” tutto questo.

Nella tua opera precedente avevo colto ispirazioni visive che spaziavano dai mondi di Giger ai capolavori della storia dell’arte. Quali sono state le tue fonti di ispirazione per L’Inferno?
Per l’inferno di Dante, così come per Favole degli Dei, non c’è stata un’ispirazione precisa. Nella mia evoluzione artistica, ho sempre cercato di migliorarmi anche attraverso l’osservazione del lavoro dei grandi illustratori internazionali: Michael Whelan, Frazetta, Luis Royo, Rodney Matthews, Chris Foss, Alan Lee, Brian Froud, John Howe, Keith Parkinson, Brom, e lo stesso Giger. L’inferno è frutto di tutto questo, oltre che delle mie esperienze personali, dei luoghi in cui vivo, e di tanto altro.

La tua autorialità sembra uscire sempre più prepotentemente dai tuoi lavori. Dalle copertine con cui “vesti” i più grandi scrittori a livello mondiale, sei già alla tua seconda opera autonoma. Un bisogno di espressione più forte da parte tua?
Inutile negare che la possibilità di creare un’opera interamente mia, mi lascia una maggiore libertà creativa e espressiva. Affrontare sfide “personali”, consente proprio di seguire più liberamente l’espressione e la voglia di sperimentare, che sia tecnica o relativa al modo di rappresentare situazioni e soggetti. Credo sia importante anche il soggetto che affronto, che ovviamente mi deve piacere e intrigare. Prima, con Favole gli Dei, ho trovato soluzioni a cavallo tra il classicismo e la sperimentazione più pura, regalando ai protagonisti della mitologia greca rappresentazioni che reputo estremamente personali, e perché no, anche innovative. Ora, con L’Inferno di Dante, ho cercato una maggiore “semplicità” tecnica, concentrandomi allo stesso tempo su una maggiore espressività dell’intero tema compositivo (soggetto+sfondo).

E ora mi piacerebbe che tu ci regalassi una sorta di colonna sonora per il tuo Inferno. Cinque canzoni da ascoltare durante la fruizione della tua opera.
Una colonna sonora? In effetti, quando disegno, lo faccio sempre con della musica in sottofondo. Spesso sono colonne sonore, a volte radio tematiche (rock, lounge, ambient), oppure cd di vario genere.

Ecco i 5 brani:

JUDAS PRIEST- A touch of Evil  http://www.youtube.com/watch?v=PW-6FKFnHx8

THE DARK KNIGHT SOUNDTRACK – Agent of chaos  http://www.youtube.com/watch?v=HZTsgfjOHnE

APOCALYPTICA – Farewell  http://www.youtube.com/watch?v=zaLoBdqcvVY

ALEXANDER SOUNDTRACK – Vangelis- The drums of Gaugamela  http://www.youtube.com/watch?v=LXnlzi0TpBY

ALIEN SOUNDTRACK- Jerry Goldsmith- Main theme http://www.youtube.com/watch?v=L6DXaD_xx0c

So che non ami parlare dei tuoi progetti futuri, quindi ti chiederei di ricordarci i prossimi appuntamenti in cui i tuoi lettori potranno incontrarti e magari una citazione a cui sei particolarmente legato per chiudere l’intervista.
Certo, ecco i prossimi importanti appuntamenti:

-Il 23 Ottobre 2012, L’Inferno di Dante illustrato da Paolo Barbieri uscirà in tutte le librerie.

-Lucca Comics & Games 2012: presentazione dell’Inferno di Dante Domenica 4 Novembre ore 11.30 (sala Ingellis, di fianco al padiglione Games).

-Sarò presente tutti e quattro i giorni della convention, allo stand ONE4 ALL (A708, padiglione Games).

La mia citazione: “La paura uccide la mente” – DUNE, by Frank Herbert.

Per finire, una sorpresa per tutti i lettori. E anche per la sottoscritta che è rimasta
letteralmente a bocca aperta. Tra le dark ladies inserite in questo Inferno di carne e di sangue c’è anche Cleopatra. Guardatela con attenzione…

Lo sapevo, che prima o poi sarei finita… nell’Inferno!

Ne approfitto quindi per ringraziare pubblicamente Paolo per questo onore e per aver potuto regalare ai lettori questa illustrazione in anteprima assoluta per Scritture barbariche, il caso vuole proprio oggi che anche il meteo segnalava l’arrivo di una nuova perturbazione: Cleopatra.

Per maggiori informazioni il sito ufficiale di Paolo Barbieri è: www.paolobarbieriart.com

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Dark Heaven: intervista alle autrici

Non fatevi ingannare dal titolo in inglese perchè Dark Heaven è un fantasy italianissimo. Italiane sono le autrici che si celano dietro lo pseudonimo e così l’ambientazione tra una Venezia gotica e visioni di una Palermo medievale ormai dimenticata. Ma cosa spinge due amiche e mamme a ritrovarsi la sera, dopo una giornata frenetica, per scrivere un romanzo a quattro mani? Ce lo spiegano Lorenza e Flavia.

Chi è Bianca Leoni Cappello? E com’è nato Dark Heaven?   

Bianca Leoni Capello è una scrittrice che può attingere non da una mente fantasiosa ma da due; è un’autrice schizofrenica con due personalità ben distinte che si divertono moltissimo tra loro e la mattina non ricorda cosa ha scritto la notte. Scherzi a parte, Bianca Leoni Capello (al secolo Flavia Pecorari e Lorenza Stroppa) è uno pseudonimo che ci rappresenta in diversi modi, a cominciare dalla presenza dei nomi dei nostri figli che si nascondono dentro (Bianca e Leonardo). Ma l’idea di questo pseudonimo è nata dal personaggio realmente esistito di Bianca Cappello (con due P), nobile veneziana del 500 la cui vita è ammantata da diversi segreti a tinte fosche.Dark Heaven è nato dall’intrecciarsi di due idee. Lorenza aveva una storia forte, che la tormentava da tempo, e che vedeva protagonista un angelo crudele che portava alla morte. Flavia voleva scrivere qualcosa che parlasse di reincarnazione, di contaminazione tra passato e presente. Dalla fusione di questi due spunti iniziali è nata l’idea del libro. Naturalmente il percorso è stato lungo e accidentato, e la scrittura a due è stata alimentata durante il tragitto da letture condivise e lunghe chiacchierate.

 

Non nascondete i lati oscuri dei protagonisti. Il vostro è un fantasy influenzato dal noir?

Nel nostro passato c’è una lunga abitudine e affezione ai thriller/horror/romanzi gotici. Abbiamo cominciato con Edgar Allan Poe passando attraverso Mattew Lewis, Alan Altieri, Robert Bloch, Lovecraft, per poi approdare a Stephen King (che ha abitato la maggior parte della nostra adolescenza regalandoci incubi doc), a Dean Koontz, e in ultima agli urban fantasy. Amiamo quindi le sfumature dark, i personaggi sempre in bilico, sull’orlo della notte…

Quali sono le difficoltà nello scrivere a quattro mani?

Le difficoltà sono state diverse: Flavia ha dovuto smorzare e censurare scene dalle sfumature decisamente osè che scriveva Lorenza quando si faceva prendere la mano mentre quest’ultima doveva spesso ricordare alla collega che non stavano scrivendo un romanzo umoristico… A parte queste due tendenze all’esasperazione (!) le cose sono andate lisce, la scrittura a due era aiutata da uno stile molto simile e da un background di letture comuni. Ci riteniamo le perfette lettrici l’una dell’altra e l’amicizia ormai più che ventennale che ci lega non ha permesso che nascessero malumori dovuti a incomprensioni. Scrivevamo di sera, ognuna la scena che si era “accaparrata” e l’indomani era il momento della verità: funzionava o non funzionava? È successo che delle scene siano state riscritte, modificate, completamente rifatte. La risposta della “collega” era uno specchio impietoso che mostrava pregi e difetti, stimolando a migliorare.

Qual è l’aspetto migliore di scrivere fantastico in Italia?

L’Italia ha una storia ricca, densa di misteri, vanta possibilità di ambientazioni suggestive che già arricchiscono di per sé una trama. E una tradizione letteraria tutta particolare, che, se da una parte vorrebbe emulare il ritmo e la semplicità americani, dall’altra non sa rinunciare all’eleganza e alla forma. Per fortuna.

Progetti futuri?

Nelle nostre farneticazioni notturne spuntano storie oniriche popolate da spettri e stregoneria.. ma per ora le accantoniamo. Intanto dobbiamo sistemare il secondo capitolo di Dark Heaven e scrivere quasi interamente il terzo volume, anche se abbiamo ben chiaro cosa succederà a Virginia e a Damien… una fine che siamo sicure sorprenderà più di un lettore.

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Dark beauties: intervista a Lucio Parrillo

Come promesso, per celebrare l’uscita del suo Dark Beauties (Vittorio Pavesio Editore) ho incontrato Lucio Parrillo per una chiacchierata. Lucio non è solo un artista dal mostruoso talento, è una delle eccellenze italiane nell’illustrazione internazionale, un’autentica super-star celebrata soprattutto oltralpe e oltreoceano. Il suo portfolio annovera copertine per Marvel comics (Iron man, L’incredibile Hulk, Thor), copertine per le serie di Vampirella e Red Sonja, artwork per videogiochi “tripla A” come Forgotten realms, lavori per le carte di Magic the gathering e graphic novel per Soleil e Heavy metal magazine. Dark beauties sarà presentato nel corso dell’edizione 2013 di Lucca comics and games. Si tratta di un volume monografico che contiene materiale mai visto prima, un tributo alla femminilità più oscura e presenta un’ideale di bellezza feroce, con eroine notturne sospese tra l’incanto e l’orrore. In assoluta anteprima, Lucio mi ha concesso di pubblicare alcune tavole.

Ciao Lucio e benvenuto su Scritture Barbariche. Dato che l’argomento del post sono le “bellezze oscure” del tuo libro, la prima domanda non può essere che: come nasce Dark Beauties? Quali sono le fonti di ispirazione e le suggestioni?
Dark Beauties nasce da una mia esigenza di cambiare genere, dopo anni passati a disegnare personaggi super eroistici, guerrieri fantasy, draghi ed elfi. Avevo la necessità di dipingere qualcosa di diverso, qualcosa con cui dare sfogo alla creatività e alla fantasia, senza regole e senza imposizioni da parte degli art directors. Nella più totale libertà. Disegnare personaggi già esistenti, per quanto sia divertente, toglie un po’ di estro creativo a ognuno di noi artisti, non si è mai pienamente liberi di esplodere.

Oggi molti illustratori hanno abbracciato la scelta dell’illustrazione digitale. Le opere di questo portfolio sono realizzate a olio. Una sorta di legame con gli artisti del passato?
I miei lavori sono dipinti a olio o acrilico, con la classica tecnica tradizionale e in fine ritoccati in digitale prima di andare in stampa. Diciamo che un buon 20% è digitale: rifiniture, imperfezioni dovute alle scansioni e dettagli molto piccoli che sarebbe quasi impossibile realizzare a pennello (per via delle dimensioni ridotte). Per poter rientrare nei tempi di consegna ho dovuto lavorare su formati del tipo 35×50 o 35 x 70. Di conseguenza l’ausilio del digitale mi ha permesso di ottenere una definizione e una qualità quasi come se fossero stati dipinti di grandi dimensioni. Ormai il 90% degli illustratori al mondo lavorano interamente in digitale, niente in contrario, anzi, come dicevo prima sono uno di quelli che non disdegna l’utilizzo del pc, ma personalmente preferisco la pittura tradizionale su carta, tela, cartoncino perché dà emozioni e sensazioni diverse: la bellezza di spalmare del colore su una tela, di mescolare colori cremosi, di sentirne l’odore e soprattutto avere una tavola originale davanti agli occhi da riguardare, incorniciare ed esporre. Penso che la maggior parte degli illustratori digitali che sono usciti negli ultimi anni e che stanno invadendo il web siano molto avvantaggiati dai “trucchi” che i programmi di grafica oggi permettono. Sarebbe tutto molto diverso se si dovesse dipingere e imparare una tecnica pittorica come si faceva una volta. Ci vogliono anni di pratica, di studio, di esperienza, senza trucchi e scorciatoie. Se hai la stoffa e la perseveranza diventi un bravo pittore o illustratore altrimenti getti la spugna, proprio come succedeva una volta, quando per raggiungere un buon livello ci volevano anni di studio. Oggi con Photoshop o Painter e i vari programmi 3D si diventa dei “bravi pittori digitali” nel giro di qualche mese.

Nel corso della tua carriera, hai collaborato con i maggiori editori mondiali nel fumetto e nell’illustrazione. Tra tutte le tue opere, c’è un’illustrazione a cui sei particolarmente legato?
Sì, la mia caricatura! Ho dipinto quella tavola in Indonesia, dopo aver surfato il mio primo tubo. Ero talmente galvanizzato che non riuscivo a dormire. L’adrenalina accumulata dopo una giornata di Surf con onde fantastiche era talmente troppa che non prendevo sonno, così mi sono alzato in piena notte e ho buttato giù dei disegni di onde e surfisti. Alla fine ho ritratto me stesso in quell’attimo in cui stavo realizzando che sopra di me c’erano 2 metri e mezzo di parete di acqua azzurra che mi stavano avvolgendo, quasi chiudendo in testa. Solo pochi secondi per capire che ero all’interno di un tunnel di acqua ad un metro e mezzo di profondità e sotto la tavola c’era il reef tagliente. Una sensazione indescrivibile, senti una botta di adrenalina cosi forte che non hai il tempo di renderti conto, di ragionare. Tutto diventa istintivo, ti rannicchi più che puoi per prendere velocità, la tua mano sfiora la parete dell’onda come ad accarezzare questo gigante che potrebbe inghiottirti in una attimo, tra la gioia che esplode e la paura di schiantarti sul reef. Esco dal tubo….un urlo animalesco di gioia!!!! Il mio primo tubo! E chi riesce a dormire? Adrenalina pura!

Sono sempre incuriosita dal “dietro le quinte” dell’illustrazione, quindi non posso fare a meno di chiederti come hai mosso i primi passi nell’ambiente.
Be’, qui è lunga. Diciamo che fino ai 20 anni ho sempre e solo disegnato in bianco e nero. Le uniche cose a colori erano i miei graffiti sui muri della città 🙂 Poi ho scoperto il colore e ho capito che il mondo era tridimensionale con luci, ombre, profondità e un sacco di colori!!! Io lo avevo sempre visto bidimensionale per linee di contorno come i miei fumetti. Da lì in poi ho scoperto che questi maestri del passato come Michelangelo, Leonardo, Caravaggio, Mattia Preti, erano ragazzi che a 15 anni andavano a bottega dai loro maestri ad imparare l’arte della pittura. Caspita! Ero in ritardo. Così mi sono messo al lavoro giorno e notte, senza sosta. Mangiavo velocemente e continuavo a dipingere, disegnare, dormivo 3 ore a notte, provavo mille tipi di fogli diversi, colori e tecniche. Disegnavo di tutto su ogni supporto: tela, fogli, legno, muro, corpi umani e anche l’ascensore del palazzo (una volta quando ci sono rimasto chiuso dentro per 1 ora!). Un giorno poi a Firenze in una chiesetta nascosta (Santa Felicita) ho scoperto il grande e unico Maestro di tutti i maestri Antonio Ciseri! Nessuno mi aveva mai parlato di lui, nemmeno in accademia, o al liceo, eppure i sui quadri sono in tutti i musei del mondo. È stato il maestro di Fattori e di tanti altri grandi pittori dell’Ottocento. Il mio punto di arrivo è lui, spero un giorno di poter migliorare al punto da pareggiare la sua grande tecnica. Sarà dura. Nel mondo dell’illustrazione ci son arrivato pian piano, passando dai fumetti alle illustrazioni fantasy per giochi di ruolo, alle covers. Ma in realtà mi sento un “artista” più che un illustratore o un fumettista, un artista a 360 gradi. Mi piace tutto ciò che è arte. Prediligo la pittura, ma a volte scolpisco e uso altre tecniche. Spero un domani di non essere ingabbiato in una “categoria ” tipo: “fumettista” o “pittore”. Vorrei essere riconosciuto come Artista, cioè uno che con i mezzi che Dio gli ha dato a disposizione crea mondi e personaggi immaginari dando forma e colori. Soprattutto non voglio essere acclamato per aver disegnato “Spiderman” ma perché chi mi stima come artista, lo fa perché apprezza le mie opere. In questo ambiente, specie nel mondo dei comics, troppo spesso il disegnatore viene messo sul piedistallo non per la sua arte ma perché ha disegnato il tal personaggio Marvel o DC e quando smette di fare quel personaggio o di lavorare per quella grossa azienda non è più nessuno. I miei primi contatti del terzo tipo con le case editrici li ho avuti in Italia, pessima esperienza, porte in faccia, delusioni. Facevo altri lavori per pagarmi l’affitto di casa. Poi un giorno ho preso la valigia e i pochi soldi che avevo da parte e sono sbarcato a New York. Facevo a tappeto, porta a porta, tutte le case editrici di comics, libri, etc. mostrando il mio book, senza conoscere l’inglese. Pian piano qualcosa ha iniziato a muoversi. Poi in Francia, dove ho avuto i miei primi ingaggi professionali. Insomma era davvero difficile, non come oggi che mandi una email col tuo blog e comodamente da casa tua mentre chatti su FB ti rispondono dall’America gli art directors.

Prima di salutarci, hai voglia di svelarci i tuoi progetti futuri?
Un progetto che aspetta di essere tirato fuori dal mio cassetto, in quanto dovrei trovare un grosso finanziatore. Ho un’idea per un film di animazione che sarebbe spettacolare, ma al momento rimane un progetto finche’ non capiterà quell’occasione. Una di quelle che di solito capitano una volta nella vita. Sto aspettando. Per quanto riguarda i prossimi appuntamenti sarò ospite al Lucca Comix per tutte le giornate. Verrà presentato il portfolio, area performance, stand A708- One4All. E in area performance dipingerò dal vivo come ogni anno.

Per saperne di più http://www.lucioparrillo.com

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Le “bellezze oscure” di Lucio Parrillo

La seduzione della carne. Ombre che si rincorrono su corpi morbidi dalle linee sinuose. Mostruosità e grazia insieme, in un rituale di selvaggia sensualità.

Dark Beauties (Vittorio Pavesio Editore), una collezione di litografie di dipinti d’autore, rigorosamente a olio, firmati dal genio di Lucio Parrillo. Atmosfere dark, sussurri nel buio, demoni e creature infernali, quotidiane ossessioni. Dark Beauties è un omaggio alla femminilità, uno squarcio di efferata bellezza, una visione attraverso occhi oscuri, violenta come un quadro di Caravaggio, sublime come il morso di una vampira.

Le tavole strizzano l’occhio alle eroine sexy del fumetto anni Settanta. Eroine lunari, inafferrabili. Ma che possono ancora sanguinare. Lasciatevi travolgere dal fascino dell’oscurità.

In uscita per i tipi di AG Press il volume monografico «Dark beauties» dedicato all’arte di Lucio Parrillo. A presto con un’intervista all’autore.

Lucio Parrillo Oil Painting

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Leggere non ha mai fatto così bene

Lo scorso fine settimana, a Thiene, al kLit, il festival dei blog letterari, mi è capitato di parlare dei personaggi degli urban fantasy, che per me sono persone ordinarie che si trovano a compiere gesti straordinari. Oggi, a proposito di persone ordinarie e gesti straordinari, ho pensato di scrivere queste righe per segnalare un gesto straordinario, in questo difficile periodo in cui la terra continua a tremare, ma si cerca comunque di mettere le basi per una nuova vita. Come ho già avuto occasione di dire, il mio paese fa parte di quelli sull’epicentro del terremoto in Emilia, insieme ad altri della bassa. Il centro storico è distrutto, insieme ai capannoni di numerose ditte che danno lavoro ai cittadini.

È aperto un sito internet (www.terremotosanfelice.org), ma soprattutto un conto corrente (le cui coordinate sono pubblicate sul sito), gestito in assoluta trasparenza e i cui depositi serviranno unicamente alla ricostruzione post-terremoto. Carmelo Pecora, un collega scrittore, dopo una serata promozionale, ha devoluto l’intero ricavato della vendita dei suoi libri alla nostra causa, così come avevano fatto Gianluca Morozzi, Alessandro Berselli e altri colleghi.

Carmelo, che me l’ha segnalato a titolo privato, forse si arrabbierà perché diffondo la notizia, ma penso che possa essere da esempio a chi in questi giorni vuole aiutare, ma non sa come fare. Grazie, amici, perché leggere non ha mai fatto così bene.

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Terremoto in Emilia: la testimonianza di Valeria

Dopo l’articolo pubblicato su Carmilla, qualche giorno fa, ho ricevuto questa toccante mail da parte di Valeria, una sanfeliciana che ora abita a Reggio Emilia. Ho pensato di pubblicarla come testimonianza di questo evento che ha stravolto le nostre vite.

Cara Barbara,
quando ho letto il tuo articolo mi sono commossa.
Anche io ero a San Felice quella notte, ero a passare il fine settimana dai miei genitori, con i miei bimbi di 5 e 3 anni. Immagina il mio stupore quando alle 4 di notte sento il letto che balla, balla tanto che io non riesco a scendere, mentre il boato del terremoto mi paralizza le gambe dal terrore. E il piccolo che mi chiama «Mamma! Mamma!Mammaaa!!» lui terrorizzato dal rumore di piatti che si spaccano, bottiglie che si frantumano, scarpiere che cadono. Finalmente riesco ad alzarmi e raduno i bimbi sul lettone al pianoterra, come una chioccia che li vuol proteggere con le sue ali. Vedo i miei genitori, ancora con gli occhi fuori dalle orbite, che cominciano a spazzare i vetri e raccogliere cocci. Subito al lavoro. Mai stare con le mani in mano. Poi piano piano si guarda fuori, timorosi. La cosa strana è vedere tutta la gente, lì fuori. Anziani in vestaglia con l’aria smarrita, bambini che giocano a pallone in mezzo alla strada. Cominciano a funzionare i cellulari, dopo 10 minuti dal terremoto la televisione già parlava di noi. «Non è possibile..» pensi. Intanto cominciano le voci
–la chiesa è crollata!- – la rocca anche!- – Finale non c’è più..- «Oddio non è possibile..» Allora subito pensi ma i nonni a mirandola..? Niente, il telefono è muto. Loro il cellulare non lo sanno usare. Un genitore parte alla ricerca dei nonni. La ditta? Mah, andiamo solo a fare un giro da fuori a vedere se è ancora su. Il lavoro di una vita..parto subito con la bici, porto con me il bimbo grande (!) e giriamo per il centro. «Mamma, perché queste case sono crollate..?» «è stato il terremoto tesoro»
«mamma e la nostra casa diventerà così?» «speriamo di no, tesoro».
E la cosa peggiore è che le scosse continuano, continuano. Essere lì e vedere che comunque i miei stavano bene, abbracciare mio nonno in lacrime, dare qualche parola di conforto ai vicini di casa.. non è spiegabile a parole.
Ma poi io sono tornata a Reggio, dove vivo.
Il giorno dopo la scossa ho pianto tutto il giorno, probabilmente i miei nervi avevano ceduto mentre ero là dovevo essere forte per tutti, soprattutto per i bimbi.
La gente che ti viene a chiedere se l’hai sentito.. se ti sei spaventata.. tutti a parlare della scossa, di quella del 70, di quello che hanno visto in tivù senza nemmeno sapere, senza nemmeno sospettare che stanno parlando dei miei, dei nostri posti.
Un figlio che non vuole più dormire al buio e con la porta chiusa, ma con la testa vicino alla porta aperta. L’altro che disegna solo case crollate per settimane. Forse ho fatto male a portarlo..? No è giusto che sappia quello che è successo nel mio paese, nel posto dove ho passato la mia infanzia e giovinezza e dove ogni angolo mi ricorda un pezzo di me.

E poi arriva il 29…la scossa si è sentita bene anche a 30 km da Reggio quindi immagina lo spavento di sapere quello che poteva essere capitato lì. Telefoni non vanno, il solito.
Riesco a mandare un sms a mio fratello, tutti bene ringraziandoiddio. Ma comincia il solito giro di valzer, la ditta di nuovo inagibile che sembrava esserlo, i nonni sfollati, i miei che picchettano la tenda in giardino. Come tutti, del resto. Tutti quelli fortunati che non ci hanno lasciato le penne. E anche qui, come dici tu, siparietti: mamme all’asilo spaventate perché « la mia anta dell’armadio faceva tac-tac»
E tornare a San Felice dopo due settimane è stato penoso. Camionette di tutti i colori. Elicotteri. Strade chiuse, strade transennate, posti blindati. Macchie di colori ovunque che quando l’occhio mette a fuoco capisci che sono tende, certo, tende ovunque, dappertutto. Il centro non è più quello, il posto non è più quello che conoscevi. Sembra di essere in guerra.
E gli amici..? «ciao, come va a te..?» «beh non ho più il lavoro e per adesso non ho più la casa.» «ah.» cosa puoi rispondere? L’altro dorme in camper. E quello che si è andato a comprare una brandina? A momenti si picchia col commesso perché gli ha chiesto se facevano sconti ai terremotati ma il commesso giù a ridere. Pensava fosse un pidocchioso con la scusa pronta. Ha pagato al suono di «ma che cazzo ridi?!?»
E poi, a distanza di tempo, il mancato ritorno alla normalità. Il lavoro manca o è cambiato, la casa non è praticabile. Che fare..? Beh, andiamo a bere una birra. Eh, no la baracchina è chiusa, è sotto la rocca. Già..e al pasteggio..? Si ma chi si fida di andare al chiuso? Comincia a mancare la routine. Quella noiosa routine che quando ce l’hai ti stritola ma che adesso pagheresti caro per riaverla. Anche solo stare 5 minuti a sparare cazzate con gli amici senza che quell’ombra nera ti venga sempre a disturbare.
La paura che arrivi una scossa.
Si parla tanto di aiuti, mi auguro vivamente si riesca a conciliare gli aiuti con i bisogni senza che ci metta lo zampino la burocrazia. Un prete dell’Aquila l’aveva detto a suo tempo per i suoi: prima i capannoni, poi le case, poi le chiese.
Se riparte il lavoro, riparte tutto.
Mi sono permessa di scrivere questo, rispondendo al tuo bellissimo articolo, per tutto quello che stanno passando le persone a cui voglio bene e che vi giuro è impossibile da capire se uno non l’ha provato. Impossibile.
E anche perché, se nei telegiornali la notizia comicerà a non fare più notizia, nessuno deve dimenticare.

Valeria

 

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